Una volta, Zbigniew Karkowski (uno dei tanti discepoli di Iannis Xenakis) disse che Li Jianhong è, senza ombra di dubbio, il miglior musicista noise cinese. Affermazione condivisibile, anche se io estenderei il raggio d'azione, perché un disco come "三生石[San Sheng Shi]" rappresenta una delle cose più affascinanti e visionarie dell'ultimo decennio. Ritrovare Li alle prese con materiale completamente acustico è, perciò, una sorpresa.
"Environment Improvisation", box di 3 Cd edito dalla CFI, raccoglie meditazioni solitarie del chitarrista di Hangzhou, nella provincia di Zhejiang. Improvvisazioni che nascono dalla volontà di sperimentare un continuo andirivieni di sensazioni che scaturiscono dall'immersione totale dell'uomo-artista tra i labirinti della natura. Ecco, dunque, che "Twelve Moods", il primo disco registrato durante la piovosa notte del 15 Febbraio del 2009 nel tempio di Faxi Zen proprio in quel di Hangzhou, inizia proprio con "***Rain", nel bel mezzo di una pioggia incessante, mentre Li perlustra il manico della sua chitarra cercando un sentiero tra gli accordi e l'essenza sonora "nascosta" della natura che lo circonda. La ricerca di sonorità e di sfumature copre un raggio d'azione vastissimo e, allora, inutile stare lì a cercare di separare la melodia dagli arpeggi convulsi o dalle frantumazioni Bailey-iane, perché è proprio nella loro assoluta contaminazione che risiede il cuore di questa ricerca personalissima, lontana da qualsiasi tentazione commerciale.
Seduto di fronte allo spettacolo dell'accadere inesausto del tempo, Li prosegue senza sosta, circondato da cinguettii di uccelli, fruscii, rintocchi infinitesimali e barlumi di divinità semi-nascoste. D'altra parte, l'"environment improvisation" implica proprio la possibilità di poter improvvisare con qualsiasi cosa, con tutto lo spettro possibile delle "condizioni" quotidiane, in uno stato prossimo alla "perfezione". Un asceta dell'improvvisazione, insomma, che cerca di catturare il momento, così come un pittore cattura l'essenza di un paesaggio mediante l'attimo di una pennellata.
"Empty Mountain" (le cui registrazioni risalgono al dicembre del 2008 e al maggio del 2009) parte da un'immersione ancora più profonda: pochi accenni di chitarra e completo abbandono alla stasi apparente della natura ("Wind Blows In The Sunset"). In tutto questo secondo disco, i field-recording diventano meno appariscenti, lasciando emergere il suono della chitarra che, in qualche caso, tende all'introversione spinta ("Mud Under The Feet Of An Old Man"). Non siamo sui livelli qualitativi delle sue escursioni rumoriste e, certamente, questo lavoro sarà apprezzato solo dagli appassionati dell'artista cinese e di un certo modo di intendere l'improvvisazione, eppure "Environment Improvisation" sa regalare emozioni delicate e finanche magnetiche.
"Here It Is" (registrazioni risalenti al 2009 e al 2010) vede, infine, anche l'intrusione di voci umane ("A Morning At Qing Liang Peak"), accenti di musica indiana ("A Broken Lake"), sprazzi di cantato ("An Early Autumn Evening At Kinggo"), e programmi televisivi ("Improvising With TV - "Chen Zhen", "Improvising With TV, 2"). Si tratta, insomma, di un disco dall'umore più "metropolitano", perfetto per chiudere il cerchio, riannodando i fili sotterranei tra gli spazi naturali e i labirinti della modernità.
22/12/2011