Si fanno chiamare Cyborgs 0 e Cyborgs 1, vengono dal futuro e suonano blues, electro-boogie per meglio inquadrare la loro definizione. La storia di questo duo romano, composto da chitarra e batteria, comincia nel 2011 quando pubblicano l'omonimo album d'esordio, ben criticato ma pubblicamente poco riconosciuto; un Lp, "The Cyborgs", carico di freschezza sebbene proponesse un blues ancestrale, immerso nella stagnanti paludi americane della Lousiana e dell'Alabama.
Con il sophomore "Electric Chair", nuovamente prodotto dall'etichetta torinese INRI (Linea 77 tra le prime linee), i Cyborgs compiono un passo indietro a livello di inventiva, nonostante l'album sia certamente ben registrato e missato. Il microfono che da voce a Cyborg 1 è ancora inserito all'interno della maschera da saldatore che copre le facce dei due bluesmen, ma risulta essere in linea con la pulizia della registrazione, quindi meno grezzo e più "raffinato".
Il fuzzy-boogie-blues non tarda a emergere con scariche elettriche come "Hi Ha Doobie Do Ha", "Electric Chair" e "Claustrophobic", mix di boogie e sudore da lavoro nei campi. Da tralasciare certamente le due uscite extra-session, "Gag Time" e la cover di "My Sharona" dei Knack, mal riuscita riproposizione di una canzone tanto trascinante quanto difficile da coprire di innovativo, qualsiasi sia la salsa con la quale si provi a condirla.
Molto più gradevoli e interessanti le iniziative di tribal-blues di "Last War" (miglior traccia del disco) e la precedente "I Know You Know", ottimo mix tra passato e futuro, con i tanto attesi lamenti solistici di chitarra, poco presenti fin lì nel percorso globale d'ascolto.
"Electric Chair" è un album che nasce da una band che ringhia, trascinando molto più sulla scena live che su formato fisico; sommata questa questione alla prova del secondo Lp, ci rimane comunque nelle orecchie una voce che suggerisce di aspettare ancora e credere in questo fuzzy-blues dalle tinte futuristiche.
22/06/2013