Stilisticamente più centrato ma anche più dispersivo rispetto al precedente “The Airing Of Grievances”, il nuovo disco dei Titus Andronicus è un'esuberante celebrazione di uno spaccato della storia americana (trattasi, infatti, di un vero e proprio concept-album sulle avventure/disavventure di un tizio durante la Guerra Civile).
La band guidata dal passionale Patrick Stickels, sempre più verbosa e arrabbiata, spiattella anthem carichi di quella energia vibrante e di quel piglio epico che accomuna, in un colpo solo, Replacements e Bruce Springsteen (“A More Perfect Union”), riallacciandosi alla solennità degli indimenticabili Del-Lords (“No Future Part Three: Escape From No Future”) e facendo incursione, durante il pow-wow articolato di “A Pot In Which To Piss”, anche in pieno territorio Tom Petty, tra specchi corali, piano honky-tonk e apoteosi mutilate.
In fase di produzione, i miglioramenti sono evidenti e le strutture, sempre più tortuose, mostrano una band alla ricerca di un sound multisfaccettato. Tuttavia, lasciarsi prendere la mano non sempre offre dei vantaggi nell’immediato. E’ un punk che ha digerito la grande tradizione del rock più vibrante e romantico di scuola americana, risultando, al contempo, sia irriverente che maledettamente esistenziale.
Ecco, quindi, che l’impasto “orchestrale” di “Four Score And Seven”, pur se pervaso da una frustrazione intensa, tende naturalmente e “coralmente” verso una risoluzione “tempestosa” e marziale, verso una catarsi ricolma di delirante esaltazione (così come avviene nel gran finale della lunga “The Battle Of Hampton Roads”). I Pogues, altro nome spesso associato alla band, fanno, invece, capolino nel rogue-folk di “Theme From “Cheers”, la cui vitalità viene mitigata dalla desolata ballata a due voci di “To Old Friends and New”.
Un disco sicuramente sentito e pregno di pathos, ma non ancora del tutto capace di dare ragione del talento (?) di Mr. Stickels.
04/03/2010