Il duo inglese ci aveva iniziato a un culto nato da una profonda e oscura ricerca sonora. Un percorso in tre movimenti che aveva dato luce a una cinematografia segreta, sperduta in un oblio temporale. Primitivi ritmi etnici trasformano lenti tragitti dark-ambient in ancestrali danze psicotiche, in un collegamento fisico, caldo epidermico, con le osse marcenti dei nostri archetipi.
Se “Tryptich” aveva saputo scrivere un tragitto ciclico di meditazione e introversione verso una memoria nascosta e in decadenza, i quattro Ep che compongono “Elemental”, ovverosia: “Cheysanthe”, “Violetta”, “Iris” e “Rose” (alcune composizioni sono in versione però alternativa), fondono uno studio concentrato su un organismo lisergico conforme e complesso, che spurga la realtà circostante delle sue sovrastrutture, sincretizzando un teatro dei simboli ridotto alle pure, bianche, ossa.
Il dub intramuscolare, scavato dentro i solchi della musica del duo manchesteriano è una trasformazione post-nucleare del ritmo naturale della vita: disegni sonori di una notte illuminata dal calore infernale e sotterraneo del magma, e sorretta dalle cantilene aborigene dell’era dei sogni. È così eretta una costruzione misterica, naturale, rivestita di terra, pelle e ruggine su cui primi simboli sacri, talismani e meccanismi rotti vengono aggiunti a sigillo.
Il suono degli inglesi è una minimalistica scenografia dai toni grumosi e sottili: “New Use For Old Circuits”, “Mephisto’s Lament”, insieme alla versione alternativa di “Kommunion”, sintetizzano questo mondo distorto e in crescita cellulare tra assordanti silenzi luminosi, tamburi industriali dai rigurgiti sintetici, gorgoglianti circuiti tra ingranaggi di vecchie macchine a pressione.
È un mondo nuovo, morente e già quasi sepolto da macerie che cerca di sopravvivere tra collage fluidi di passato/presente (“Metamorphosis”, “Violetta”) in direzione di una nuova vita, o meglio, significazione. La matrice che avvolge questa provetta di esistenza si muove da rumori organici a spasmi skull techno (“Ishmael’s Intent” e “We Have Already Died”), verso un livello di somiglianza con quanto fatto anche da Shackleton, senza tralasciare una parvenza d’affinità con Cut Hands.
Un’essenzialità che racchiude in sé una forza primigenia e caotica, un’orgia creativa già evidente in “Erosion Of Mediocrity” (un liturgico orgasmo di tamburi Taiko) e nell’orchestra concreta/magnetica di “Falling Of The Edge”, che contengono in sé i semi disturbanti della nuova realtà in costruzione attorno a noi.
“Elemental” è un mondo a sé. Un’installazione sonora mutevole in più direzioni, da saper interpretare non solo emotivamente, ma nei suoi angoli più simbolici e archetipici. Riesce a incidere su materiale organico e ritmico una visione oscura di rara profondità e complessità senza ricorrere a sovra-stratificazioni inutili o lirismi concettuali, ma rivelando la carne pulsante sotto la pelle.
25/12/2012