In questo "The Snow Bunker Tapes" vengono pubblicati i demo acustici inviati tre anni fa a Miro Snejdr, affinché li trascrivesse per il suo pianoforte. Le registrazioni del musicista slovacco diedero poi vita a “Peaceful Snow”, il più recente disco in studio a nome Death In June.
Si tratta di brani estremamente minimali, la cui narrazione è affidata sostanzialmente alla profonda voce di Douglas P. e alla sua chitarra: pochissimi infatti gli elementi aggiunti in sede di registrazione (sporadici samples e alcune percussioni).
Il risultato ricorda "The Rule Of Thirds", l'album inciso nel 2008, un’opera molto introspettiva che estremizzava l'efficace semplicità del neo-folk malinconico dei primi anni novanta ("But, What Ends When The Symobols Shatter?", "Rose Clouds Of Holocaust").
Si tratta di brani estremamente minimali, la cui narrazione è affidata sostanzialmente alla profonda voce di Douglas P. e alla sua chitarra: pochissimi infatti gli elementi aggiunti in sede di registrazione (sporadici samples e alcune percussioni).
Il risultato ricorda "The Rule Of Thirds", l'album inciso nel 2008, un’opera molto introspettiva che estremizzava l'efficace semplicità del neo-folk malinconico dei primi anni novanta ("But, What Ends When The Symobols Shatter?", "Rose Clouds Of Holocaust").
Qui il sound del progetto è ancora più scarno, spoglio: seppur registrate in studio, le tracce hanno un feeling decisamente live e affiora, intatta, l'abilità nel songwriting di Douglas Pierce.
Se nel disco del 2011 il solo dialogo tra voce e piano riusciva a delineare affascinanti e suggestivi paesaggi dell'anima, questo nuovo lavoro non è certo da meno, e ribadisce il principio per cui una struttura ridotta all'osso non è necessariamente sinonimo di scarso spessore.
Laddove però in "Peaceful Snow" dominava un’atmosfera poetica, armoniosamente distesa, qui la chitarra ripropone invece un certo feeling folk-battagliero. Questi però non sono i canti di un giovane guerriero, bensì di un reduce, ritiratosi in disparte da quel mondo occidentale di cui ha sempre cantato, con le parole di un amante tradito, la decadenza.
Se nel disco del 2011 il solo dialogo tra voce e piano riusciva a delineare affascinanti e suggestivi paesaggi dell'anima, questo nuovo lavoro non è certo da meno, e ribadisce il principio per cui una struttura ridotta all'osso non è necessariamente sinonimo di scarso spessore.
Laddove però in "Peaceful Snow" dominava un’atmosfera poetica, armoniosamente distesa, qui la chitarra ripropone invece un certo feeling folk-battagliero. Questi però non sono i canti di un giovane guerriero, bensì di un reduce, ritiratosi in disparte da quel mondo occidentale di cui ha sempre cantato, con le parole di un amante tradito, la decadenza.
“The Snow Bunker Tapes” potrebbe essere frettolosamente liquidato come l'ennesimo esempio dello sfruttamento del marchio Death In June (e in effetti si è ormai perso il conto delle innumerevoli alternative version, ristampe etc.); se però si guarda oltre le apparenze, la creatura di Douglas P. emerge intatta nella sua personalità ed essenza.
I completisti se lo saranno già accaparrato da tempo, rifugga invece chi non ha apprezzato gli ultimi lavori di questo artista; gli diano, infine, una chance gli amanti del (neo)folk intimista e di qualità.
I completisti se lo saranno già accaparrato da tempo, rifugga invece chi non ha apprezzato gli ultimi lavori di questo artista; gli diano, infine, una chance gli amanti del (neo)folk intimista e di qualità.
(13/05/2013)