"Ma è proprio obbligatorio essere qualcuno?"
Ugo Tognazzi, "Amici Miei (Atto I)"
Il piccolo e sentito omaggio a Monicelli è perfetto per introdurre il terzo lavoro dei Sambassadeur, disco pop di sublime ordinarietà, caratterizzato da sonorità e melodie semplici e senza pretese. E, lo si dica subito, è proprio questo il prodigio di "European": aria pura e fresca per chi non reclama da ogni nuova opera rivoluzioni copernicane o non ha l'urgenza di scoprire ogni volta nuovi mondi o esplorare profondità siderali, non riuscendo ad accontentarsi della serena contemplazione del saggio. Un po' come fanno i personaggi placidamente adagiati sul ponte passeggeri della splendida copertina (opera della pittrice Kim Stensland), intenti a cullarsi al rollio della nave in una brezza velata di malinconia insieme alle grida dei gabbiani, seguendo l'onda dei ricordi e delle sensazioni del momento.
I Sambassadeur provengono da Gothenburg (il loro nome, invece, discende da una canzone di Serge Gainsbourg) e, grazie a un delizioso esordio condito di dolcezze autunnali e melodie vintage, e a un secondo album, "Migration", punteggiato da un'elettronica discreta, ma, nel complesso meno incisivo, si sono contraddistinti per le qualità melodiche delle loro canzoni e per la maestria negli arrangiamenti.
Niente di nuovo, insomma, sotto il sole scandinavo: un suono che lega la Svezia a doppio filo a certi uggiosi romanticismi scozzesi, una nonchalance assoluta nel declinare soluzioni armoniche già sentite, ma con sopraffina eleganza e misura.
Con "European", disco capace di regalare una sensazione quasi fisica del viaggio (con il suo inevitabile bagaglio di sensazioni di rimpianto e, al contempo, di speranza) i Sambassadeur tentano il colpo al bersaglio grosso, mirando ad allargare la propria audience al di là della nicchia degli appassionati del pop indipendente. Lo fanno con una scelta sonora più carica del solito: archi sintetici a profusione, ritmiche incalzanti come nella sala macchine del transatlantico in copertina, la voce di Anna Persson che si innalza come mai, gonfia del potente Aliseo. Decidono, per questa terza prova, di non colorare più le proprie offerte musicali esclusivamente con le tinte pastello che ne contraddistinguevano gli esordi, optando invece per colori vividi e forti, in una sorta di passaggio dalle brume nordiche alle spiagge assolate.
E, sempre che questo fosse l'intento della band svedese, il bersaglio è centrato in pieno: i brani di "European" sono impastati con puro pop al 100%, senza alcun suffisso o prefisso, e, senza abbandonare i riferimenti "alternativi", riescono al primo ascolto a fare breccia nel padiglione auditivo anche dell'ascoltatore più casuale.
Impossibile non citare l'apertura di "Stranded", con un maestoso giro di piano, cui succede impetuosa un'orchestra, in un pezzo che reca il marchio di fabbrica dell'indie-pop scozzese, il suo volteggiare abbandonato, la sua eleganza nel disegnare un percorso melodico con inspiegabile, illuminante sicurezza. A doppiare cotanto inizio provvede "Days", motivo squillante nel quale la Persson dirige con palpabile carisma una sorta di musical marittimo, punteggiato da giocosi spruzzi pianistici e da un corredo d'archi dispiegato a piena potenza. Le successive "I Can Try" e "Forward Is All" mantengono il ritmo elevato e la barra di navigazione dello "European" è sempre dritta a seguire la stella polare del Pop.
E, a ribadire che padri "nobili" o meno, il pop è sempre degno, purché si sappia scrivere una bella melodia, ci pensa, però, quasi a sorpresa, un brano più riflessivo: "Albatross", sorta di tributo malinconico agli ABBA, che scorre languido e vezzoso, riuscendo nel difficile compito di evitare l'eccesso zuccherino. Dopo il lenitivo intermezzo di "High And Low" e del bozzetto acustico che risponde al titolo di "Remote View", a riavviare a piena potenza le macchine del transatlantico "European" provvede, poi, "Sandy Dunes", brano costruito, pagando un doveroso tributo ai sixties, su una melodia immediata e diretta e su un wall of sound che riecheggiano il Brill Building e il grande Phil Spector. Il commiato è demandato alla sorprendente cover di "Small Parade", brano minore di Tobin Sprout (già membro dei Guided By Voices), brano più asciutto e essenziale rispetto a quelli che lo precedono, arrangiato con i toni dimessi e malinconici che si addicono perfettamente alla fine di un viaggio.
"European" si rivela, così, un lavoro riuscito e dalla straordinaria immediatezza pop che difficilmente rimarrà come pietra angolare del genere ma che ha la capacità di regalare, senza alcuna pretesa intellettualistica e in poco più di mezz'ora, una "innocente evasione" e un romantico viaggio nei mari del nord, divenuti, per l'occasione, molto simili a quelli tropicali.
27/12/2010