Nel giorno del suo compleanno, Cristina Donà presenta al mondo l’ottavo album di studio, ultimo nato in una discografia che, fin dai gloriosi anni Novanta, è sempre rimasta incline alla ricerca (e alla traduzione in musica e parole) di certi luoghi del cuore e dell’anima. Un’impresa tutt’altro che facile, che spesso e volentieri implica l’affidarsi totalmente al proprio istinto per riuscire ad “ascoltare”, sulle tracce di un’urgenza espressiva che traghetta altrove, mille miglia dalle logiche commerciali e mercantili delle major, o di quel che resta di loro. Anche per questo, forse, l’Incantautrice è nuovamente sotto l’egida di una label indipendente, come al tempo dei suoi esordi. Liberata di un peso/zavorra di entità multinazionale (la nuova Emi/Universal), Cristina è tornata così a poter curare il giardino segreto delle sue canzoni, pronte a sbocciare senza fretta o pressioni. Stringere tra le mani l’eco di un ricordo, anche solo per un attimo, entrare in contatto con l’ineffabile, con l’invisibile presente e riportarne un frammento, un granello: a casa, nella stanza, dalle corde della chitarra a quelle della voce, sotto forma di canzone.
“Così vicini” è questo e molto altro: la necessità di ritrovare un’intimità perduta, il desiderio di esplorare quello che siamo e ricondurlo appunto in superficie, come fosse una conversazione con qualcuno, un amico, un compagno, un figlio, un paesaggio. In modo da capire, crescere, e magari anche saper affrontare con armi più affilate certi demoni interiori. Il dialogo su disco avviene a voce bassa oppure media, lasciando da parte i registri più rock del cantato: sì, ci sono almeno un paio di brani dall’andatura più mossa e vivace (“Il senso delle cose” e “Siamo vivi”), ma il fulcro sembra respirare altrove, sulle pieghe e tra i rami maestosi di “Perpendicolare” oppure nei corridoi, nei cortili della memoria evocati dalla canzone che dà il titolo al nuovo lavoro, un piccolo gioiello in bilico tra folk, pop e canzone d’autore.
Dieci canzoni che colpiscono, ma che necessiteranno di ripetuti ascolti per farsi apprezzare completamente: intrecci di chitarre acustiche ed elettriche, pianoforti, canti e controcanti, archi e fiati, una sezione ritmica mai sopra le righe, ad accompagnare (così come gli arrangiamenti) le parti vocali e la narrazione senza tuttavia sovrastarla. Per questo, onore al merito anche a Saverio Lanza, co-autore delle musiche, produttore artistico e arrangiatore. Più che in passato, pare di essere al cospetto di un “concept album” in forma di romanzo intimista, i cui capitoli vivono intrecciati e accomunati da un filo rosso di seta.
E alla fine del viaggio, ironia della sorte, si ha un’ultima percezione: quella di non essere mai “arrivati” davvero: al contrario, la sensazione è di dover ripartire, perché “così vicini” significa ancora altra strada da fare, nuove scoperte di cui meravigliarsi, galleggiando tra le onde leggere di un equilibrio che Cristina Donà pare aver raggiunto. Inquieta artisticamente, mai sazia o appagata, prosegue il suo cammino.
25/09/2014