“Face A” parte sommessa, ma gli basta poco per accendere la miccia e lanciarsi in un frullatore di brutalità e raziocinio. Alle tipiche, abuliche dissertazioni del post-rock, alle sfuriate grind-noise che si materializzano come rigurgiti Naked City, alle architetture matematiche che, ancora, divampano nel bel mezzo di torridi putiferi rumoristi, la band associa inestricabili, discordanti frenesie in cui il caos, più che essere dominato, viene fatto detonare con micce sempre più corte. Il livello di guardia è altissimo, anche quando la musica si prende qualche attimo di respiro, ritirandosi nell’ombra giusto il tempo di rifiatare prima di continuare a dimenarsi come una bestia feroce in una gabbia fin troppo piccola per placare la sua smisurata voglia di libertà.
Questo prodigioso quintetto, che sfodera una chitarra e un basso, rispettivamente a 7 e 5 corde, tocca il picco creativo nei venti minuti della seconda facciata, quando al piatto vengono aggiunte modulazioni orientaleggianti, pestaggi postcore come se piovesse, schiamazzi screamo in acido, un titanico detour batteristico scortato da mesmerici armonici in reiterazione Slint-iana, laconiche meditazioni noir partorite da climax Converge, gorghi di purissimo terrore sludge e corse a perdifiato verso il fondo nerissimo dell’anima.
Un'autentica rivelazione!
(04/12/2012)