La mente inarrestabile di Matthew Milia partorisce, a un anno e mezzo da “Eternity Of Dimming”, un altro cumulo di parole in musica, “Sitcom Afterlife”. Dal punto di vista sonoro, si tratta di uno dei loro dischi più particolari, con casuali duetti tra tastiera e tromba (“Down In The Morning We Thought We’d Never Lose”) e arrembanti power-pop (la West Coast Thrills-iana di “Bathroom Stall Hypnosis” e “The Splendid World”) – tracce tra le più tirate e compatte mai concepite dal gruppo.
Niente del caratteristico armamentario della band (la verbosa maniacalità di Milia, la post-adolescenzialità feticista) va così perduto, ma si arricchisce di una nuova sfumatura, non a caso pescata dallo scatolone impolverato degli anni 90: il guitar-pop.
Western e vecchie console arrivano così a convivere nella strumentale “Counterfeits”, riempiendo anche questo “Sitcom Afterlife” di un pantheon di oggetti e di riferimenti personali – la band cerca però qui di puntare, appunto, su arrangiamenti più tirati, come nei Teenage Fanclub di “Sad Modernity”, cercando di risultare meno involuta e autoreferenziale rispetto al passato.
È infatti il rischio più grande, per i Frontier Ruckus, quello di seppellire l’ascoltatore sotto il peso del fiume di parole del suo leader Milia, qui forse più misurato del solito, almeno nei testi. A suonare involuta e autoreferenziale è soprattutto la scrittura musicale, però: i pezzi sono a volte stancanti e capziosi (“A&W Orange And Brown”), altre una ripetizione di cliché di quanto già espresso dalla band (“Crabapples In The Century’s Storm”).
“Sitcom Afterlife” riesce così a fornire un ulteriore tassello a chi segue da sempre la band del Michigan, ma in generale suona un po’ come un’appendice non richiesta.
11/11/2014