Il lasso di tempo che intercorre tra “Long Distance” e “Tastyville”, gli ultimi due albi del trio emiliano dei Three Second Kiss, è interrotto dal disco del chitarrista Sergio Carlini a nome Jowjo. “Out of The Window Into The House”, il primo e rilevante parto di questo progetto (sicuramente superiore agli ultimi decorsi della band madre) contiene mute meditazioni strumentali per chitarra acustica e docile elettronica, e - in alternativa - silente accompagnamento di archi e banjo. Il suo spettro stilistico condivide le rade pitture a stelle e strisce di Ry Cooder, il minimalismo dissonante e il post-rock (anche attraverso duetti chitarra-violino alla Dirty Three).
“Tastyville” è invece un affare loffio e noioso. I musicisti sembrano suonare a vuoto, o complicare volutamente le strutture per il gusto di saturare il suono.
La band quasi dimentica il math-noise in numeri come “Caterpillar Tracks Haircut”, sia nella piatta improvvisazione centrale quanto soprattutto nella coda a mo’ di serenata, in favore di elementi di distensione (l’organo neoclassico iniziale) e affossando il canto, anche meno influente di prima.
Incolori armonie vocali sono però in evidenza in “The Sky Is Mine”, per contrasto una delle loro creazioni più dinamiche, insieme con “A Catastrophe Outside”, con un’andatura da cantautore intellettuale e acrobazie rock’n’roll finali. Molto meno convincenti sono lo sgraziato tempo ballad di “Don’t Dirty My Heart”, il quasi prog con cori sospirati “baion” di “Cut the Nerve”, gli Slint di terza mano di “Moode Red”.
Disco con pochi passi avanti - mezze eresie attaccate con la saliva - soprattutto soffocati dalla ricerca calligrafica del post-rock perfetto, dalle geometrie impossibili senza sbocchi. Nato vecchio.
14/02/2013