Jenn Ghetto, l'irriducibile. Mentre tutti i suoi ex-compagni dei Carissa's Weird (Mat Brooke, Ben Bridwell, Sera Cahoone) navigano, chi più chi meno, a vele spiegate sotto l'insegna della Sub Pop, ella si è imposta una segregazione anche musicale fatta di pubblicazioni estemporanee attraverso le etichette più improbabili. Una sorta di esilio forzato che ha comportato, finora, un'immobilità orgogliosa nella scelta del proprio immaginario sonoro (e non solo). Estremizzando e acutizzando il sottile dolore della band di partenza, nonché escludendogli ogni via di uscita, la Ghetto è giunta a questo terzo album senza lasciar intendere di poter in qualche modo "riconsiderare le proprie posizioni", abbandonando almeno in parte il minimalismo oltre che strumentale anche espressivo che da sempre (anche da prima di questo progetto solista) la contraddistingue.
Questo "Im Not As Good At It As You" lascia invece intravedere qualche spiraglio, in particolare nell'iniziale "Wait" che comprende l'accompagnamento all'ukulele (solamente arpeggiato, non si tema) dello stesso Mat Brooke e di un'altra ex-Carissa, Sarah Standard, al violino. Va detto che si tratta sostanzialmente dell'unica occasione di rilievo in cui si può apprezzare un tentativo di cercare altre soluzioni, che vadano al di là del dialogo incessante tra chitarre, dal suono qui tagliente e penetrante come le scarne storie di Jenn.
Storie di "ordinaria" disperazione ("Another stupid story/ Breakfast in the bathroom/ I can't do this one more day", da "Not A Problem"), in cui avventurarsi a discernere con troppa ostinazione i momenti da approfondire può rivelarsi pericoloso, dato che la scrittura della Ghetto è sicuramente sincera ma anche, per usare un eufemismo, essenziale.
La cosa che invece va annotata in senso assolutamente positivo è il senso di maggior apertura che traspare in primo luogo dal diverso metodo di registrazione, qui più pulito: una boccata di aria fresca se si confronta il suono di questo disco con quello soffocante delle precedenti prove. Forse si perde l'atmosfera da "dolore da cameretta", recuperando però con gli interessi in termini di vitalità, alla ricerca, finalmente, di una sorta di dialogo con l'ascoltatore. Primi vagiti di speranza si rincorrono così nel disco, dalla già citata "Wait" alla progressione quasi deflagrante (per gli standard della Nostra, s'intende) di "Through It All".
Gli arpeggi della Ghetto sono spesso nervosi, scalpitanti: incalzano ("R.I.P. Calgon") e, in alcuni casi, trascinano ("Save You"). Altre volte si abbandona a cupi ricami e addensarsi di nubi, come nella coinvolgente invettiva di "This Is Love" e nel pensoso, evocativo silenzio di "The Message", che poi si infrange in un doloroso, sferzante risveglio.
Resta comunque il rischio di incorrere in una certa monotonia di fondo (data più che altro dall'instancabile riproposizione degli stessi temi), comunque non sempre verificata nello sviluppo delle canzoni, che mantengono un percorso ragionevolemente variegato nonostante l'esiguità dei mezzi. E' questo il vero plus di "I'm Not As Good At It As You", al quale va "perdonato" anche il sottotitolo "The Agony" appiccicato all'outro: un pezzo convincente, fra l'altro, estatico e impalpabile tanto da assomigliare ad alcune delle ultime uscite di Justin Vernon.
Jenn Ghetto pare, insomma, voler uscire dal guscio e questo disco lo testimonia; chissà che in futuro non si possa assistere a qualcosa di veramente "fatto e finito"...
14/04/2010