Immaginate di aver ricevuto l'incarico di dare una definizione generale di progressive-rock. Se siete inesperti di musica anni 70, vi buttate a capofitto nell'ascolto di alcune band del periodo; passati nomi quali Genesis, Jethro Tull, King Crimson, Yes e Emerson Lake and Palmer, vi imbattete in un gruppo che manda in crisi i vostri tentativi di definizione grazie a una musica particolare, diversa dalle altre già ascoltate, per sonorità più grezze, decise, aggressive, ripetitive e in ogni caso più immediate e semplici. Il nome di questa band è Hawkwind, di certo uno dei migliori esempi di come sia praticamente impossibile fare una classificazione certa del rock e dei suoi generi, specialmente per un decennio estremamente produttivo e variegato come i Seventies. Nati per iniziativa di un chitarrista e hippie di Isleworth di nome Dave Brock nel fermento psichedelico della Londra di fine anni 60, gli Hawkwind sono una delle band più longeve della storia del rock, potendo vantare ad oggi dozzine di album fra studio e live, tantissime modifiche di stili e influenze, innumerevoli cambi di formazione e aggiunte di componenti. Sono considerati inoltre i re dello space rock, il sottogenere più variegato e probabilmente di maggior fortuna del prog, dotato in quegli anni di una grande rilevanza sopratutto grazie al fermento nato dalle prime esplorazioni spaziali e dallo sbarco sulla Luna del 1969.
Proprio in quell'anno Dave è, come molti altri astri nascenti del rock, un artista di strada. Trascorre le sue giornate bazzicando con la chitarra fra Notting Hill e dintorni. E' inoltre un grande appassionato di fantascienza, potendo contare su una vasta collezione di classici di Asimov, Bradbury e Tolkien e, come molti giovani del periodo, fa uso di Lsd. Nella capitale inglese incontra un giovanissimo bassista, John Harrison, al quale in breve si aggiunge un batterista diciasettenne, Teddy Ollis. Grazie all'unione dei roadies e solo poi sassofonista e tastierista Nik Turner e Dick Mik, vecchie conoscenze di Brock, nascono i Group X, embrione creativo di quelli che diventeranno Hawkwind Zoo e, nel novembre dello stesso anno, semplicemente Hawkwind.
In brevissimo tempo la band si fa notare suonando nei locali della zona e grazie all'intervento di Dick Taylor, già Pretty Things, registra l'anno dopo il primo album omonimo Hawkwind, prodotto per Liberty e United Artists. La prima traccia, "Hurry On A Sundown", definisce le linee guida dello stile che li renderà famosi, fatto di versi ripetuti molte volte e parti melodiche alternate ad altre decise e quasi ossessive; altre tracce testimoniano un forte influsso dei Pink Floyd: "Be Yourself" inizia con la stessa identica linea di batteria di "A Saucerful Of Secrets", prima di svilupparsi liberamente, e dimostra la direzione in cui si stava muovendo il lavoro artistico della band già al proprio esordio.
Nonostante queste premesse, l'album è un flop commerciale, ma gli Hawkwind trovano la vera consacrazione nella loro dimensione live. Accogliendo la filosofia di concerto dei Grateful Dead - suonare ovunque ci sia un gruppo di persone disposte ad ascoltarti e la maggior parte delle volte gratis o per cause benefiche - si guadagnano subito un gruppo di fan fedelissimi. Celeberrimo è il concerto tenutosi fuori dai cancelli del Festival di Wight, ove erano ospiti indesiderati: tre giorni di musica incredibilmente gratis che valsero alla band una grande notorietà.
E infatti il secondo album, In Search Of Space (1971) è un grande successo, che scala le classifiche britanniche di quell'anno, arrivando fra i primi 20. Lo stile Hawkwind è ora definito, grazie anche alla promozione di Dave Anderson (già Amon Duul) al basso e di Del Dettman al synth. Il genio creativo e anima del gruppo Dave Brock, grande ascoltatore dei Soft Machine, mette nel frullatore Pink Floyd, Grateful Dead e i più cupi Gong e vi unisce testi di ispirazione fantascientifica e chitarre grezze, fisse su semplici accordi ripetuti quasi allo sfinimento, creando un rock spaziale, ossessivo, ipnotico e lisergico, progressivo e allo stesso tempo anticipatore del punk di fine decennio. Il cosmic rock degli Hawkwind si pone quindi come alternativa a quello più melodico e sperimentale dei Floyd: basti confrontare In Search Of Space con "Meddle" dello stesso anno per capire come gli Hawks fossero molto più vicini al punk che alla psichedelia di Waters e compagni. E' una musica selvaggia e semplice quella che genera "You Shouldn't Do That", più di 10 minuti su soli 2 accordi, una batteria martellante, il sax di Turner e l'improvvisazione soprattutto della chitarra come alternativa alla monotonia del suono di fondo, decisamente lontana dai continui e ariosi cambi melodici della "Echoes" floydiana; su questa linea si inserisce anche "Master Of The Universe", uno dei loro classici, dominato dalla presenza del synth a riprodurre il rombo dei motori della nave spaziale Hawkwind, le cui avventure sono riportate nel libretto "The Hawkwind Log", contenuto nell'original packaging del Lp, fra incontri con civiltà aliene, filosofia hippie, occultismo: un vero oggetto di culto per appassionati di vinili.
Forte di un suono più aperto e sospeso, "You Know You're Only Dreaming" è il sottofondo perfetto col quale lasciarsi andare all'immaginazione; molto interessanti sono anche i due pezzi elettro-acustici, "We Took The Wrong Step To Go" e soprattutto la traccia di chiusura, "Children Of The Sun", che può ricordare neanche troppo vagamente sonorità e riff importati dai Black Sabbath: con la già citata "Master Of The Universe" è la canzone grazie alla quale il disco passa alla storia del rock.
Ma è ancora una volta nel formato live che il gruppo da il massimo. Il tour di In Search Of Space è un successo per diversi motivi, primo fra tutti le scenografie fantascientifiche, corredate da costumi eccentrici, giochi di luci e di bolle del Liquid Light Show ; in secondo luogo la durata, fino a 4 ore di canzoni trasformate in suite improvvisate prolungate allo sfinimento; il terzo motivo ha ben poco a che fare con la musica (o con l'Lsd) ed è Stacia, la ballerina ingaggiata dal gruppo per ballare a suo modo, semi o completamente nuda, sul palco, hippie, bellissima e orgogliosamente bisessuale.
A inizio 1972 Ian "Lemmy" Kilminster entra a far parte della band come bassista, accompagnato da Simon King, nuovo batterista. E' indubbiamente il momento migliore della storia degli Hawkwind: a febbraio dello stesso anno partecipano all'evento benefico per "Greasy Truckers" al The Roundhouse di Londra; immortalato in un rarissimo Lp e considerato uno dei più grandi concerti della storia dell'underground inglese, durò quasi ininterrottamente dalle 3 del pomeriggio a mezzanotte. Questo concerto fu anche una delle prime esibizioni live di "Silver Machine", nuovo singolo e grandissimo successo discografico (3° posto nelle Uk Chart), incredibile per la sua orecchiabile semplicità.
Nel novembre dello stesso anno gli Hawkwind pubblicano un nuovo album, Doremi Fasol Latido, secondo molti critici e fan il vero capolavoro di Brock e compagni. E' inoltre il loro primo concept, elaborato tramite l'aiuto del poeta di fantascienza sudafricano Robert Calvert, che collaborerà a lungo con la band. La storia racconta dei rituali da eseguire dal popolo degli Hawkwind per tornare in patria, a Thorasin, fra incontri con Venusiani, battaglie con re malvagi e attacchi misteriosi.
L'iniziale "Brainstorm" è una perfetta rivisitazione hard-rock con disturbi elettronici. Il suono è forse ancora più deciso, ripetitivo e martellante dell'album precedente, ma è più complesso e lascia spazio ad alcune novità. La bellissima "Space Is Deep" rappresenta uno dei manifesti della bravura della band, che dopo una parte acustica eterea iniziale si lascia andare a un assolo alle tastiere di rara bellezza. Lemmy fa intravedere le sue capacità in "Lord Of The Light", in uno dei suoi primi potenti giri di basso, e in "The Watcher", per la prima volta (e forse l'ultima) chitarra acustica e voce. Una chitarra acustica si libra anche nel vento iniziale di "Down Through The Night", in un ritmo sempre più oscuro e sospeso fra la voce di Brock e il synth, dando vita, in soli tre minuti, a uno dei momenti più notturni e spaziali della storia degli Hawkwind, il passaggio di consegne fra il "darkness"dei 60 e il "nightmare"dei 70. In un'altalena di emozioni viscerali, le sonorità eteree lasciano spazio alla claustrofobia di "Time We Left This World Today", un labirinto di 13 minuti di distorsioni, giri di basso maniacali e perfetti, dialoghi tra sax e synth per approdare a destinazioni sconosciute: un crescendo davvero impressionante.
Non è un caso, quindi, se l'album sale fino al n.14 delle classifiche inglesi. Poco dopo, esce un nuovo singolo, "Urban Guerilla", che causa alla band i primi problemi con le radio per i forti contenuti di rivolta urbana, in un periodo reso incandescente dagli attentati dell'Ira a Londra. Il trionfo di Doremi Fasol Latido, successivo a quello di "Camembert Electrique" dei Gong e precedente al capolavoro dei Pink Floyd, "The Dark Side Of The Moon", contribuirà in maniera fondamentale alla definizione di rock progressivo come corrente musicale dominante degli anni 70.
Nel frattempo i nuovi protagonisti dello space rock sono chiamati a una serie di fatiche "in concert" per tutto il mondo. Il leggendario tour "Space Ritual", che richiama il tema principale di Doremi Fasol Latido, diviene un cult nel corso degli anni ed è riportato in un doppio concept live, registrato fra Liverpool e Londra a fine 1972.
Space Ritual, secondo la maggior parte dei fan, è il miglior album degli Hawkwind, e uno dei live più significativi e mastodontici della storia del rock. Raggiungerà la posizione numero 9 nelle classifiche inglesi del 1973, miglior risultato di sempre della band di Brock. Rappresenta una selezione di brani ridotti complessivamente fino a un'ora e mezza e contiene in maggioranza brani dell'ultimo Lp più alcuni inediti, ma non figura nella tracklist il brano di maggior successo, "Silver Machine". Poco male, comunque: se sono bravissimi in studio, sul palco gli Hawkwind si trovano nella loro dimensione naturale e rendono come poche altre band, fra improvvisazioni e meravigliosi pezzi strumentali. Fra i punti più alti, "Born To Go" (con un ipnotico assolo di chitarra improvvisato di 5 minuti), "Down Through The Night" (una versione ancora migliore di quella in studio) e "Brainstorm" (una delle live track più potenti del prog). Interessantissime sono anche "Lord Of Light", vera e propria hit sempre richiesta nei live della band, e "Seven By Seven", uscita come b-side del singolo di "Silver Machine" qualche mese prima, dal suono più soffuso e sospeso, testimonianza di un primo cambio di direzione della band verso il prog più melodico.
L'album mostra anche come l'influenza sulla band di Calvert si faccia sempre più importante anche sul palco, con brani di poesia recitati con sottofondo musicale, come "The Awakening", "10 Seconds Of Forever" e, soprattutto, "Black Corridor", con la prima definizione di spazio interstellare made in Hawkwind.
Terminato il 1973, lasciano la band Dick Mik e Calvert, che si dedicherà per un periodo a progetti solisti con fugaci collaborazioni di Brock e compagni. Nonostante poco dopo lasci anche Dettman, gli Hawkwind si dimostrano un'altra volta un imprevedibile vulcano di idee. L'anno successivo, infatti, Simon House (High Tide) viene ingaggiato come tastierista e violinista e pochi mesi dopo viene pubblicato Hall Of The Mountain Grill, anch'esso proiettato nella Top 20 d'Inghilterra.
L'album risente fortemente dell'ingresso del nuovo componente e dei suoi strumenti prediletti, fra cui il violino: il tipico suono della band non si snatura eccessivamente, ma si lascia contaminare da influenze più tipiche del progressive classico, la chitarra è sempre ripetitiva e potente, ma lascia spazio anche ad aperture più "leggere" ed eleganti, la voce di Brock si fa più eterea e fluttuante, e la batteria alterna momenti martellanti a suoni più melodici. Esempio lampante di questo nuovo corso è la coppia iniziale "Psychedelic Warlords"-"Wind Of Change": nella prima, il synth e una chitarra, stavolta meno grezza, preludono a un nuovo saggio del tipico Hawks sound (sarà anche l'hit dell'album); la seconda, con l'ingresso per la prima volta dei cori, sommati a mellotron, violini e synth, è un crescendo meraviglioso e siderale che proietta Brock e compagni in una dimensione spaziale senza bisogno di ritmi ossessivi.
Il disco non cala di interesse: con "D-Rider" l'ascoltatore è proiettato da misteriose lande lunari a tunnel di enormi buchi neri, "Web Weaver" è un'alternanza fra pianoforte, chitarra acustica e synth impazzito, "You'd Better Believe It" è una rivisitazione meno cupa del suono di Doremi Fasol Latido, la title track è un capolavoro di House, impegnato con tutti i suoi strumenti. L'album termina con un brano prettamente hard-rock di Lemmy ("Lost Johnny") che riproporrà anche nei successivi concerti coi Motorhead, l'ultimo pezzo scritto da Dettman prima di abbandonare la band ("Goat Willow") e "Paradox", un vero e proprio riassunto delle influenze e dei suoni che si possono incontrare ascoltando il disco.
Hall Of The Mountain Grill è un successo commerciale ed è ad oggi considerato uno degli album progressivi più interessanti della prima metà degli anni 70.
Nel 1975, con Warrior On The Edge Of Time, gli Hawkwind proseguono su questa falsariga, raggiungendo i limiti più estremi della sperimentazione del rock progressivo britannico e dando ancora una grandissima dimostrazione di padronanza tecnica. "Assault On Battery" e "The Golden Void", infatti, fortemente influenzate dal consumo di droghe, sono due delle migliori canzoni di Brock e compagni, con la loro dimensione oscura e fantastica.
Nell'anno che vede la consacrazione del sintetizzatore grazie a un altro capolavoro floydiano, "Wish You Were Here", brani come "Assault" e "The Golden Void" possono essere considerate la "Shine On You Crazy Diamond" degli Hawkwind. Ma è con "The Demented Man" che i re dello space rock raggiungono il traguardo più alto della loro produzione: una ballata acustica malinconica ed eterea, con la voce di Brock inserita fra il rumore di gabbiani in lontananza e synth e mellotron ad accompagnare il sole che si addormenta sul mare di pianeti lontani.
In questo concept album, ispirato dalla figura dell'"Eternal Champion" dello scrittore di fantascienza Michael Moorcock, da segnalare sono anche "Spiral Galaxy", potentissimo viaggio spaziale fra synth e chitarra elettrica, e il finale "King Of Speed", orecchiabile mosaico hard-rock che sembra quasi la continuazione di "Silver Machine". La canzone alla quale si può associare il disco è però "Magnu", la sesta traccia: sette deliranti minuti di suoni lisergici e orientaleggianti con un finale alle soglie della cacofonia.
Anche questo lavoro si mantiene sui livelli di vendite dei precedenti, ma qualcosa lentamente inizia a incrinarsi nei rapporti fra i componenti della band. Durante il tour americano, Lemmy viene trovato in possesso di anfetamine e cocaina dalla polizia canadese (gli Hawkwind vantano quasi 70 di queste "incursioni" , anche sul palco). Il bassista viene trattenuto in carcere per un lungo periodo e il gruppo è costretto ad annullare quasi tutte le date rimanenti. La vicenda ha ancora oggi dei risvolti misteriosi, visto il grande numero di versioni sull'accaduto date dal gruppo e dal bassista stesso; il finale però è conosciuto a tutti e ha fatto la storia del rock: la band, ormai da tempo stanca del comportamento incontrollabile di Kilminster, lo rimpiazza con Paul Rudolph dei Pink Fairies; dalla stessa band Lemmy chiamerà Larry Wallis e fonderà i Motorhead (dal nome dell'ultima canzone da lui scritta per gli Hawkwind) con la quale si guadagnerà una enorme notorietà e diventerà uno dei personaggi più influenti degli anni 80 e 90.
Negli Hawkwind il cambiamento, forse troppo sottovalutato, mina i fragili equilibri; poco dopo Stacia lascia il mondo della musica e il gruppo passa alla Charisma Records.
Astouding Sounds, Amazing Music (1976), nonostante il discreto successo commerciale, tradisce le difficoltà di questo momento complesso: resta vivo il tipico sound del gruppo, ma la qualità scema drasticamente, lasciando ben poco da salvare. Nonostante ciò, il singolo "Back On The Streets" diventa un altro hit, grazie al suo appeal pop-rock, raggiungendo i quartieri alti delle classifiche inglesi.
Nello stesso anno, Turner e Rudolph vengono allontanati a causa dei difficili rapporti con gli altri membri del gruppo, ormai sempre più controllato dal duo Brock-Calvert, analogamente a ciò che successe ai Pink Floyd con la leadership di Waters e Gilmour; da quel momento in poi, il fondatore e il poeta della band divennero le uniche voci e firme dei dischi successivi.
Quark, Strangeness And Charm (1977) rappresenta l'ultimo disco di grande qualità del gruppo ed è un buon successo commerciale, soprattutto grazie alla prima traccia, "Spirit Of The Age", che dimostra un ottimo adattamento al nascente fenomeno punk pur senza rinnegare le radici progressive. Altro brano di notevole valore è la title track che, come "Back On The Streets", rappresenta un significativo avvicinamento al pop-rock tipico degli anni 80, pur con qualche residuo degli assoli psichedelici dei primi anni 70.
Altre tracce notevoli sono "Hassan-I Sabbah", che richiama "Magnu" con suoni dalle influenze mediorientali e un testo ispirato ai problemi israeliano-palestinesi del periodo, "Damnation Alley" e "The Iron Dream", ispirati agli omonimi romanzi di fantascienza di Roger Zelanzy e Gustav Holst.
Tutte le tracce sono scritte da Calvert e concepite per rendere al meglio in formato live. Da questa impronta deriva anche l'accostamento al pop e la scelta di prediligere l' orecchiabilità alla sperimentazione.
Il tour a cavallo fra '77 e '78, però, è funestato dai crescenti problemi mentali del poeta e il nuovo album, PXR5, ritarda l'uscita di un anno. Sia questo, sia il precedente, "25 Years On", prodotto come Hawklords per problemi legali relativi alla proprietà del nome, si rivelano un miscuglio fra il vecchio space-rock e il nuovo sound pop della band, divisa fra la fedeltà alle sue radici e un progressivo adattamento alle nuove tendenze musicali, che porterà inevitabilmente a snaturarne il Dna. Da menzionare "25 Years", la hit di maggior successo che mostra perfettamente questo nuovo suono "a metà strada" degli Hawkwind di fine anni 70," High Rise", dove viene fatto per la prima volta un uso massiccio dell'organo, "Death Trap", potente brano decisamente punk-rock, e "Uncle Sams On Mars", hit sospesa fra pop e sintetizzatori che richiamano persino i Goblin di Simonetti.
Successivamente House lascia temporaneamente il gruppo per poter suonare al fianco di David Bowie nel suo tour mondiale e Calvert licenzia il neo batterista Griffin. Gli anni 70 terminano con il ritiro dalle scene dello stesso leader. Una scelta obbligata, per potersi dedicare completamente alla letteratura e per scongiurare il rischio di un totale decadimento mentale.
Letteralmente rifondati con Brock, King, Bainbridge, la vecchia conoscenza Langton e l'ex Gong Tim Blake, gli Hawkwind si imbarcano per un tour inglese che verrà immortalato nel live Seventy Nine, buon successo trainato da "Shot Down In The Night", potentissimo singolo fra space-punk e hard-rock.
Nel 1980 arriva Levitation, primo disco in studio del nuovo decennio. Prodotto dalla Bronze Records, vede Brock nuovamente alla voce e segna un ritorno al sound degli anni 70, contaminato però da punk e new wave in un miscuglio eterogeneo molto interessante e analogo a quello che creeranno altre band progressive negli anni 80, come i Pink Floyd di Gilmour e, soprattutto, gli Yes (vedi il celebre singolo "Owner Of A Lonely Heart").
La scelta si rivela economicamente vincente, riportando il gruppo fra i primi 20 nelle classifiche britanniche. Di notevole rilievo è "Motorway City", singolo di maggior successo per la band nell'intero decennio e chiaro esempio dell'insieme di cambiamenti e influenze sovracitate, con un Brock finalmente tornato protagonista al massimo della forma alla chitarra. Sulla stessa linea la title track (brano decisamente punk-rock nella fase iniziale, per poi deragliare nelle classiche sperimentazioni con chitarra e synth) e "Who's Gonna Win The War" (secondo singolo tratto dal disco e decisamente vicino a suoni tipici del "The Wall" di floydiana memoria).
L'album successivo, Sonic Attack, si mantiene sugli stessi binari, facendosi però influenzare maggiormente dall'hard-rock e dal metal (è il caso del brano di maggior successo, "Angels Of Death") e dal contributo di Moorcock, che torna con la band dopo anni nello stesso fondamentale ruolo avuto da Calvert alla fine del decennio precedente.
Il resto degli anni 80 è un continuo e noioso avvicendarsi di formazione, che regala i momenti migliori nelle partecipazioni come headliner a molti festival, fra cui Reading, Glastonbury e il celebre e suggestivo Free Festival di Stonehenge.
Gli album Choose Your Masques e Church Of Hawkwind offrono ben pochi motivi di interesse, racchiudendo però notevoli punti oscuri, fra cui la registrazione del commento dell'assassinio di Robert F. Kennedy in "Some People Never Dies" (canzone presente anche in un rarissimo Lp del 1970 col nome di They Call Me Gun).
Di maggior interesse sono il singolo metal "Night Of The Hawks" (1984) e il concept album The Cronicle Of The Black Sword (1985), ispirato a storie e personaggi dei romanzi di Moorcock, anch'esso forte delle influenze dell'hard-rock e del metal anni 80, come il successivo The Xenon Codex (1988). Entrambi gli album raggiungono livelli discreti, specie rispetto agli immediati predecessori, e spuntano anche fra le prime 70 posizioni delle classifiche inglesi.
Il terzo decennio di attività degli Hawkwind vede sia la continuazione del processo di "mitizzazione" già iniziato in quello precedente, fra pubblicazione di live, ristampe e raccolte di inediti sia, allo stesso tempo, un'ostinata resistenza all'inattività.
Il primo album del decennio, Space Bandits, si mantiene sul livello degli ultimi del decennio precedente, con contaminazioni addirittura dall'ambient dei Tangerine Dream, come testimonia "Black Elk Speaks", ispirata dall'omonimo libro di John G. Neihardt sul celebre sciamano Sioux, con il contributo di Bridget Wishart (cantante ingaggiata per quest' album e per quello successivo) su un sottofondo elettronico.
Il secondo disco in studio del decennio, Electric Tepee (1992), riporta gli Hawkwind fra le prime 50 posizioni delle classifiche inglesi dopo anni grazie soprattutto al bel singolo "Right To Decide", l'ennesimo tentativo della band di adattarsi ai nuovi tempi.
Nel 1995 gli Hawkwind tornano sugli scudi: vengono chiamati, infatti, a realizzare la colonna sonora del film Alien 4. Ne scaturisce un buon album che conquista un certo successo di critica e pubblico, coronato da un successivo tour americano (registrato nel cd doppio Love In Space). Prodotto per la Emergency Broadcast System Records, Alien 4 mostra nuovi cambiamenti per gli Hawkwind che, senza lasciare gli strumenti classici, cercano ancora una volta di mantenere il contatto con la scena rock contemporanea. In questo caso, in particolare, trapelano alcune influenze noise-rock tipiche del decennio Novanta. Ne è emblema la hit più importante del disco, "Sputnik Stan", vicina a certe sonorità Sonic Youth del periodo.
L'ultimo album in studio degli anni 90, Distant Horizons, rappresenta l'ultimo distante orizzonte raggiunto da Brock e compagni: la hit "Love In Space" rivela addirittura massicce contaminazioni con la musica elettronica e dance del decennio, ricordando neanche troppo vagamente gli Orb e il loro album d'esordio dello stesso anno (1997).
Gli Hawkwind entrano nel terzo millennio con Epocheclipse, ampio best of in tre cd, per celebrare il trentennale dall'esordio. Al suo interno anche il remix di "Silver Machine", "Silver Machine Infected By The Scourge Of The Hearth". Il disco è corredato dall'esperienza dell'Hawkestra, un live-set di tre ore con membri storici ripescati dalle molte vite del gruppo.
Spacebrock (2000) è il primo disco solista di Dave anche se può essere considerato un disco degli Hawkwind a tutti gli effetti, viste le ampie collaborazioni con i componenti del trio, mentre Canterbury Fayre 2001 (2003) è considerato da parte della critica il miglior album live della band dopo Space Ritual e testimonia il tour celebrativo del 2000-‘01 in Inghilterra. La tracklist vede la registrazione live praticamente di tutte le hit che hanno reso famosi gli Hawks nel corso dei decenni, da "Hurry On The Sundown" a "Sputnik Stan".
Alle voci secondo le quali il tour rappresentava il canto del cigno della band, gli Hawks hanno risposto a sorpresa, realizzando due nuovi album in studio, Take Me To Your Leader (2005) che vede la collaborazione con Lemmy dopo il licenziamento del 1975, e Blood Of The Earth (2010), doppio parte in studio (con inediti e nuove versioni di canzoni già pubblicate) e parte live (con una versione di "Long Gone" di Syd Barrett).
Superati da tempo i 40 anni di attività ininterrotta, la band si accinge a preparare un nuovo tour mondiale fra Australia, l'Hell Fest in Francia e l'esordio assoluto in Giappone. Onward (2012) vede il ritorno sulle scene di Brock, che con la stessa formazione incide quattro anni più tardi The Machine Stops (2016), concept-album basato sulla novella di E. M. Forster, che immagina un futuro distopico in cui una grande macchina provvede ai bisogni di ciascun uomo fino a quando, tuttavia, non registra un malfunzionamento. Da un lato, gli Hawkwind vogliono mettere in luce questa visione desolante, focalizzandosi sull'alienazione delle persone nell'era post-moderna; dall'altra, il titolo sembra quasi alludere alla chiusura di un ciclo iniziato con "Silver Machine", il brano divenuto inno dello space-rock tout-court.
A un anno esatto di distanza, esce il sequel intitolato Into The Woods (2017), continuazione della storia cominciata proprio in The Machine Stops, il cui distopico futuro è ora ambientato in campagna grazie all'ispirazione che Dave Brock ha avuto nella sua fattoria nel Devon. Esteticamente, il disco si presenta con il classico siderale wall of sound degli Hawkwind: ritmi granitici, assoli di chitarra in prima linea, sintetizzatori che ribollono sullo sfondo, frequenti torsioni stilistiche. Ciò che cambia è tuttavia la location: siamo infatti dinanzi a un disco più terreno, che vuole evocare la magia e il mistero, ma anche l'ostilità della natura che ci circonda. Già la title track, posta in apertura con i suoi tenaci riff e la sua filastrocca minacciosa ("vi stavamo aspettando" declama Brock!), fa presagire all'ascoltatore di essere entrato in un posto colmo di trappole e insidie.
Non va meglio quando si gira l'angolo e ci si scontra con le intimidatorie "Cottage In The Woods" e "The Woodpecker", coi rumori della natura imitati dagli strumenti a gettare l'ascoltatore nella più completa paranoia. Fortunatamente, ci pensa la verve psichedelica di "Have You Seen Them" - edita come singolo - a riportarci per un momento in territori gioviali e sicuri. Nel corso del disco, gli Hawkwind dimostrano di essere sempre fedeli al loro prototipo del rock, seppur aggiungendo qualche variazione sul tema, come l'R&B sinistro di "Vegan Lunch", il celestiale boogie di "Magic Scenes" o lo stranissimo country-space-blues di "Space Ship Blues", tra malevoli banjo e synth vorticosi.
In questo tripudio di varietà stilistica uno dei pezzi meglio riusciti del novero è la sonica "Wood Nymph", mentre chiudono i nove minuti di trance condotti da organo e chitarra di "Magic Mushroom", che sembrano ricondurci lassù, nello spazio dove gli Hawkwind hanno fatto la loro storia e plasmato un culto musicale destinato a reclutare numerosi adepti.
Dopo cinquant'anni di attività e al trentesimo album in studio, gli Hawkwind dimostrano di aver ancora qualcosa da dire e di sapersi mettere in gioco con un disco variegato e di buona fattura. E allora tanto di capello agli Hawkwind, una delle band più importanti, longeve e originali del prog e dell'intera storia del rock. E che il Rituale Spaziale vi possa portare in sogni sconosciuti e lontani anni luce, laddove sembra proprio che il caro, vecchio Dave Brock non abbia nessuna intenzione di svegliarsi.
Hawkwind (Liberty/United Artists, 1970) | ||
In Search Of Space (United Artists, 1971) | ||
Doremi Fasol Latido (United Artists, 1972) | ||
Space Ritual (United Artists, 1973) | ||
Hall Of The Mountain Grill (United Artists, 1974) | ||
Warrior On The Edge Of Time (United Artists, 1975) | ||
Astouding Sounds, Amazing Music (Charisma, 1976) | ||
Quark, Strangeness And Charm (Charisma, 1977) | ||
Hawklords: 25 Years On (Charisma, 1978) | ||
PXR5 (Charisma, 1979) | ||
Levitation (Bronze, 1980) | ||
Live Seventy Nine (Bronze, 1980) | ||
Sonic Attack (Rca/Active, 1981) | ||
Choose Your Masques (Active, 1982) | ||
Church Of Hawkwind (Active, 1982) | ||
Space Ritual Vol. 2 (American Phonograph, 1984) | ||
The Cronicle Of The Black Sword (Griffin Music, 1985) | ||
The Xenon Codex (GWR, 1988) | ||
Space Bandits (GWR, 1990) | ||
Electric Tepee (Essential/ Griffin, 1992) | ||
Alien 4 (Emergency Broadcast System Records, 1995) | ||
Distant Horizons (Emergency Broadcast System Records, 1997) | ||
Epocheclipse (antologia, Emi, 2000) | ||
Canterbury Fayre 2001 (live, Voiceprint, 2003) | ||
Take Me To Your Leader (Voiceprint, 2005) | ||
Hawkwind At The BBC 1972 (Emi, 2009) | ||
Blood Of The Earth (Eastworld, 2010) | ||
Onward(Eastworld Recordings, 2012) | ||
The Machine Stops(Cherry Red, 2016) | ||
Into The Woods (Cherry Red, 2017) |
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