Non è però sempre detto che hype e numeri vadano a braccetto con la bontà generale della proposta. Intendiamoci: Sam Smith ha una gran voce, anzi una voce magnifica, che viene messa immediatamente in risalto sin dalle prime note di “Lay Me Down”. Sam Smith è camaleontico e capace di adattare le proprie potenzialità vocali alle singole situazioni del disco, vestendo i panni del soulman in “Stay With Me” e galleggiando soavemente fra archi, tastiere e dettagli elettronici in “Good Thing”. L’idea che sta dietro all’intero lavoro è proprio quella di spingere in primo piano unicamente Sam Smith come cantante, minimizzando le parti strumentali e regalando davvero poche sorprese da questo punto di vista.
Le ballate si sprecano, siano esse costruite al piano (“Leave Your Lover”) o alla chitarra (“Not In That Way”), impreziosite qua e là da parti orchestrali che svolgono principalmente il compito di chiudere degnamente i vari brani. Il primo sussulto si ha solo al settimo brano in scaletta, “Like I Can”, mentre “Life Support” si distingue per un approccio neo-soul molto più contemporaneo.
Nella deluxe edition, oltre alle già citate “La La La” e “Latch” (in versione acustica), trova spazio “Restart”, un brano sulla scia della disco dove Smith gioca a fare il Timberlake. Uno dei momenti decisamente più interessanti e che lascia intravedere il grosso potenziale pop del songwriter britannico, magari da sfruttare a partire dal secondo lavoro discografico, dopo un primo totalmente al servizio della voce.
Una piccola nota sui testi: “In The Lonely Hour” è un album impregnato di tristezza, la stessa che il proprio autore viveva durante la sua composizione. I problemi di cuore di Smith, l’amore non ricambiato, sono le colonne portanti della sua scrittura e non è detto che questo sia proprio un male per un artista che fa del “cantare con il cuore in mano” il proprio punto di forza.
(06/07/2014)