Tutti dentro, nel calderone. Tutti in fila, sul viale dei perdenti. To Lose La Track accarezza nonpiùgiovani ragazzini che hanno ancora voglia di fare la musica che suonavano quando stavano alle superiori e prendevano in mano gli strumenti per la prima volta. E' divertente. Rifletti sul fatto che, ormai, i trentenni li san suonare eccome gli strumenti, ma di voglia di volgere, di fare il passo manco per idea.
Intendiamoci: voluto o non voluto, scelta consapevole o meno siamo di fronte allo specchio della nostra Italia, attuale e stanca, persa nei meandri di una non-ricerca e di una riproposizione continua del già passato, del trito e ritrito.
Gazebo Penguins, terzo appuntamento con la storia. La triade di Correggio esce a due anni di distanza da "Legna", facendoci masticare del pane secco inzuppato nell'emo-core tiepido in cui si tuffano pure gli ex coscritti d'etichetta, i Fine Before You Came. Suvvia, in "Legna" i contorni bruciati dei cocci e le grida furiose di Capra e Sollo (chitarra e basso) davano tono e grinta alla questione, infilandosi in quel discorso che già avevano intrapreso i Ministri de "I soldi sono finiti" qualche tempo prima.
Ma qui, nei territori dei raudi - i botti senza artifizio che noialtri ragazzini facevamo esplodere nei tombini, cassette delle lettere, davanti alle porte, nelle porte, tra le gambe della ragazza di turno, per festeggiare la sposa, per sposare una festa - ecco in quei territori, intravediamo solo la piatta, nebbiosa pianura reggiana. Pochi spunti, liriche immobili, una musicalità inserita nel filone di cui sopra.
Chitarre ferme alla fine dei 90 e/o l'inizio dei 2000, una voce monotimbrica che gongola come un bambino che impara a lagnarsi perché non ha quello che vorrebbe - cioè quello che non vuole ma vorrebbe comunque avere - e frigna ("Domani è gennaio"). Momenti all'insù li troviamo, "Difetto" ad esempio, emo-core missato tra la Milano dei De Crew e gli Stati Uniti di Washington D.C., gli stacchi alla At The Drive In della stessa "Domani è gennaio" o le abrasioni di "Ogni scelta è in perdita"; ma si tratta di piccoli frangenti, attimi furtivi che allietano un disco pesante e ripetitivo.
L'apoteosi della stanchezza la si raggiunge con "Correggio", dove si "mescolano" parole come "Quando rubavamo i frontalini delle auto ed in particolare delle Mercedes/ Quando prendevamo a calci i lampioni alla bocciofila/ per farli fulminare/ Quando abbiam smontato il dosso nella via del K2 per rimontarlo/ due giorni dopo/ Quando 15 anni fa avevamo 15 anni in meno che bella età/ i 15 anni/ Quando 15 anni fa avevamo 15 anni in meno che bella età di merda/ i 15 anni/ E non riavremo più questi quindici anni dopo i 15 anni", in cui ammetto di aver quantomeno ipotizzato un titolo che fosse, come dire, vicino alla parola "quando".
E non mi si venga a spiegare che queste liriche sono riproposizione di qualcosa o qualcuno, del malessere o del benessere, di chi siamo o chi siamo stati noi "giovani": qui dentro c'è proprio ben poco, qui dentro c'è proprio un bel pezzo d'Italia.
17/05/2013