Bryce Dessner è per tutti il chitarrista dei National, nonché il fratello di Aaron, deus ex machina, almeno sotto l'aspetto compositivo, della band. Chiunque non abbia approfondito la sua biografia oltre il ruolo nel gruppo non avrebbe probabilmente mai supposto, per il Nostro, una carriera da compositore, portata avanti in parallelo a partire dal 2006. Un percorso dalla natura prettamente accademica ma in grado di attingere, sebbene in maniera indiretta, anche ai frutti di quanto sperimentato nelle recenti deflagrazioni del quintetto, incastonate in maniera per lo meno degna d'interesse in strutture classiche per lo più devote al minimalismo.
A far luce per la prima volta su questo oscuro lato del chitarrista è il beneamato Kronos Quartet, che ha deciso di firmare con il suo brand dal prestigio inestimabile la prima pubblicazione effettiva di sue composizioni, fino ad oggi eseguite solo ed esclusivamente in performance. “Aheym” raccoglie infatti tutti e tre i frutti della collaborazione fra il quartetto e Dessner, che era stato raggiunto quattro anni fa da David Harrington in persona con la specifica richiesta di un brano per un'esibizione al “Celebrate Brooklyn!”, più un nuovo parto rimasto inedito fino ad oggi. La collaborazione sarebbe da allora poi proseguita partorendo quanto oggi raccolto in questo breve ma indicativo diario di bordo, pubblicato su larga scala da un'etichetta legata a tutt'altri universi sonori come la ANTI-.
La composizione che dà il titolo al disco è proprio quella che per prima ha dato il via all'asse fra Dessner e il Quartet: dieci minuti tondi tondi, un minimalismo cinematografico fatto di epos a suon di rintocchi vibranti, saliscendi e botta e risposta. Seguendo l'ordine cronologico di gestazione dei lavori, si arriva a “Tenebre”, brano commissionato in occasione del festival del Barbican Centre sull'influenza di Steve Reich: si tratta senza dubbio del più riuscito del lotto, un quarto d'ora di che parte con l'intento di condurre dall'oscurità di misteriosi svolazzi alla luce dei campioni vocali angelici a firma Sufjan Stevens, passando per un mondo di fiabe e visioni che abbandona il minimalismo per inchinarsi a un'atonalità sacrale.
“Little Blue Something” è invece l'ultimo frutto in ordine di tempo, scritto da Dessner autonomamente e donato al Kronos Quartet per scelta spontanea: il sottobosco stavolta è quello tradizionale e in particolare al folk ceco di Irena e Vojtech Havel, coniugato a un clima in partenza sinistro e poi di nuovo intento in una corsa verso lidi epici. “Tour Eiffel” è invece l'unico inedito in scaletta e conclude aprendo una nuova possibile strada a una collaborazione ancor breve quanto proficua e meritevole: quella corale, con la prestazione maiuscola del Brooklyn Youth Chorus in grado di avvicinare l'universo di Dessner all'indimenticato sodalizo tra Bill Douglas e le Ars Nova Singers. Quel già sentito che piace sempre.
03/01/2014