Corin Tucker Band

1,000 Years

2010 (Kill Rock Stars)
alt-rock

È proprio vero: a volte ritornano. È una vita in cui si è dato troppo alla musica, quella delle Sleater-Kinney, per riuscire a distaccarsene del tutto, ad accontentarsi dei pur fastosi ricordi. Corin Tucker ha guidato per dodici anni una band che ha sempre tenuto la testa alta e retto l'urto delle major e delle attenzioni giornalistiche, anche e soprattutto mentre intorno un intero movimento di protesta come quello delle riot grrls si squagliava come neve al sole.
Eppure pareva fosse lei al centro dello scioglimento di quel trio alchemico che, da quando non c'è più, pare aver lasciato un vuoto incolmabile, là dove il rock'n roll, se pure esiste ed è mai esistito, emette la forza intellettuale di chi non ama nascondersi. Questo è "1,000 Years", nonostante Corin si schermisca definendolo il disco di una "mamma di mezz'età". Ma da quando le Sleater-Kinney sono state delle ragazzine sconsiderate?

Tutto è netto e solidamente scolpito in "1,000 Years", in una possente carnalità picassiana di chitarre lasciate allo stato brado, di un drumming preciso e squillante, come quello di Janet Weiss, non a caso sostituita da Sara Lund, altra batterista muscolare, dagli Unwound. È un disco permeato di una ruspante vena vedderiana (personaggio peraltro citato nei credits del disco e amico di vecchia data), soprattutto nelle assolate passeggiate nel Selvaggio di "It's Always Summer" e "Dragon".

"1,000 Years" non avrà forse la potenza sonora distruttiva di "The Woods" (richiamato qui, in particolare, in "Doubt"), ma è forse l'ampiezza di registro affrontata dalla Tucker che impressiona. Senza nulla togliere alle riconosciute doti di estensione della Nostra, è l'assenza del controcanto sornione, maliardo di Carrie Brownstein a "costringere" Corin a spingersi su territori diversi, disintegrando progressivamente le accuse di essere un'urlatrice sguinzagliata. È probabilmente di questo che parla la Tucker quando tratta della sua maturazione: della estensione della gamma emotiva delle sue interpretazioni, peraltro non circoscritta a un semplice ampliamento di registro. Dai languidi mormorii harveyani di "Handed Love" al gorgheggio pieno e melodioso di "Thrift Store Coat", c'è poco ormai da aggiungere al bagaglio della Tucker.
Sullo stesso binario viaggiano poi naturali concessioni a un'espressività meno "primitiva": archi (nelle già citate "It's Always Summer" e "Dragon"), ballate al pianoforte come la finale "Miles Away" (esperimento da affinare?), e così via tra gli intermezzi ritmici del fauvismo à la "One Beat" di "Half A World Away".

"1,000 Years" resta, in ogni caso, orgogliosamente demodè nei suoi chitarroni nineties. È un disco che sa in effetti catapultare in uno spazio raccolto, pieno del calore di un'inesauribile passione, come quello stesso locale di Olympia, popolato di volti familiari, dove si esibivano Corin e Carrie agli inizi di due decenni fa.
Un ritorno atteso e più che soddisfacente, ma speriamo che sia solo il preludio a qualcosa di più grande.

05/11/2010

Tracklist

1. 1,000 Years
2. Half A World Away
3. It's Aways Summer
4. Handed Love
5. Doubt
6. Dragon
7. Riley
8. Pulling Pieces
9. Thrift Store Coats
10. Big Goodbye
11. Miles Away

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