Nell’estate del 2008, Rhys Chatham è a Berna per una data con il suo Guitar Trio. Come già sperimentato altrove, si avvale della collaborazione di musicisti del luogo. Alla fine del concerto, impressionato dal lavoro del batterista e del bassista (rispettivamente, Julian Sartorius e Mago Flueck), chiede loro di suonare qualcosa insieme. Con la partecipazione del trombonista Beat Unternährer, un anno dopo Rhys e i suoi nuovi sodali lavorano al materiale destinato a confluire in questo “The Bern Project”, lavoro molto più vicino al formato rock rispetto al precedente, acclamato “A Crimson Grail”.
“The Bern Project” (prodotto da Reto Mäder, titolare della Hinterzimmer Records) è un disco solido, capace di regalare momenti davvero entusiasmanti, eppure, ascolto dopo ascolto, rivela una certa dose di manierismo che lascia un po’ l’amaro in bocca. Intendiamoci: Rhys non deve certo dimostrarci qualcosa, ma è lecito aspettarsi da lui sempre il meglio. Un brano come “War In Heaven”, per dire, non è nient’altro che una sorta di variazione sul suo famosissimo “Guitar Trio”: il trombone va in loop mentre lentamente prende piede un passo marziale, fino all’apoteosi in bilico tra free-jazz ed epica cinematografica, con il sostegno propulsivo della batteria a rendere dinamitardo l’impatto.
La discendenza è ancora più evidente in “Is There Life After Guitar Trio?”, dove la risposta non può che essere affermativa, soprattutto se siete tra quei fortunati che hanno avuto modo di vedere Rhys e i suoi accoliti su di un palco… In caso contrario, non ve lo perderete la prossima volta, magari sperando che Unternährer abbia ancora fiato per poter suonare in quel suo diabolico trombone!
Su tutt’altro versante, si situano, invece, le liquide texture chitarristiche di “A Rite of Samhain” (potreste rintracciare percorsi molti simili a quelli di Roy Montgomery), l’incedere sinistro e austero di “Scrying In Smoke” (tra brontolii sommessi di trombone, prospettive liquide e tensione meccanica in costante accumulo, fino a stemperarsi in un oceano di inquietudine dronica) e il divertissement impro, forse un tantino fuori luogo, di “Under The Petals Of The Rose”.
Alla fine, gli applausi del pubblico li condividiamo solo in parte.
22/02/2010