Pineapple Thief

Magnolia

2014 (Kscope)
pop-rock, indie-rock
6.5

Fa un effetto strano guardare oggi la discografia dei Pineapple Thief. Sembra altrettanto strano leggere sui comunicati stampa che "Magnolia" è il decimo disco della band, non fosse altro perché dei precedenti nove ci si ricorda fondamentalmente a fatica di tre, nessuno dei quali particolarmente esaltante. Sì, va detto che il quartetto guidato da Bruce Soord è (e, forse a maggior ragione alla luce di questo nuovo lavoro, resta) il grande mistero di casa Kscope: un'etichetta che ha saputo abbracciare fra le sue fila il meglio del cosidetto neo-prog, o per lo meno di quella branca inaugurata dal boss Steven Wilson e dai suoi Porcupine Tree, che sceglie di scommettere su una band che fa dell'ordinarietà il suo tratto somatico più evidente. Misteri.

Già, perché se c'è qualcosa per cui i Pineapple Thief si sono distinti nella seconda metà (quella "in vista", per così dire) della loro carriera, è proprio il loro essere una band da college prestata al prog, un gruppo che con qualche orpello in meno, qualche sincope in più e un paio di singoloni non avrebbe avuto difficoltà a spopolare per lo meno fra le chart statunitensi. E a passare magari come nuova meteora del rock di consumo - quello che oggi vive un periodo di incredibile magra, ma che nel decennio precedente era fra i fenomeni di punta del mainstream. Invece Soord e compagni hanno scelto la via "difficile" del(l'attitudine) prog e c'è poco da fare, piaccia o non piaccia, hanno sempre dato l'impressione di trovarsi a disagio, fuori luogo, nel posto sbagliato.

Il fatto che "Magnolia" venga annunciato come il disco in cui (finalmente!) la band decide di aprirsi a sonorità nuove e lontane da quel "All The Wars", con cui due anni fa avevano toccato il fondo, non può dunque che risultare la più incoraggiante e confortante delle presentazioni. E il disco effettivamente altro non è se non un'onesta dimostrazione di cosa i Pineapple Thief avrebbero potuto essere se avessero scelto, come hanno fatto i Muse prima di loro, di seguire, mediante una strada decisamente più facile e accessibile, la loro natura: un'ottima band per le classifiche, appunto, in grado di coniare un pop-rock impreziosito qua e là da venature heavy e da sussurri prog. Una band in grado di sfornare pezzi-killer come l'iniziale e roboante "Simple As That" o l'irresistibile meteora "Alone At Sea".

L'intero disco è uno scrigno di variegati esercizi pop, in grado quasi sempre di tenere anche quando i ritmi si abbassano pericolosamente (e ciò avviene spesso), come nel caso della pregevole title track, della malinconica "Season's Past", del corale di "A Loneliness" o della più barocca "Don't Tell Me". Paradossalmente, i lenti sono più numerosi dei pezzi sostenuti, individuabili nel buon mix di furia e grazia di "Breathe", nella tempesta focosa di "Sense Of Fear" (unico autentico e per altro riuscito comeback al passato) e nell'ottimo crescendo conclusivo di "Bond", senza mezzi termini la miglior cosa mai partorita dalla penna di Soord. E fa sorridere il fatto che, in una dimensione sonora finalmente adatta, quella che fino ad oggi avevamo conosciuto come la band neo-prog più naif del pianeta riesca addirittura a risultare elegante e a fare sfoggio di classe. Era ora.

05/10/2014

Tracklist

  1. Simple As That
  2. Alone At Sea
  3. Don't Tell Me
  4. Magnolia
  5. Season's Past
  6. Coming Home
  7. The One You Left To Die
  8. Breathe
  9. From Me
  10. Sense Of Fear
  11. A Loneliness
  12. Bond

The Pineapple Thief Feat. Gavin Harrison sul web