“Primitivo” è il disco più criptico del duo Grandi-Gusmerini, resoconto sonoro di “una storia crudele, ridicola, cinica e disperata, raccontata nella lingua che usa Mongoholi Nasi per parlare ai cani selvatici”. E, così, parte “Relazione rudimentale” e ci si perde un universo sghembo/scheletrico, puro primitivismo avant- nel ricordo degli Starfuckers (si ascoltino, tra gli altri, “Ansimando sulla rampa” e “La luna tra i rami”) ma già da tempo “altrove”, in territori personalissimi e, nel caso specifico, oltre il dada-noise dell’ottimo “Cercando Niente”, alla ricerca di una forma canzone singhiozzante, estremamente aliena, “danneggiata” dal contatto con una realtà sempre più marcia e incomprensibile.
La non-lingua usata da Gusmerini, allora, assume una valenza tutt’altro che secondaria, perché è simbolo immediato di un dis-ordine che si è ormai impadronito della realtà, riverberandosi anche sull’anima. Purissima dissociazione sonica. Metafora di un vuoto che sviluppa metastasi anche tra le pieghe dell’immaginazione. “Attento all’uomo” sarà, quindi, pura costipazione di synth, pulsioni digitali e sbuffi metallici, qualcosa di veramente “ostile” e dis-umano, a tratti simile a certe avventurose pratiche avant-jazz che, durante gli anni Settanta, cercavano lo scontro creativo con l’elettronica. E, ancora, “Punti per disgrazie”, ovvero un’ameba disorientata; “Il vincitore monta”, una sordida ipnosi clownesca; “Non mi fai male” un Frank Zappa idiot-remix; “Molla l’osso”, “Sopravvissuto” e “Istinto primario”, intrugli devastati per onde corte, voci robo-dementi, guizzi di computer music, ruvidi tappeti rumoristi, in un’atmosfera complessiva di gelido distacco e paranoia senza fine.
Non era certo facile mantenersi sui livelli del disco precedente, eppure "Primitivo" è ancora una volta un’opera vitalissima, mai banale, confermando il valore di una delle poche realtà musicali veramente interessanti del panorama italiano. E, proprio per questo, misconosciuta e sottovalutata.
16/05/2011