La produzione discografica della Budos Band assume sempre di più i connotati di un’eterna jam session, un flusso sonoro che mette in pista rhythm & blues, afrobeat, funk, latin soul, ethno jazz, musica etiope e psichedelia. In “I”, “II” e “III” la band americana si è tenuta saldamente in bilico tra sonorità vintage e originalità, con trascinanti progressioni strumentali che ne hanno fatto uno dei punti di forza del catalogo Daptone.
“Burnt Offering” apre le porte a nuove contaminazioni, rinunciando solo in parte alla numerazione romana ed esibendo una copertina in puro stile metal; uno sguardo più attento scorge una forma alquanto familiare nell’immagine di copertina, ed ecco che il vecchio col bastone e il fumo laterale incorniciano il numero IV, a suggello di una continuità stilistica.
Nonostante la robusta struttura sonora a nove elementi, la musica della Budos Band ha nella sua imprevedibile vulnerabilità, l’energià necessaria per modificare la traettoria senza alterarne la continuità, ed è così che il metal e il rock psichedelico prendono il sopravvento, aggiungendo King Crimson, Hawkwind, Iron Buttefly e Black Sabbath nel calderone vintage della loro musica. Ampliando lo spettro sonoro, “Burnt Offering” assume i contorni di una sinfonia rock leggermente infarcita di hauntology, con riff che hanno la stessa potenza dei classici (ad esempio “Into The Fog” e la title track).
Spesso i confini sonori sono variegati: si passa dalla psichedelia alla ”Nuggets” (l’evoluzione da trip di “Magus Mountain”) all’hard-rock (“The Sticks”) fino al doom-metal (“Aphasia”) con la sezione fiati sempre pronta a elevare il pathos, mentre una grintosa e possente struttura ritmica affidata al basso rispolvera la magia dei Parliament. In episodi come “Tomahawk”, la band mette in gioco tutta l’energia della sezione fiati, con splendidi assoli e un occhio più attento alle influenze afrobeat che hanno sempre caratterizzato la loro evoluzione, mentre la chitarra prende il sopravvento nell’elettrizante jam session di “Black Hills”.
Il quarto album della band americana è il loro più avventuroso e raffinato, un progetto che riesce a trovare un equilibrio sonoro quasi perfetto tra la sezione fiati e la ritmica, con un'attenzione alla dinamica rock psichedelica, un sound frutto di una registrazione live e di una produzione attenta al dettaglio (opera del chitarrista della band Thomas Brenneck) che esalta la fruibilità della loro musica.
Quello che infine stupisce è la forza trainante delle creazioni armoniche: i brani non solo catturano l’attenzione, ma dopo alcuni ascolti assumono le caratteristiche di piccoli classici la cui familiarità diventa sempre maggiore ad ogni ascolto. In un mare di musica piacevole ma immediatamente trascurabile, questa è una delle vittorie artistiche più rilevanti per dei musicisti contemporanei.
20/11/2014