Non dovevano che decidersi, Trevor Horn - tra i numi tutelari dell'infinito suono anni 80, quello che non si spegne mai - e Lol Creme, prima discepolo poi guida delle sorti del pop britannico, quindi mondiale (10cc e potete estrarre di nascosto i fazzolettini, nessuno dovrebbe fare una piega). Con loro, Steve Lipson, sei corde sparsa ovunque negli ultimi trentacinque anni, e Ash Soan, fu Del Amitri e poi turnista dietro le pelli. Basta far scivolare la mano dietro quel cassetto che subito si viene investiti dai ricordi: un turbine di voci, di sonorità nitide, limpide, cristalline, trascinanti, una vera e propria stairway to heaven disseminata di tracce, di mappe, una caccia al tesoro avvincente, priva d'intoppi e mai avara di sorprese. Potere dell'artigianato che confina con il genio, arte che ti fa vivere esperienze di seconda mano come se fossero state realizzate oggi. Dieci brani che profumano di pop a cento carati, di virtuosismo come arricchimento della composizione, di equilibrio stabile anche se si fosse sospesi sopra un sottile filo a un chilometro dal suolo.
E corri, quasi voli, senza alcun timore, leggero ed entusiasta lungo una "Freeway" velocissima, scatenato, con la brezza che benedice lo stupore, mentre un attimo prima te ne stavi fermo a fissare il cielo, a respirare seguendo gli impulsi di un synth, vecchio caro amico, meditabondo e preparatorio, e ora sei schiavo di un ritmo frenetico. Si avverte tra le righe il mai domo spirito Yes: nelle accelerazioni di "Your Life", che squarciano una tela votata al quieto scambio voce-chitarra, con doverosi omaggi a Gilmour, nei saliscendi poderosi e vertiginosi di "Every Single Night In Jamaica", nel coinvolgimento epico, ma mica cafone, di "Watching You Out There", nel break trionfale di "Garden Of Flowers", nell'orchestrazione delle voci di "You & I".
Un'atmosfera che rimane gaia, positiva, anche quando si avventura nella ballata pre-aperitivo di "Man On The Moon" (con ulteriori ringraziamenti ai Floyd da stadio), o quando ricorda i celebri passi di danza acustica di un Cat Stevens che si rimira allo specchio mentre ascolta un album dei Beatles ("Stay Elaine" e "Burking Up The Right Tree", così, in successione, colpo da kappaò). Non una nota fuori posto. Di ciuffi ne son rimasti pochi, ma quanta grazia, quanta maestria. Il capolavoro mancato del 1985 - meglio così, ce n'erano troppi all'epoca: è giusto che la macchina del tempo e dei destini si sia ribellata e ce l'abbia spedito in piena estate 2012. Suono dolce suono, sei tornato, almeno per un po'.
(06/08/2012)