Tuttavia, una mossa è avvenuta ugualmente, e "The London Sessions" è sicuramente un passo avanti per una diva giunta all'undicesima pubblicazione di una carriera certo blasonata ma recentemente un po' in calo. La formula confessionale, cruda e dolorosamente "stonata" rimane intatta: Mary non ha mai attraversato la vita con grazia, anche all'apice del successo, le sue vicende private erano dominate da uomini violenti, droga, alcol e profonda depressione. Oggi, sobria da quasi due anni e finalmente accasata in una relazione stabile, ha trovato le parole per guardare al proprio passato, e lo fa senza lacrimevole tristezza né eccessivi drammatismi di sorta, anzi a momenti tirando quasi un sospiro di sollievo e chiedendosi come abbia fatto a sopravvivere a certe situazioni – finalmente lo può dire: "No More Drama".
L'interpretazione è quanto di più nudo e vulnerabile Mary abbia commesso su disco da anni a questa parte; le crude parole di "Whole Damn Year" e la disarmante semplicità di "When You're Gone", il doo-wop di "Therapy" e i marcati cori di "Doubt", oppure due splendide ballate come "Not Loving You" e "Worth My Time" sono indicatori del suo nuovo spaccato di vita, e tradiscono una forza interiore finalmente vincente ma ancora dolorante e con diverse cicatrici da rimarginare. La nuova deriva electro-dance di "Right Now", "Loving You" e "Nobody But You" aumenta i bpm e porta nuova linfa alla vecchia formula r'n'b, ma l'atmosfera rimane intima e personale come se la mano dei fratelli Lawrence accarezzasse il synth con fare quasi intimorito dalla presenza di una simile vocalist.
Certo, "The London Sessions" presenta qualche passaggio meno incisivo come "Long Hard Look" e "Follow", oppure il bizzarro sample di clarinetto di "Pick Me Up", e manca di un singolo incisivo per rilanciarsi in grande stile come ai tempi di "Family Affairs" – nonostante la critica entusiasta, le vendite al momento non sono certo delle migliori. Ma tutto sommato sono peccati veniali: dopo anni di lavori passati sottotono, "The London Sessions" mostra una Mary J. Blige adulta e caparbia, forte come non mai della ritrovata sobrietà e capace di scommettere sul proprio futuro azzardando una mossa diversa dal solito. Ma soprattutto, queste sessioni ci regalano un pugnetto di brani molto emozionanti che potrebbero anche misurarsi con la sua dorata produzione anni 90. Bentornata Mary.
(04/12/2014)