Ogni band importante ha quasi il diritto di avere una raccolta che ne rappresenti in modo quantomeno accettabile il percorso artistico. I Manic Street Preachers, invece, non avevano ancora goduto di questo benefit, poiché l'unica compilation pubblicata prima di questa "National Treasures", ovvero "Forever Delayed" del 2002, conteneva canzoni che insistevano troppo sul lato più pop del gruppo, senza mostrare assolutamente le diverse sfaccettature stilistiche del repertorio dei Manics e la marcata evoluzione che non è mai mancata nei passaggi tra un disco e quello successivo. Inoltre, per far stare tutte le venti canzoni scelte in un unico cd, erano stati effettuati dei tagli piuttosto fastidiosi, in qualche caso ai limiti dell'inaccettabilità. Ora, per fortuna, la lacuna è stata colmata e "National Treasures", con i suoi due cd e trentotto brani messi in ordine rigorosamente cronologico, avrebbe senz'altro potuto fare meglio dal punto di vista della rappresentatività della storia del gruppo, ma svolge il compito in modo abbastanza esauriente.
Certo, si potrebbe dire che è facile illustrare al meglio il percorso di una band utilizzando un numero di canzoni così ampio, ma in certi casi allargarsi è l'unica via per far sì che una raccolta abbia una propria utilità. Tra l'altro, come si diceva, manca ancora qualcosa perché tutta quest'abbondanza sia la miglior sintesi possibile della carriera dei Manics. La scelta dei brani, infatti, è stata fatta esclusivamente prendendo quelli pubblicati come singolo e, si sa, così facendo si lascia sempre fuori qualcosa di importante. Visto l'ordine con cui i brani sono stati assemblati per dare vita alla raccolta, sembra corretto dividerli per album di appartenenza. Partiamo, quindi, evidenziando che l'esuberanza ribelle del debutto "Generation Terrorists" è ben esplicitata dai numerosi singoli tratti da quel disco, i quali sintetizzano perfettamente l'equilibrio tra sfrontatezza ed attitudine melodica che rende così interessante l'album in questione. L'Lp seguente, "Gold Against The Soul" è una sorta di raccordo tra "Generation Terrorists" ed il successivo "The Holy Bible" con in mezzo un'anima pop, ma le canzoni scelte evidenziano la suddetta anima ed il collegamento con il passato ma non quello con il futuro, per mostrare il quale sarebbe stato utile inserire una "Yourself" o anche la title track. "The Holy Bible", dal canto suo, trabocca di rabbia, frustrazione e depressione ed anche qui le sole tre canzoni presenti danno giusto un'idea dell'intensità emotiva propria del disco, ma non la esprimono pienamente. Inutile elencare le canzoni con la cui aggiunta sarebbe stato svolto al meglio questo compito, perché sono quasi tutte quelle escluse. "Everything Must Go" è il primo disco dei Manics in cui l'impronta pop è quella prevalente, e questa caratteristica è qui ben sintetizzata dai brani pubblicati come singolo.
Al di là dell'importante chiave di lettura sotto cui finora è stata esaminata la raccolta, non si può tralasciare la bellezza intrinseca delle canzoni e l'effetto provocato dall'ascolto di tanti brani di tale qualità uno in fila all'altro. Sotto questo aspetto, il cd 1 della raccolta, quello che si concentra sui primi quattro album, è splendido: non c'è una singola canzone meno che meravigliosa ed è impossibile decidere quale possa essere migliore rispetto alle altre. Un livellamento verso l'alto quasi unico, che rende questi diciannove brani tutti insieme un vero e proprio balsamo per l'anima. Il cd 2, ovviamente, non può competere in questo senso, però svolge meglio la funzione di rappresentare le tappe che prende in considerazione. Sono, infatti, evidenti dall'ascolto dei brani presenti sia i toni morbidi e la bontà del senso melodico complessivo di "This Is My Truth Tell Me Yours", che la varietà stilistica affetta da una certa discontinuità qualitativa di "Know Your Enemy" ("Let Robeson Sing" è indubbiamente la peggior canzone inclusa nella raccolta), che la vitalità del pop puro che caratterizza "Lifeblood", disco ben sintetizzato nonostante sia quello con il minor numero di brani presenti, solo due. Per quanto riguarda "Send Away The Tigers" e "Postcards From A Young Man", è ovviamente subito percepibile la loro attitudine radio friendly, ma dall'ascolto delle canzoni selezionate si coglie che, se a questi due dischi manca spessore sulla lunga distanza, i singoli hanno un loro perché se presi a piccole dosi. Purtroppo non c'è traccia di "Journal For Plague Lovers", poiché da esso non era stato estratto alcun singolo: manca, quindi, la memoria di quanto fosse riuscito il lavoro di recupero degli ultimi testi lasciati da Richey Edwards per un album che è l'unico degli ultimi tre che meriti davvero di essere ascoltato.
Anche nel cd 2, comunque, il livello qualitativo medio è più che soddisfacente ed in definitiva questa fotografia panoramica del repertorio dei Manic Street Preachers appare, nel complesso, riuscita, perché sono più i momenti in cui è fedele rispetto a quelli in cui non lo è e soprattutto perché è strapiena di ottimi momenti musicali in senso stretto. Attualmente si stanno rincorrendo diverse voci sul futuro della band, tra chi crede alle dichiarazioni secondo cui ci sarà una pausa di tre anni prima del ritorno e chi invece è convinto che esse nascondano la volontà di sciogliersi. In ogni caso di tesori tra le canzoni dei Manics ce ne sono eccome e questa compilation è un buon modo per scoprirne la maggior parte.
14/11/2011