Justin Timberlake

The 20/20 Experience

2013 (Rca)
pop, r'n'b

È vero. Justin Timberlake è stato allevato in tv sin dalla tenera età per diventare una star. Lo si osserva ed è difficile pensare che il suo fine ultimo sia diverso dalla sete di divistica fama, poco importa che la vesta per ottenerla sia quella di cantante, attore, produttore, imprenditore o mattatore televisivo. Provare simpatia poi per quell’aria perfettina da primo della classe, il contorno di belle donne e mossette mutuate da Michael Jackson è ancora più arduo. È anche vero, però, che il suo ultimo album è nuovamente un lavoro riuscitissimo e tutt’altro che banale.
Che fare? È possibile fidarsi e prendere sul serio uno così? Lui ci invita addirittura a ritagliarci ben settanta minuti di relax, ad abbassare le luci e a goderci un drink con in sottofondo la sua nuova idea di soul bianco e futuristico a deliziarci. E ci si dimentica subito delle fredde infrastrutture hollywoodiane, ci si perde in atmosfere sensuali mai volgari e dozzinali, e si prova stupore nel ritrovare nuovamente al suo fianco un produttore come Timbaland che, scaduto definitivamente il suo ruolo di Re Mida delle classifiche, ha finalmente deciso di rendere più elegante e old-school il suo sound anziché andare in cerca disperatamente di quello all’ultimo grido.

L’esser stato lontano dalla musica e dalle top-ten per cinque anni a favore di una carriera cinematografica che ancora stenta a lasciare davvero il segno, avrà forse appannato il suo ruolo di popstar ma il lungimirante Justin Timberlake ci vede benissimo (come si evince dal titolo dell’album). Anziché puntare alla vendita facile o a competere con quel suo omonimo che incredibilmente gli ha scippato la leadership mediatica, si è messo in testa di dimostrare che per lui la musica è davvero qualcosa di più di un fruttuoso passatempo e che anche lui è in grado di dire qualcosa sull’ r’n’b che possa lasciare davvero il segno aldilà delle mode, come tanti colleghi stanno facendo ultimamente in ambito più indie, Frank Ocean in primis. Lo fa avventurandosi in un disco in cui i tempi medi la fanno da padrone, che preferisce ammaliare l’ascoltatore anziché farlo scatenare sulla pista da ballo, con pezzi articolati e lunghissimi che si trasformano via via, spogliandosi gradualmente della veste più classicheggiante per vestirne una più contemporanea ma che prende completamente le distanze dall’attuale urban-pop di alta classifica.

“The 20/20 Experience” esula dunque dalle comode trasfigurazioni r’n’b da destinare senza troppi manierismi ai milioni di adulatori pronti a lasciarsi sedurre al primo facile cambio di ritmo. A differenza del suo illustre predecessore, in esso traspare una nuova veste broadwayana. Ed è una maniacale cura dei dettagli, mai così splendenti, a suggerire una meticolosità produttiva a dir poco sopraffina. Un caleidoscopio di sinuose ripartizioni melodiche dense di venature soul contraddistingue quella che potremmo tranquillamente definire come la seconda grande opera r’n’b del decennio in corso, a seguire l’acclamatissimo “The Archandroid” dell’effervescente Janelle Monae. E basterebbe l’elegantissimo pathos sonoro palesato nella circolarità timbrica di “Strawberry Bubblegum” a eliminare qualsiasi dubbio a riguardo. La morbida "Pusher Lover Girl", invece, che apre “The 20/20 Experience” con sfoggio di limpido falsetto soul e archi alla Love Ulimited Orchestra, dell’album ne è praticamente il manifesto, col suo alternare, e fondere, omaggi ai padri della black-music, e voglia di spostare le coordinate delle strade sinora battute. Lo fa persino meglio dell’attuale singolo, quella “Suit & Tie” che non è ancora riuscita del tutto a ripetere l’exploit dei suoi precedenti successi, ma che rievoca comunque una stilosissima ambientazione lounge in grado di regalare una delle melodie più immediate del disco. Stesso dicasi per “That Girl”, l’unico brano che possa definirsi classicamente soul tout court, così come l’altro languido lento da preliminare, la notevole “Spaceship Coupe”.

Chi ha amato i suoi precedenti lavori potrà trovare rifugio nella trascinante “Tunnel Vision”, con una vibrante sezione d’archi a sostituire l’effluvio di synth che caratterizzava i suoi riempi pista e ripulita da ogni tentazione disco-tamarra e nella ballatona “Mirrors”, che riprende il pattern ritmico di “Cry Me A River” e “What Goes Around... Comes Around”, appesantendolo però con troppa enfasi, a proporre una melodia che paradossalmente, viste le ambizioni del brano, tradisce le origini da boy-band di Timberlake. Ben altro discorso merita “Don’t Hold The Wall”, in cui Timbaland ripropone la sua fascinazione per le atmosfere bhangra (mai sobrie come stavolta), e l’orientaleggiante progressione di “Let The Groove Get In”, attraverso la quale il buon Justin sorvola decenni di infiltrazioni esotiche con estrema disinvoltura e senza mai eccedere nella tamurra magrebina di turno. A chiudere la quadratura di un cerchio pressoché perfetto, è l’estatica sospensione di “Blue Ocean Floor”, con il ritmo posto su uno sfondo quasi hebdeniano (!), tra micro palpitazioni elettroniche e coda vagamente ipnotica a cullar mente e corpo in una dolcissima risacca sonora.

Con “The 20/20 Exprerience” Timberlake è balzato al di là del fiume. Un salto inaspettato e clamorosamente riuscito che lascerà a bocca asciutta chiunque abbia semplicemente voglia di ripercorrere le facilonerie mainstream di ”FutureSex/LoveSounds”, ma che riempirà il cuore di tutti coloro che cercano qualcosa di più dall’ormai “ex” ragazzino viziato di Memphis.

22/03/2013

Tracklist

  1. Pusher Love Girl
  2. Suit & Tie feat. Jay-Z
  3. Don’t Hold the Wall
  4. Strawberry Bubblegum
  5. Tunnel Vision
  6. Spaceship Coup
  7. That Girl
  8. Let the Groove Get In
  9. Mirrors
  10. Blue Ocean Floor


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