Hanno voluto trasfigurarla così, l’urgenza che li spinge a fare musica, la stessa che li ha indotti a regalare ancora una volta un disco, sempre scaricabile gratuitamente dal loro sito ufficiale, thirdworlds.net (la Third Worlds è la loro etichetta personale). Insomma, se non puoi scendere a patti con le case discografiche, allora gioca con le loro stesse armi, ma puntandogliele alla testa.
Lo avevano fatto già col disco precedente, quello-con-il-cazzo-eretto in copertina… E poco importa se quello era un disco tutt’altro che memorabile, anzi! Del resto, a questi livelli, sembra ormai contare più il gesto ribelle che la musica vera e propria. Tuttavia, con questa nuova release i Nostri si rimettono in carreggiata con un disco più equilibrato, che continua ad esplorare le possibilità sperimentali di un hip-hop quanto mai schizofrenico, anche se lontano dalle asperità di lavori come “Exmilitary” e “The Money Store”.
Un disco che procede, quindi, verso lande meno misteriose e impervie, tanto che anche lo stesso Mc Ride si limita, spesso e volentieri, quasi a ripetere ossessivamente le stesse sillabazioni, le stesse successioni di versi ostili e “negativi”. Nel frattempo, le parti strumentali (se ne occupano Zach Hill e Flatlander) si caricano di uno spessore a tratti quasi “materico”, procedendo tra dinamiche sature che rimescolano beat techno e disorientamenti più o meno rabbiosi (è il caso di “Anne Bonny” o “Feels Like A Wheel”) e percorsi più minimalisti, a tratti quasi subliminali (“Two Heavens”, l’aliena “Birds”). I pezzi non brillano come dovrebbero, ma l’atmosfera è carica delle vibrazioni giuste e si ha la netta sensazione che la strada (ri-)trovata sia (di nuovo) quella più adeguata per il compimento della missione.
Lo confermano, anche se a sprazzi, le variazioni drum’n’bass, in salsa schizedelica (con tanto di laser e paillette robotiche) che attraversano “This Is Violence Now (Don't Get Me Wrong)”, il surrealismo clubbistico di “Big House”, l’anarchico incedere della title track e il trionfo coloratissimo, ma comunque incupito da digressioni ipnotiche, di “Whatever I Want (Fuck Who's Watching)”. Insomma, un disco incompiuto e altalenante, ma “vivo”.
(11/12/2013)