Ignorate le origini e le evidenti influenze, dimenticate coloro che hanno già scavato nella loro anima in cerca di ispirazione. La musica dei Sycamore Age è in cerca di spiriti liberi da corrompere.
Stefano Santoni e Francesco Chimenti (figlio di Andrea Chimenti) sono in possesso della pietra filosofale che permette a pochi artisti di rileggere emozioni antiche rivestendole di nuove emozioni e metafore; un tabulato poetico dove le parole e i suoni hanno senso e corpo.
Le creazioni del duo sono delle istantanee in bianco e nero con infinite sfumature di grigio; in realtà la band dal vivo si dilata in un gruppo di sette elementi che man mano hanno incrociato il progetto in fase di registrazione. Davide Andreoni, Giovanni Ferretti, Samuel Angus McGehee, Nicola Mondani e Franco Pratesi aggiungono contrasti e suggestioni in piena libertà, grazie a una scrittura matura e solida che rende ogni brano di quest'album intenso.
Memori dei fasti del progressive "made in Italy", i Sycamore Age affondano le mani nel melmoso crogiuolo di idee e suoni del passato senza che resti traccia delle esuberanze del genere.
La musica del gruppo è anche folk nell'accezione più antica del termine: il rituale pagano di "At The Biggest Tree" gronda di sudore e polvere, e "Heavy Branches" incastra splendide armonie indolenti e malinconiche in una delle più belle cornici pop ascoltate in questo 2012.
L'abilità nello svolgere ogni piccola trama sonora rende l'album dei Sycamore Age un continuo diletto, le geometrie classiche di "Romance" scivolano verso la musica da camera e il minimalismo più colto, e il brioso incrocio di cultura mitteleuropea e musica balcanica di "Astonished Birds" incantano per ogni fraseggio e variazione armonica che sfrutta la magia del contrappunto per dare colore e vita ad ambiziose e complesse creature musicali.
"How To Hunt A Giant Butterfly" è un caleidoscopio di suoni progressive, heavy-metal, folk e kraut che assumono forme inedite, "Binding Moon" si serve del piano per introdurci in strazianti e drammatici cenacoli poetici dove Jean Cocteau gioca a poker con Jeff Buckley, Peter Hammill e Thom Yorke senza che nessuno ne esca vincitore.
Album privo di ruffianerie indie, l'esordio dei Sycamore Age non brama ascolti distratti e superficiali. L'angoscia futurista di "Dark And Pretty" e di "Dark And Pretty Part Two" è figlia del gothic post-rock e non accetta il fascino della contaminazione moderna; le asperità di "My Bifid Sirens" sono frutto di illusioni avant-garde e gettano un ponte tra i Van Der Graaf Generator e i Radiohead di "Kid A".
Resta ancora da scoprire cosa i Sycamore Age potranno estrarre da una possibile ubriacatura elettro-noise, anche se i primi frutti sparsi qua e là ("Happy!!!" e "Kelly!!!") fanno ben sperare. La giostra di suoni barocchi, progressive farcite di flussi elettroacustici in bilico tra folk e canzone d'autore gira vorticosamente.
Come in un caleidoscopio, la musica dei Sycamore Age usa timbri e colori osservandoli da un punto di vista inedito e offre nuove prospettive d'ascolto abili nel suggestionare più di una sensibilità.
29/03/2012