Arrivo tardi per questa recensione di "Major Arcana" degli Speedy Ortiz, americani di Northampton, MA. In ritardo non perché non conoscessi quelli guidati dalla Sadie Dupuis, educatrice di campo estivo che già aveva intrapreso la strada nel 2011 e decretava la morte quantomeno fisica del progetto con "The Death Of Speedy Ortiz", Lp autoprodotto e manifesto artistico individualista della Dupuis, da subito con moniker Speedy Ortiz.
Mi presento con evidenti distanze temporali dal mese d'uscita (luglio 2013) perché non sono ad ora riuscito a farmi un'idea precisa di cosa questi indie-rocker vogliano passare con il loro debutto etichettato Carpark Records; la dissonanza degli arpeggi di chitarra di "Pioneer Spine", di "Hitch" e comunque dell'intero lavoro del quartetto post-universitario rappresenta lo specchio di luce fioca in cui il riflesso è celato, una distorsione sonora che complica la focalizzazione del quando e del come delle situazioni, in un lavoro che entusiasma in certi passaggi e sotterra in altri.
Le influenze più vere sono di certo legate al cavallo dell'alternative rock 80-90, quella sequenza di Fugazi ("Plough"), Pavement ("Casper (1995)"), Sonic Youth ("MKVI"). Una grande fetta la prende anche il grunge de Nirvana di "Bleach" ("Gary", "Cash Cab"), l'alt-rock à-la Incubus di "Fungus Amongus" ("Fun") e la fuzzy-pazzia dei dimenticati Metric ("Tiger Tank", "No Below"), sottolineando d'altronde le scritte a pennabiro della bionda compagna di Cobain, che lasciano un segno indelebile nelle melodie e nel timbro vocale della Dupuis.
Il punto è che "Major Arcana" è un disco che apre alla tendenza di ciò che accadrà tra qualche tempo, la rivalutazione delle chitarre novanta e la cupidigia della seconda età dell'ero, tra qualche sbadiglio di troppo e qualche "pera" in meno.
30/10/2013