Ci sono voluti aiuti e soccorsi dei più disparati per far levitare questo nuovo disco di Dallas Green (City And Colour) nell’aereo limbo del cantautorato mainstrindie, quella zona grigia che sta tra il bazzicare le web session in abiti gualciti e mettere il nome sui titoli di coda ogni serie Tv che si rispetti – ma, alla fine, il risultato paga.
Produzione di Alex Newport (Mars Volta, Death Cab For Cutie); musicisti da “album del botto”: Jack Lawrence (Raconteurs, The Dead Weather), Bo Koster (My Morning Jacket), Matt Chamberlain (Pearl Jam, Fiona Apple) , James Gadson (Bill Withers, BB King) e Spencer Cullum (Caitlin Rose).
Green gioca sempre un po’ col patetico, con la mitologia dei luoghi (“The Golden State”), alla stregua di un Ben Gibbard patinato e dalla ballatona country facile. Però bisogna ammettere che il carico emotivo profuso in “The Hurry And The Harm” è assai più tollerabile che in passato, grazie a un sound più ricercato, in cui i ritornelli straziacuore e adolescenziali del cantautore canadese rimangono un po’ più trattenuti, in un’atmosfera da “orchestra country” al completo (Hammond, slide) che dà un generale senso di spazio, e sostiene in qualche modo la pretesa di epicità delle canzoni del disco (“Ladies And Gentleman”, “Death’s Song”).
Certo, gli amanti del cantautorato più vicino all’emo (quello di Rocky Votolato, qui a volte evocato, ad esempio in “Paradise”) rimarranno comunque inorriditi da tale degradazione radiofonica.
Ma “The Hurry And The Harm” va comunque preso come un disco di pop senza troppe pretese, e in questo non tradisce le attese, con qualche bel ritornello (il country di “Harder Than A Stone”). Difficile volergli male.
07/06/2013