Orb

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Suoni dall'ultramondo

All'inizio degli anni Novanta, l'astronave guidata da Alex Paterson decollò alla volta dell'Ultraworld. E fu come se le energie accumulate in dieci anni di sperimentazioni si fossero finalmente concretizzate in qualcosa di veramente incisivo: una nuova formula, subito ribattezzata ambient-house, capace di riaprire le orecchie del grande popolo rock ai suoni puramente elettronici. Cronaca di un viaggio a corrente alternata, tra sfere di luce e chill-out room

di Roberto Mandolini

Agli Orb va riconosciuto il merito di aver riaperto le orecchie del grande popolo rock ai suoni puramente elettronici. Prima di loro ci erano riusciti solo i Pink Floyd e i Tangerine Dream. All'inizio degli anni 90 è stato come se le energie accumulate in dieci anni di sperimentazioni si fossero finalmente concretizzate in qualcosa di veramente incisivo. Steve Hillage e Jah Wobble ci avevano provato durante tutti gli anni 80 a sottolineare l'importanza che certe sonorità avrebbero potuto avere sul consumo di musica non solo da ballare, ma non erano riusciti a raggiungere la grande massa. Le cose cambiarono con l'arrivo degli Orb e la loro accattivante chill out music. Il successo fu enorme.

Nel 1992 prima un singolo di ben 40 minuti (!), “Blue Room”, e poi l'album che ne conteneva un lungo estratto, “U.F.Orb”, andarono in cima alle classifiche di vendita inglesi. Da quel momento termini come "ambient" e '"trance", svuotati in parte del loro significato originario, sono entrati nel vocabolario della popular music. Per la musica degli Orb venne creato ad hoc il termine ambient-house, per sottolineare l'aspetto fortemente ritmico proprio della musica nata a Chicago e Detroit nella seconda metà degli anni 80, e le aperture melodiche molto dilatate, volte a creare una sorta di sottofondo interattivo con gli stati d'animo, usate da Brian Eno in alcuni dischi degli anni 70. Per capire da dove nasce la musica degli Orb si potrebbe partire dai dischi da isola deserta di Alex Paterson: “E2=E4” di Manuel Gottsching, il box strumentale di Brian Eno e “Africa Dub 3” di King Tubby.

1988-1993: l'astronave entra in orbita

Gli Orb nascono nel 1988 nello studio di Jimmy Cauty (Klf), dove quest'ultimo insieme a Martin "Youth" Glover (Killing Joke) e al suo amico d'infanzia Alex Paterson (ex roadie degli stessi Killing Joke e al tempo A&R dell'etichetta EG Records) registrano il brano "Tripping On Sunshine" per la compilation "Eternity Project One".

L'anno seguente Paterson e Youth fondano la WAU!Mr.Modo per pubblicare il primo Ep degli Orb, Kiss Ep, quattro tracce di techno costruite con campionamenti "rubati" alla radio di New York Kiss FM. L'incontro decisivo avviene di lì a poco: Paul Oakenfold assume i due Orb come dj per la sala chill-out della sua discoteca londinese Heaven. Le chill out room sono stanze dove il cuore cerca di tornare a un battito più naturale dopo aver subito il bombardamento di bpm nei dancefloor. Posti ideale per la fantasia psichedelica di Alex Paterson, che inizia a suonare durante le sue serate musiche di ogni tipo. Se ne accorge presto anche John Peel che chiama gli Orb alla fine del 1989 per incidere la prima di una serie di "Peel Sessions".

Per l'occasione nasce quello che diventerà il primo successo degli Orb, "A Huge Ever Growing Pulsating Brain That Rules From the Centre Of The Ultraworld", non senza conseguenze legali dato che la prima versione del singolo contiene un campionamento non dichiarato di "Lovin' You" di Minnie Riperton.
Nonostante i problemi di copyright e la lunghezza fuori dal comune (22 minuti!) la canzone entra nella classifica dei singoli inglesi e agli Orb vengono commissionati i primi remix importanti da Erasure, Dave Stewart e Steve Hillage. L'ex chitarrista dei Gong conosce personalmente Paterson durante una nottata passata ad ascoltare la sua musica nella chill-out room del club Heaven: sarà l'inizio di una fruttuosa collaborazione.

Nel frattempo Kim Waston, tecnico del suono di uno studio di Youth, entra a far parte degli Orb, mentre lo stesso Youth si chiama fuori per impegni lavorativi. Non prima però di aver scritto con Paterson una delle più rappresentative tracce degli Orb, quella "Little Fluffy Clouds" costruita su un campionamento di Steve Reich e un'intervista a Rickie Lee Jones (che causò altre beghe legali), messa poi come incipit dell'album The Orb's Adventures Beyond The Ultraworld. Anche con Cauty le cose non vanno molto bene e Alex Paterson si ritrova da solo alla guida della navicella Orb.

Nel 1991 gli Orb producono "Higher Than The Sun", un brano contenuto in "Screamadelica" dei Primal Scream, un disco fondamentale per l'accettazione dei codici house nel mondo dell'indie-pop. Nello steso periodo si intensificano le collaborazioni con Steve Hillage (System7) e con il produttore tedesco Thomas Fehlman. Da questi incontri nasce la maggior parte delle tracce che va a finire sul disco di debutto The Orb's Adventures Beyond The Ultraworld. L'esordio degli Orb è un disco doppio, uno denominato "Orbit" e l'altro "Ultraworld": una lunga suite in due parti in cui il dub, l'ambient elettronca di Eno, le pulsioni dell'house più raffinata e una valanga di campionamenti incredibili trovano un'originale sintesi.

L'immaginario sci-fi è sottolineato dai titoli delle canzoni. La partenza è da manuale con la già menzionata "Little Fluffy Clouds", poi l'atmosfera rallenta con "Back Side Of The Moon" per fermarsi quasi del tutto durante "Spanish Castels In Space". L'ultraworld parte dalla Giamaica con il l'ambient-dub di "Perpetual Down" e arriva sulle stelle con le incredibili "Star 6 & 7 8 9" e "A Huge Ever Growing Pulsating Brain That Rules From The Centre Of The Ultraworld".

Il successo è inaspettato e gli Orb decidono di volare negli Stati Uniti per un rapido tour. Neanche il tempo di riprendere fiato che il gruppo si ritrova di nuovo a casa per registrare il secondo album. La prima canzone a nascere è una traccia di 40 minuti che diventerà il singolo più lungo della storia a entrare nella classifica dei singoli inglese: Blue Room. In studio con Paterson e Watson ci sono anche il bassista ex Pil Jah Wobble e Steve Hillage: sono proprio un giro di basso e un solo di chitarra elettrica a rendere "Blue Room" così suggestiva. I giornalisti inglesi snobbano inizialmente gli Orb, ma il pubblico la pensa diversamente facendo finire "Blue Room" al numero uno in classifica. Stessa sorte tocca all'album, che ne contiene una versione ridotta di soli 17 minuti, U-F.Orb.

I concerrti degli Orb sono memorabili. I giochi di luce ricordano a qualcuno i Pink Floyd e per restare al gioco il primo ( e l'unico) live ufficiale degli Orb, Live 93, ospita sulla copertina un pupazzo gigante che in qualche modo ricorda il maialino di “Animals”. Su disco i giochi di luce spariscono, ma rimane comunque la straordinaria capacità di rileggere il proprio repertorio. Grazie anche alla band che Paterson si porta in giro in Europa e in Asia: oltre a Weston, ci sono i produttori Nick Burton e Simon Phillips, e l'ingegnere del suono Andy Hughes. Le tracce vengono arricchite con una valanga di nuovi campionamenti e nel complesso le parti fortemente ritmiche vengono ridotte a vantaggio dei momenti più calmi. Gli elementi costitutivi delle versioni originali vengono distorti e nascosti dietro una nuova base ritmica: alle volte l'impressione è quella di ascoltare un nuovo brano e ci vuole un po' di tempo per riconoscere un rumore, un giro di basso, una melodia o una sequenza di suoni. Sono i segnali di un cambiamento: questo disco sancisce in effetti la fine della prima fase creativa degli Orb, quella più "calda".
Live 93 è anche il primo disco degli Orb ad essere pubblicato dalla Island.

1993-1995: l'orbita stazionaria

Il primo lavoro in studio a essere pubblicato per l'Island è un mini-album di sei tracce, Pomme Fritz, che segna l'inizio della fase sperimentale degli Orb. La novità più evidente è la mancanza quasi assoluta del ritmo, ma quella più incisiva è l'uso frequente della dissonanza. Spesso le tracce non hanno più una struttura riconoscibile e i suoni non hanno una profondità tale da supplire alla mancanza. “Bay 'Er' 'N Chips” ondeggia su un fiacco ritmo dub e sembra essere un brano rimasto per troppo tempo in un cassetto e mai completato.

Nel 1994 Paterson pubblica sulla sua etichetta personale Inter-Modo un album con la sigla FFWD. Al suo interno un'ora di sperimentazione in compagnia di Weston, Thomas Fehlmann e Robert Fripp. La notizia è da prima pagina, ma i risultati non sono all'altezza delle aspettative. Si tratta di musica da sottofondo nel senso più letterale che si possa immaginare. Le alchimie di Fripp con Eno di venti anni prima sono lontane anni luce.
La Island è scoraggiata: sembra che Paterson abbia buttato via in appena due anni quanto costruito nei precedenti cinque. Anche Weston non sopporta più il modo di fare del pilota e abbandona l'astronave.

Per il nuovo disco viene reclutato a tempo pieno Thomas Fehlman e aumentano anche le tracce accreditate a Hughes. I tre lavorano per più di un anno al progetto Orbus Terrarum, che nelle loro intenzioni sarebbe dovuto essere un triplo album, ma la Island decide all'ultimo di tagliare il materiale fino a farlo entrare nei canonici 78' di un solo cd. Nonostante il gran lavoro, anche il nuovo disco è pieno di desolanti vuoti, come la statica “White River Junction”. Tra così tanta musica è difficile apprezzare i pochi minuti in cui la vena melodica di Paterson si esprime finalmente in tutta la sua fantasia – tra l'ottavo e il decimo minuto di “Plateau”, per esempio. Lo scopo principale del disco sembra essere quello di stupire a tutti i costi, accostando i suoni più strani: animali di una giungla, un vecchio carillon, marcette militari, rumori domestici... una vera ossessione da cui Paterson non sembra in grado di riemergere.

1996-2001: l'astronave perde quota

In Inghilterra e in Europa gli Orb sono in caduta libera. Gli americani, al contrario, solo ora sembrano accorgersi dell'astronave guidata da Alex Paterson. La Island decide quindi di puntare sul mercato americano. Per il seguito di Orbus Terrarum viene ingaggiato il vecchio amico Steve Hillage.
Dopo un lungo tour in America, Paterson, Hillage e Hughes si chiudono in studio e in breve tempo consegnano il master di Orblivion alla Island, che però decide di posticipare di un anno la pubblicazione del disco per aspettare la svolta elettronica degli U2 con “Pop”. Il primo singolo tratto da “Orblivion” è evidentemente ispirato ad un famoso brano di Jean-Michel Jarre: “Toxygene” lancia di nuovo gli Orb nelle parti alte delle classifiche di vendita, ma non basta da sola a risollevare le sorti di un ensemble sempre più alla ricerca di una nuova identità nel mainstream ancora lontana da trovare.

Stanco delle critiche, Paterson arriva persino a parlare di fine della corsa per gli Orb. Ci vorranno quattro anni per dare un seguito a “Orblivion”: l'imbarazzante Cydonia arriva nei negozi nel 2001 ed è ormai chiaro che gli Orb interessano solamente a vecchi affezionati e nostalgici della prima stagione trance. Il disco è prodotto cercando di servire il dub e l'ambient-trance in chiave pop: il risultato è pessimo, il punto più basso dell'intera carriera degli Orb.

2002-2007: ritorno al futuro

Dopo il tonfo gli Orb rinascono. Grazie ai consigli di Thomas Fehlman, Alex Paterson si convince a pubblicare una serie di 12” per la Kompakt di Colonia. La fine dei rapporti con le major sembra giovare alla fantasia degli Orb e anche se il disco del 2004, Bicycles & Tricycles, non raggiunge i livelli di The Orb’s Adventures Beyond The Ultraworld e U.F.Orb, quantomeno si rialza dagli abissi di Cydonia.

“Orb Is” è il biglietto da visita di Bicycles & Tricycles: un giro di basso profondo e cavernoso (che a qualcuno ricorderà i dub pennellati da Jah Wobble) si immerge in trame ambient-trance che cullano l’ascolto. “Aftermath” cerca, forse invano, di cambiare le carte in tavola con un trip-hop impreziosito dalla rapper MC Shoom T. Ma è chiaro che le cose che agli Orb vengono meglio sono quelle che li hanno resi celebri: ed allora, ecco la trance profumata d’erba di “The Land Of Green Ginger”; la battuta dub di “Tower Twenty Three (Spud ‘v’ Kreature mix)”; l’ambient bucolica di “Kompania (the grooved wared mix)” e “Dilmun”. Su “From A Distance (blast Master ‘v’ the corpal)” si rifà vivo addirittura Jimi Cauty, e si capisce come i due vecchi amici si siano divertiti a frullare mille idee in qualcosa di molto godibile.
Paterson sembra vivere una seconda giovinezza: con la sua etichetta badorb.com pubblica una valanga di 12” tra cui l'Ep degli stessi Orb Daleth Of Elphame.

La novità è talmente eclatante da doverla sottolineare fin nel titolo del nuovo album: gli Orb sono su Kompakt. Okie Dokie It's The Orb On Kompakt è interamente composto da Paterson e Fehlman (che si sono ribattezzati per le esibizioni live “le petit Orb”). Non ci sono sul disco altre collaborazioni. “Okie Dokie” è essenziale fin da questa scelta. Un viaggio diviso a metà: si parte con una sequenza incredibile di danze minimal techno (il primo brano della raccolta, “Komplikation”, è un techno-dub che ha in sé tutti i frutti nati dai germogli piantati dallo stesso Alex Patterson quindici anni prima) e si finisce con una prevedibile, ma non per questo meno apprezzabile, sequenza di tappeti di ambient trance, tra cui spicca il lirismo impalpabile degno dei migliori Cluster di “Because/Bifore (Sibirische Musik)”.
Non ci sono dubbi, questa volta l’orbita è quella giusta.

Mentre continua l'attività live de Le Petit Orb, la Malicious Damage pubblica in una confezione di metallo che ricorda il metal box dei Pil una collaborazione tra gli Orb e i Meat Beat Manifesto: sono trenta minuti di elettronica cruda e minimale, non particolarmente brillante, ma che sottolinea la volontà da parte degli Orb di confrontarsi di nuovo con realtà lontane dal mainstream.

La stessa Malicious Damage decide nel 2005 di indagare negli archivi degli Orb. Nascono così i primi due dei tre volumi previsti di Orbsessions. I brani tratti per il primo volume appartengono al passato condiviso con Jimmy Cauty (Klf), Thrash, Andy Hughes, e Thomas Fehlmann. Si parte con un’acerba, ma non per questo meno intrippante, “Mummie Don’t”, dieci minuti di cut-up immersi in vapori di psichedelia minimale che trasportano la mente ai tempi di “Little Fluffy Clouds”. Poi la sorpresa più gradita, “Sail”, una canzone classica (con tanto di voce femminile, chitarra, strofa, ritornello etc.) di quasi sei minuti, che suona come un inno alla seconda (acid) summer of love dell’estate dell’88, quella che ha dato i natali anche agli Orb.
Non tutto si muove con la giusta armonia negli archivi celesti di Dr. Alex però, e capita di ritrovarsi a fare i conti con ossessioni che non decollano.

A distanza di due anni, dagli archivi degli Orb emergono altri undici brani che vanno a formare il secondo volume dei tre previsti della serie Orbsessions. Le nuove ossessioni targate Orb, sono opera di T. Fehlmann, A. Hughes, A. Peterson, Vin100 e Youth. La prima lunga danza che apre il disco, "D.A.D.O.E.S?", descrive uno spazio stellare popolato da allegre creature aliene, tra pulsioni space, echi dub e campionamenti di voci irriconoscibili. Dieci minuti in cui la navicella degli Orb dà l'impressione di saper riconoscere la strada di casa navigando a vista senza grossi problemi. La traccia che segue, "Ralph's Cupboard", riporta le lancette dell'orologio indietro di quindici anni, quando l'ambient-dub di Alex Paterson era in cima alle classifiche inglesi: una danza briosa e leggera, che non avrebbe sfigurato su Orb's Aventure Beyond The Ultraworld né su U.F.Orb, i due capolavori d'inizio anni 90.

Nel 2007 la navicella degli Orb è di nuovo a casa. Ad aiutare Alex Paterson sono tornati Martin "Youth" Glover e Steve Hillage. C'è anche Tim Bran dei Dreadzone negli "Orb this week" (secondo una ironica definizione dello stesso Paterson). Il nuovo album in studio, The Dream, esce in Giappone durante l'estate e solo nel 2008 nel resto del mondo. Rispetto al recente passato c'è meno minimal-techno e più ambient-dub. Non mancano ovviamente le trame liquide e psichedeliche  con cui si sono fatti conoscere gli Orb ad inizio carriera, ma canzoni come “Vuja De”, “A Beautiful Day” e “DDD (Dirty Disco Dub)” mostrano tuttavia tutti i limiti di Alex Paterson in ambito pop.


2008-2016: le petit orb e le grandi collaborazioni

Dopo il terzo volume di Orbsessions, Baghdad Batteries, contenente una dozzina di outtakes non indispensabili, nel 2010 Alex Paterson realizza un sogno nel cassetto, collaborando con l’odiato/amato David Gilmour. Che gli Orb avessero una fissazione per i Pink Floyd lo si era capito già quando per il loro primo disco dal vivo utilizzarono una copertina che omaggiava, o secondo qualcuno ridicolizzava, "Animals”. Gilmour non deve averla mandata giù facilmente perché in un’intervista di qualche anno dopo al giornalista che gli chiedeva se gli piacessero gli Orb rispose di non conoscere affatto il gruppo in questione. Dopo tanti anni e dopo essersi incontrati per lavorare ad una versione del classico di Graham Nash “Chicago”, Alex Paterson e David Gilmour, con lo zampino neanche troppo insignifcante del fidato Youth, hanno deciso che era arrivato il tempo per registrare qualcosa insieme. Una jam session, come si usava un tempo. Ne sono venute fuori due lughe medley di una ventina di minuti l’una. Giusto il tempo per riempire un cd. La prima traccia - “Metallic Side” - offre davvero poco se non verso la fine quando le pulsioni prendono a scandire il tempo seguendo le gommose regole del dub tanto care agli Orb mentre Gilmour azzarda un assolo di un paio di minuti degno della sua fama. Molto meglio la seconda traccia - “Sphere Side” - anche se nessuna delle cinuque parti in cui è divisa raggiunge l’intensità degna della fama dei musicisti coinvolti nell’operazione.

L’anno seguente Alex Paterson pubblica l’ennesima prescindibile raccolta: C Batter C mette insieme sette remix e cinque tracce che mostrano il lato più sotterraneo e meno ortodosso della musica degli inglesi. Decisamente più interessanti le due collaborazioni con Lee Scratch Perry pubblicate nei due anni successivi, The Observer In The Star House e More Tales From the Observatory. La prima mette in fila undici brani in cui gli Orb cesellano lente danze in levare intorno alla voce sempre più rauca della leggenda del reggae Lee Scratch Perry. Ad aiutare il dottore in cabina di regia è rimasto il solo Thomas Fehlmann (i due si esibiscono da anni dal vivo con il nome Le Petit Orb). Il risultato è all’altezza delle aspettative: i beat(s) non sono mai invandenti e al contrario sembrano voler costruire un ponte con la storia del dub. A pagarne il prezzo è solo l’ironia proverbiale di Paterson, quasi assente. La perla in chiusura di scaletta è la fuga percussiva di “Congo”. Per Alex Paterson si tratta di uno dei migliori dischi degli Orb di sempre. More Tales From the Observatory, dell’anno seguente, raccoglie alcune tracce registrate al tempo del primo volume della collaborazione e altrettanti remix.

Nel 2013 esce il box set retrospettivo History Of The Future, relativo al periodo Island, al quale fa seguito nel 2015 History Of The Future Part 2. L'attività di enciclopedizzazione degli Orb assume così sembianze monumentali. Anche questa volta siamo al cospetto di un box set composto da tre cd ed un dvd che scandagliano il periodo 2002-2012, comprendendo lavori usciti per varie label, fra le quali Cooking Vinyl, Malicious Damage, The End e la tedesca Kompact. Attraverso questa selezione Alex Paterson e Thomas Fehlmann spiegano al mondo perché il proprio lavoro riesca ad essere amato tanto dagli appassionati dei territori indie, quanto dai frequentatori delle discoteche più hype di Ibiza o Berlino.
Dagli assalti sonori di “Suck My Kiss” alle derive cosmiche di “I Am The Red Worm”, dal proto dubstep declinato r&b di “Aftermath” al dub tecnologico di “Eurofen” e “Chuck’s Peaks”, dai riempipista senza tempo alla “Le The Music Set You Free” ai temi acustici, quasi bucolici, di “Sail”, questo box è un otto volante di generi ed influenze, un compendio in grado di essere ballato, ma anche semplicemente ascoltato nel buio della vostra cameretta. E poi ancora le atmosfere stranianti di “Codes”, le rotondità baleariche di “Apple Tree”, le ripetitività di “Cool Harbour”, gli sperimentalismi di “OOPA” e “Shem”, l’ambient di “Dilmun”, le impressioni drum’n’bass di “Tower Twenty Three”, ad imporre le visioni di Paterson come assolutamente avveniristiche e sempre avanti sui tempi.

2018-2023: time becomes a loop

Ad inizio 2018 gli Orb confermano il loro contratto con la Cooking Vinyl. Il primo album del nuovo corso ad essere pubblicato per la brillante etichetta inglese è No Sounds Are Out Of Bounds. La novità più eclatante è un giovane produttore di nome Michael Rendall che per la prima volta sale sulla navcella degli Orb, in compagnia vecchie amicizie del gruppo inglese (Youth, Roger Eno, Hollie Cook, Guy Pratt, Jah Wobble, Gaudi e Roney FM). Le dodici tracce in scaletta rileggono il classico suono degli Orb, alternando passaggi ambient-techno, house e dub. La produzione è quella delle grandi occasioni.
La stessa enfasi viene utilizzata per il successivo Abolition Of The Royal Familia, album che mette in fila una dozzina di gommose danze elettroniche che rispolverano alcuni  dei cliché utilizzati dal gruppo inglese in trent’anni di carriera. Andy Cain, che qualcuno ricorderà sulle due danze “I’m Your Brother” e “A New Day” di Mark Ernestus e Moritz Von Oswald, presta la sua voce sulle prime due tracce in scaletta: le funkadeliche “Daze (Missing Messed Up Mix)” e “House of Narcotics (Opium Wars Mix)”. L’atmosfera diventa decisamente più scura con l’omaggio a Steven Hawking di “Hawk Kings”, una corsa alla Chemical Brothers su autostrade desolate. Youth mette la firma sulla seguente “Honey Moonies”, una contagiosa ballata Idm foderata di una leggera vena psichedelica.
A metà  corsa Paterson ci ricorda la sua meravigliosa ambient languida e bucolica nei quattro minuti di “Pervitin”. 
La passione degli Orb per il dub prende forma nella seconda parte di “Shape Shifters In Two Parts (Coffee Ghost Train Mix)” e nella seguente “Say Cheese”. L’album si chiude con i dodici minuti della sinfonia ambient “The Weekend It Rained Forever”. Ad aiutare Alex Paterson e Michael Rendall altri illustri musicisti come Roger EnoSteve Hillage, Nick Burton e Gaudi.

Nel 2023 Prism conferma la volontà di rimanere sulle coordinate consolidate del marchio Orb presentando una efficace sequenza di tracce in bilico tra house, dub, ambient. Non c’è nulla qui che possa spiazzare, ma ciò nulla toglie all’efficacia di un suono che almeno a tratti riesce ancora ad magnetico. “H.O.M.E High Orbs Mini Earths” è il classico decollo morbido a base di synth ariosi e partiture orchestrali, che proietta verso una house ipnotica dalle pulsazioni profonde, battiti marcati che strutturano ugualmente la successiva ““Why Can You Be In Two Places At Once, When You Can’t Be Anywhere At All…(Where’s Gary Mix)” introducendo l’amore per il reggae, esibito in modo sfacciato in “A Ghetto Love Story”.
Nel ventaglio sfaccettato generato dal prisma Orb trovano poi posto ugualmente il pop a presa rapida di “Tiger” e il drum’n’bass serrato - con Rachel d’Arcy alla voce - di “Living In Recycled Times”, preludio del conclusivo dilatato volo atmosferico della title track, il cui sentore cosmico completa il viaggio attraverso le diverse anime di un suono che è e rimane storia.

 

Contributi di Claudio Lancia ("History Of The Future Part 2"), Peppe Trotta ("Prism")

Orb

Discografia

Album:
The Orb's Adventures Beyond The Ultraworld (Big Life, 1991)

Aubrey Mixes: The Ultraworld Excursions (Big Life, 1992)
U.F.Orb (Big Life, 1992)

Live 93 (Big Life/Island, 1993)

Orbus Terrarum (Island, 1995)

Auntie Aubrey's Excursions Beyond the Call of Duty (Deviant, Ultra, 1996)

Orblivion (Island, 1997)

U.F.Off - The Best of The Orb (Island, 1998)

Cydonia (Island, 2001)

Auntie Aubrey's Excursions Beyond the Call of Duty Part 2 (Deviant, Ultra, 2001)

Bicycles & Tricycles (Cooking Vinyl, Sanctuary, 2004)

Okie Dokie It's The Orb on Kompakt (Kompakt, 2005)

Orbsessions Volume One (Malicious Damage, 2005)

Orbsessions Volume Two (Malicious Damage, 2007)

The Dream (Liquid Sound, 2008)
Baghdad Batteries (Malicious Damage, 2008)
Metallic Spheres featuring David Gilmour (Columbia, 2010)
C Batter C(Malicious Damage, 2011)
The Observer In The Star House featuring Lee Scatch Perry (The End Records, 2011)
More Tales From the Observatory featuring Lee Scatch Perry (The End Records, 2012)
History Of The Future (box set, Island, 2013)
Further Adventures Beyond Dark Matter Live(Abbey Road Live Here Now, 2015)
Moonbuilding 2703 AD(Kompakt, 2015)
History Of The Future Part 2 (box set, Malicious Damage, 2015)
COW / Chill Out, World!(Kompakt, 2016)
The Orb's Further Adventures Live 2016(Live Here Now, 2016)
No Sounds Are Out Of Bounds(Cooking Vinyl, 2018)
Abolition Of The Royal Familia(Cooking Vinyl, 2020)
Prism(Cooking Vinyl, 2023)
Ep e singoli:
Kiss Ep (WAU/Mr. Modo, 1989)
A Huge Ever Growing Pulsating Brain That Rules From the Centre of the Ultraworld (Big Life, WAU/Mr. Modo, 1989)
Little Fluffy Clouds (Big Life, 1990)
Perpetual Dawn (Big Life, 1991)
Blue Room (Big Life, 1992)
Assassin (Big Life, 1992)
Pomme Fritz (Island, 1994)
Oxbow Lakes (Island, 1995)
Toxygene (Island, 1997)
Asylum (Island, 1997)
Once More (Island, 2001)
Daleth Of Elphame Ep (Badorb.com, 2002)
Aftermath (Sanctuary, 2004)
The Orb vs. Meat Beat Manifesto - Battersea Shield (Malicious Damage, 2004)
Komplott (Kompakt, 2004)
Komfort (Kompakt, 2005)
Golden Clouds (featuring Lee Scatch Perry, Cooking Vinyls, 2012)
Soulman(featuring Lee Scatch Perry, Cooking Vinyls, 2012)
Hold Me Upsetter (featuring Lee Scatch Perry, Cooking Vinyls, 2012)
Ball Of Fire (featuring Lee Scatch Perry, Cooking Vinyls, 2012)
Pietra miliare
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