Tangerine Dream

Tangerine Dream

I pionieri della kosmische musik

Con le loro opere, mistiche e visionarie, hanno contribuito a fondare la "musica cosmica" e rivoluzionato per sempre l'elettronica. Aprendo la strada al synth-pop degli anni 80 e anticipando di due decenni la stagione della new age. Storia dell'odissea nello spazio di Edgar Froese e del suo equipaggio

di Claudio Fabretti

I Tangerine Dream sono i massimi rappresentanti della kosmische musik, quella straordinaria "new wave" elettronica esplosa in Germania all'alba degli anni Settanta. Una scena composta da musicisti veri, spesso con un background classico alle spalle, che riuscirono a dare un nuovo senso all'uso di tastiere e sintetizzatori nel campo della musica, spostando il baricentro del rock psichedelico dal centro della mente alla periferia dell'universo.

Il nucleo originario nasce a Berlino nel 1966 su iniziativa del chitarrista Edgar Froese, già titolare di un gruppo di acid-rock sulla falsariga dei Pink Floyd, la cui fama era legata a un'esibizione in una mostra di Salvator Dalì. La formazione è completata dal percussionista Klaus Schulze, destinato poi a una luminosa carriera solista, e dal tastierista Conrad Schnitzler. E' l'ensemble che produce il 45 giri "Lady Greengrass/ Love Of Mine", cui fa seguito il primo album, Electronic Meditation, che rielabora in chiave ancor più libera e dilatata le prime intuizioni floydiane, aggiungendo un tocco di teutonica solennità e strizzando l'occhio anche alla coeva psichedelia dei connazionali Amon Duul. Chitarre distorte, percussioni free, un organo possente, rumori catturati da strumenti d'ogni tipo (e anche da oggetti domestici) e una straniante sezione d'archi forgiano un suono al crocevia tra rock e avanguardia, che tocca il suo vertice nella lunga "Reise Durch Ein Brennendes Gehirn" (12 minuti).

La collaborazione con Schulze e Schnitzler finisce poco dopo: il primo diventerà solista e mago dell'elettronica, prima d'avanguardia ("Irrlicht", "Cyborg") e poi "leggera", il secondo un apprezzato virtuosista nelle file dei Cluster. Froese allestisce così una nuova formazione, con Steve Schroyder e il percussionista Christopher Franke (ex-Agitation Free). Con questo assetto il gruppo dà vita al clamoroso "flipper konzert", un'esibizione per tastiere elettroniche e sei flipper collegati all'impianto di amplificazione.

La definizione ufficiale di "musica cosmica" viene però coniata con il successivo album Alpha Centauri (1971). E' una sequenza di suite spesso frutto di improvvisazioni, nello stile del rock psichedelico, ma anche del jazz-rock e della musica d'avanguardia. Si fa più massiccio l'utilizzo di synth analogici, come l'Ems, e le spigolosità degli esordi tendono a convergere verso un flusso sonoro più avvolgente e trasognato, ideale soundtrack per esplorazioni spaziali.
La tracklist consta di tre soli brani, per 40 minuti di "interstellar overdrive" attraverso le tessiture dell'hammond distorto, gli echi dei sintetizzatori e i fraseggi dolenti del Les Paul di Froese. Un flauto quasi "pastorale" e una sezione percussiva sempre più caotica completano il quadro. L'esito è quantomai suggestivo, a cominciare dal lungo viaggio solare di "Sunrise In The Third System", dove organo e tastiere compngono un affresco di sacrale intensità, per proseguire con i tredici minuti abbondanti di "Fly And Collision Of Comas Sola", persa nel vuoto cosmico, con l'organo impazzito a cercare di delineare una rotta nel magma di rumori ed effetti, e con il flauto a inseguire un'oasi di pace nell'infuriare del drumming. La conclusiva title track è quasi il manifesto definitivo di questa elettronica astrale, stavolta quasi del tutto priva di ritmo, con oscillazioni di synth, riverberi e sparute frasi di flauto a lasciare una scia luminosa nel grande buio del Cosmo.

In seguito, Schroyder lascia la band in favore di Hans Peter Baumann e i Tangerine Dream lasciano in soffitta gli strumenti del rock tradizionale per concentrarsi solo sui sintetizzatori elettronici.

Zeit (1972) è il primo disco firmato dal trio Froese-Franke-Baumann, che diventerà la spina dorsale del gruppo. I Tangerine Dream lasciano in soffitta gli strumenti del rock tradizionale per concentrarsi solo sui sintetizzatori elettronici. Il loro presupposto è di portare in musica il fascino delle arti visive, attraverso una serie di "viaggi siderali". Un risultato che sui solchi di Zeit si traduce in una sequenza di suite, spesso frutto di improvvisazione nello stile del rock psichedelico, ma anche del free-jazz e della musica d'avanguardia, con i sintetizzatori che sprigionano ronzii galattici nel grande vuoto dell'Universo. L'ascoltatore viene così immerso in un vortice di dissonanze, echi, riverberi, rumori e distorsioni elettroniche, sospeso nel vuoto dell'assenza totale di ritmo.
Disco doppio, oscuro e minaccioso fin dalla copertina, Zeit è una sinfonia in quattro movimenti (uno per facciata), all'insegna di un minimalismo rigoroso e di trattamenti elettronici stile Stockhausen. I suoi quasi 75 minuti di musica sono costruiti su una serie di strati sonori in dialogo costante con scampoli di silenzio. La dissonanza è assoluta protagonista e funge da trait d'union fra le quattro tracce. Ma a connotare l'opera è anche la qualità visionaria, quasi "pittorica" di queste scorribande spaziali.
La tetra ouverture di "Birth Of Liquid Plejades" si apre con un quartetto di violoncelli, che fluttuano quasi in assenza di gravità. Un effetto di "phase shifting" introduce alla seconda parte del movimento, caratterizzata da un timbro liquido che parrebbe quasi raffigurare il materiale siderale allo stato embrionale. A dominare la scena sono le brezze elettroniche dei due VCS3 (Franke e Baumann) e le detonazioni cupe del generatore di Froese. Dopo circa un quarto d'ora, prende forma la terza parte del brano, segnata da una fitta rete di dissonanze, lasciate fluttuare in una nebulosa di organo e moog (quest'ultimo suonato da Florian Fricke dei Popol Vuh).
L'idea, ancora una volta, è quella di un viaggio interstellare in cui scorrono note maestose e suoni al rallentatore. Riverberi spaziali, sibili di asteroidi, echi lontani, rumori metallici si susseguono su un fondale sonoro a-ritmico, ma sempre cupo e carico di suspence. Un senso di vuoto al cospetto del Cosmo sconfinato suscita anche la politimbrica "Nebulous Dawn", che inizia simulando la partenza di una ipotetica stazione orbitante spaziale, per sfumare progressivamente in una dimensione sonora sempre più eterea e impalpabile. L'esile trama di "Origin of Supernatural Probabilities" è talmente rarefatta da lambire la new age di molti anni dopo: a un preludio affidato a un silenzio inquietante, appena solcato da qualche accordo di chitarra in lontananza, fa seguito l'inizio di un lungo pattern, che sembra quasi far ribollire un miscuglio di bolle d'aria, con la chitarra elettrica a disegnare ghirigori astratti sullo sfondo. E la mente torna al magico balletto delle astronavi di "2001: Odissea Nello Spazio", il capolavoro di Stanley Kubrick.
Il quarto e ultimo movimento, ovvero la title track, è insieme il più pretenzioso e il più impressionante. Da questo magma sonoro cupo e a tratti disturbante, da questi sibili di vento stellare, sembra quasi sprigionarsi un'energia misteriosa. E' un glissando di basso ad anticipare l'immersione in un abisso cosmico, che assomiglia molto da vicino al buio della mente, ai recessi più oscuri della psiche.

Le incursioni tra le Pleiadi di Zeit rievocano le saghe spaziali di Isaac Asimov, ma anche gli scenari più foschi dell'Apocalisse biblica. Sono miscele di suoni provenienti sia dalle culture occidentali, sia da quelle orientali, specialmente arabe. L'incedere monotono degli oscillatori e i tappeti sinfonici, che scaturiscono dai synth e dai mellotron, prefigurano paesaggi lontani, mistici, alieni, ma allo stesso tempo presenti nel nostro inconscio. Concept album sul "tempo", sul tempo dello spazio, dilatato all'infinito, ma anche sul tempo dell'uomo, sull'evasione dai ritmi ossessivi che ne scandiscono le vicende quotidiane, Zeit ci rivela che è anzitutto alla nostra galassia che dobbiamo volgere lo sguardo per raggiungere l'equilibrio interiore. 
L'opera conquista in Germania il titolo di "disco dell'anno" e lancia i Tangerine Dream anche in Gran Bretagna.

Il successivo Atem (1973) segna probabilmente il punto di massima "fuga" del gruppo dai canoni del rock, ala ricerca di sonorità più tipicamente d'avanguardia e quasi "classiche". Per la prima volta da soli, senza il contributo di ospiti eccellenti, Edgar Froese, Chris Franke e Peter Baumann si chiudono in studio e sfornano quattro impressionanti "monoliti" sonori.
L'iniziale title track "Atem" (un "respiro" dilatato in 20 angoscianti minuti) riprende il filo del discorso avviato tre anni prima con Electronic Meditation, con il drumming impetuoso di Franke a dettare il ritmo in un nugolo di rumori ed effetti, l'organo e i synth a lasciare una scia liquida, dove, per la prima volta, s'insinua l'inconfondibile e maestoso suono del mellotron (in loop), che diverrà ricorrente nelle produzioni successive del gruppo. Gli undici minuti di "Fauni-Gena" proseguono sulla stessa falsariga, trasportando stavolta l'ascoltatore nell'immenso verde di una foresta pluviale, con i loop di mellotron alternati ai rumori sintetizzati di uccelli esotici e altre non identificate creature del bosco.
"Circulation of Events" è invece una piece più riflessiva, dominata dalle frasi di organo e synth, e appena increspata dalle vibrazioni di VCS3. Chiude il disco la spiazzante "Wahn", dove un coacervo di voci, urla e grugniti, debitamente trattati e riverberati, lascia progressivamente spazio a un crescendo percussivo e a un sottile ricamo di mellotron.

Toccato l'apice della loro sperimentazione, i Tangerine Dream virano col tempo verso un'elettronica più composta e suadente, ma non meno interessante, come dimostra Phaedra (1974), l'album che introduce quel trascinante ritmo elettronico che farà la fortuna di molte loro produzioni successive.
La splendida title track è una trance cosmica di quindi minuti, che si snoda in diversi passaggi, tra i quali, memorabile, quello segnato da una struggente linea melodica di tastiera, avvolta in una nuvola di spaventosi effetti di moog e mellotron. Si conferma ancora una volta l'approccio classico della band, capace di riuscire a forgiare un suono ben intellegibile anche nell'apparente caos. Lo confermano anche due emozionanti piece come "Mysterious Semblance At The Strand Of Nightmares" (un solo stupefacente di Edgar Froese, alle prese con maestose cattedrali di synth), e "Movements Of A Visionary", tema ancor più sperimentale che fa leva su voci trattate e bisbigli per conferire un senso ancor più straniante ai suoi arpeggi, in una costante alternanza tra ritmo e stasi.

A quel punto Froese inaugura con Aqua una carriera solista che proseguirà negli anni a fianco di quella insieme agli inseparabili Franke e Baumann.
Alla fine del '74 i Tangerine Dream sono protagonisti di una memorabile esibizione insieme a Nico nella cattedrale di Reims, in Francia.

Nel 1975 esce Rubycon, album che attenua la tensione melodrammatica dei lavori precedenti per convergere verso atmosfere sempre più quiete e limpide. Considerato il vertice del "figurativismo" dei Tangerine Dream, disco d'oro anche in Australia, è un lavoro che si affida in gran parte ai tenui vagiti delle tastiere, al crescendo dei sequencer, a una galassia frastagliata di timbri.
Resta comunque viva la componente sinfonica e quasi "barocca" delle suite dei Tangerine Dream. Ne è un saggio l'iniziale "Rubycon Part 1", che prende corpo lentamente, da un abbrivio gelido e rarefatto, fino alla progressiva apertura verso suoni più "aerei" e caldi, con le ritmiche modulari di sequencer assecondate da brevi frasi melodiche, disegnate dal mellotron, dagli archi e dall'organo e dai cori sintetici. Il secondo lato ("Rubycon Part 2") prosegue su queste tonalità soffuse, fino all'evanescenza del suono finale, in cui restano solo parute e remote melodie perse negli spazi sconfinati.
Trentacinque minuti di elettronica purissima, che confermano tutto il talento della band tedesca, alla faccia delle successive (e stucchevolissime) dispute su una loro presunta "deriva commerciale".

Le successive opere accentuano l'"umanizzazione" della musica stellare dei cibernauti berlinesi, che si guadagnano negli anni la fama di "Pink Floyd tedeschi". Ricochet (1976) è un altro raffinato saggio di elettronica suadente e melodiosa, che si snoda tra spartane basi elettroniche e sinuose improvvisazioni strumentali melodiche. Due sole le tracce, per circa venti minuti complessivi, ricavati attraverso diverse incisioni dal vivo, provenienti in gran parte dalla serata al Fairfield Halls di Croydon, Londra.
Tenere armonie melodiche si alternano a improvvise escursioni di ritmo, ma senza mai destare l'ascoltatore da questo lento scivolare in una trance cosmica. Sibili siderali, venti spaziali, armonie dal fascino classico, pattern ambientali si alternano in uno spartito sì più "controllato" rispetto agli esordi, ma certamente non meno elegante.
Stratosfear (1976), primo album senza più suite interminabili, non rinuncia a interessanti sperimentazioni, come l'adagio malinconico di "3 Am At The Border" o la digressione classicheggiante di "The Big Sleep In Search Of Shades", segnando un timido ritorno a strutture più rock, grazie anche al recupero di strumenti tradizionali come piano e chitarra.

Nel frattempo, Baumann abbandona il gruppo, sostituito da Steve Jollife degli Steamhammer e successivamente da Johannes Schmoelling: quest'ultimo apporterà un contributo fondamentale al Tangerine-sound degli anni 80.
Il momento musicale, nel frattempo, non è più così favorevole: l'esplosione del punk, della new wave e del primo synth-pop (quest'ultimo pure grande debitore della musica cosmica), mettono in crisi una concezione dell'elettronica che, oltre alle avanguardie tedesche (Tangerine Dream, Can, Schulze, Kraftwerk, Neu!, Faust), aveva trovato interpreti di primo piano anche in Gran Bretagna (Brian Eno) e in Francia (il più "accessibile" Jean-Michel Jarre).

Con Cyclone (1978), Froese tenta di rilanciare le azioni della band, dando spazio per la prima volta al canto (a cura di Steve Jolliffe, anche ai fiati e alle tastiere), ma l'esito lascia più di un dubbio. "Madrigal Meridian" è comunque un buon esempio di questo nuovo sound, in cui ritmi percussivi vanno a dar nerbo ai soffici arpeggi delle trame.

Force Majeure (1979) tenta la carta del ritorno a un estroso rock strumentale nello stile di Mike Oldfield, forte dell'aggressiva title track, dell'assalto chitarristico di "Thru Metamorphic Rocks" e di quella "Cloudburst Flight" destinata a divenire un classico dei loro concerti. Un tentativo certamente coraggioso, ma che riesce solo in parte. 
Tangram (1980), invece, ripropone una lunga suite in due parti, rivelando qua e là i segni di una ritrovata vivacità elettronica, grazie al connubio tra gli intarsi di chitarre e i tappeti sintetici.

Il decennio 80 inizia nel segno di dischi sempre ben confezionati, ma non pienamente convincenti in fase di scrittura (White Eagle, Hyperborea, Underwater Sunlight), ma segna anche per Froese e compagni l'inizio di una prolifica attività cinematografica. La colonna sonora per "Sorcerer" li fa conoscere a Hollywood, seguono poi "Thief", "Wavelength", "Risky Business", "Firestarter", "Flashpoint", "Heartbreakers", "Legend", "Near Dark", "Three O'Clock High", "Shy People", "The Keep", "Red Heat", "The Park Is Mine", "Forbidden", "Vision Quest", "Destination Berlin", "Dead Solid Perfect", "Tangents", "Man Inside", "Miracle Mile", molte delle quali ancora inedite.

Anche se la qualità delle loro produzioni è ormai in fase calante, l'impronta dei Tangerine Dream resta ancora ben visibile sull'intero movimento del pop elettronico degli 80 e sulla successiva scena new age, di cui si possono considerare tra i più significativi precursori. Come Jean-Michel Jarre e ancora più dei Kraftwerk, i "tardi" Tangerine Dream riescono a radunare masse oceaniche per quei concerti di musica elettronica solitamente riservati a platee ristrette.
Da pionieri si trasformano in divulgatori, sfornando un'infinita serie di 45 giri ed esibendosi in ogni angolo del mondo (l'intensa attività live è testimoniata da una sfilza di dischi dal vivo, da Encore a Logos, da Pergamon a Live Miles, da Poland a 220 Volt). Quella dei cibernauti berlinesi si rivela un'autentica saga, in volo tra Berlino e Hollywood. "La nostra è una lunga storia che può essere divisa in vari episodi - spiega Edgar Froese -. A parte le innovazioni tecnologiche, è come se avessimo tenuto in questi anni una specie di diario. Qualsiasi cosa siamo stati o abbiamo fatto, come individui o come gruppo, può essere letto in quello che abbiamo fatto sul palco o nei dischi. Ascoltare la nostra musica è come leggere la nostra storia, è un libro aperto".

Nel 1987 anche Franke abbandona Froese, che prosegue il suo discorso cooptando il figlio Jerome e sfruttando abilmente il filone new age. Un anno dopo lascia anche Schmoelling, sostituito da Paul Haslinger e (per un breve periodo di tempo) Ralf Wadephul.

Optical Race (1988) è il primo disco dei Tangerine Dream a uscire per la Private Music Records dell'ex compagno Peter Baumann.

Negli anni Novanta, anche nuove tendenze musicali, come il post-rock siderale dei Labradford, riporteranno alla luce i suoni dei Tangerine Dream. Per non parlare dell'enorme influenza che i berlinesi eserciteranno sulle scene house e techno (due nomi su tutti: Laurent Garnier e Underworld).
Ma nel frattempo la musica dei cibernauti di Zeit perderà per sempre quell'anima solenne, inquieta e visionaria che l'aveva caratterizzata fin dalle origini.

Lily On The Beach, Melrose, Turn Of The Tides, Tyranny Of Beauty e tutti i vari successivi lavori sono emblematici del nuovo corso, ormai stanco e appannato, della band tedesca, che si tiene in piedi solo grazie alla classe e al mestiere.
Il passaggio alla Miramar precede il disco del 1992, Rockoon, che frutta all'ormai attempata compagnia una delle loro sette nomination ai Grammy.

La band tedesca continuerà a pubblicare album dal vivo, remix, opere in studio e colonne sonore, senza rinunciare alla sua proverbiale prolificità nemmeno negli anni Duemila. Con il ritorno nell'organico di Edgar Froese nei concerti, ci sarà spazio anche per il suggestivo live Inferno, che documenterà la loro performance ispirata alla "Divina Commedia" di Dante, seguito due anni dopo da Purgatorio. Nel 2006, Rocking Mars insegue l'ennesima (e stanca) commistione tra rock e suoni sintetici, mentre, un anno dopo, Madcap's Flaming Duty, che festeggia nel peggiore dei modi i quarant'anni di carriera della gloriosa ditta tedesca, all'insegna di un synth-pop bolso e logoro, ad accompagnare testi basati sulla poesia anglo-americana del XVII e XVIII secolo. Il tutto con dedica a Syd Barrett, che difficilmente avrebbe apprezzato...

L'appannamento progressivo dell'ultimo ventennio, tuttavia, non deve alimentare dubbi sulla grandezza di uno dei progetti fondamentali della storia della musica elettronica. I Tangerine Dream hanno lasciato in dote alle generazioni successive un patrimonio di inestimabile valore. Un monolite che val bene un'odissea spaziale.

Tangerine Dream

Discografia

Electronic Meditation (Relativity, 1970)
Alpha Centauri (Relativity, 1971)
Zeit (Relativity, 1972)
Atem (Relativity, 1973)
Phaedra (Virgin, 1974)
Rubycon (Virgin, 1975)
Ricochet (Virgin, 1976)
Stratosfear (Virgin, 1976)
Encore (Virgin, 1977)
Sorcerer (soundtrack, MCA, 1977)
Cyclone (Virgin, 1978)
Force Majeure (Virgin, 1979)
Tangram (Blue Plate, 1980)
1970-1980 (anthology, 1980)
Thief (soundtrack, Asylum, 1980)
Exit (Elektra, 1981)
White Eagle (Virgin, 1982)
Logos (Virgin, 1982)
Hyperborea (Virgin, 1983)
Wavelength (soundtrack, 1983)
Risky Business (soundtrack, Virgin, 1983)
Firestarter (soundtrack, Varese Sarabande, 1984)
Flashpoint (soundtrack, One Way, 1984)
Poland (Relativity, 1984)
Le Parc (Relativity, 1985)
Dream Sequence (anthology, 1985)
Heartbreakers (soundtrack, Virgin, 1985)
Legend (soundtrack, MCA, 1986)
Pergamon (Caroline, 1986)
Underwater Sunlight (Relativity, 1986)
Tyger (1987)
Near Dark (soundtrack, 1987)
Three O'Clock High (soundtrack, 1987)
Shy People (soundtrack, Atlantic, 1987)
Live Miles (Caroline, 1988)
Optical Race (Private Music, 1988)
Lily On The Beach (Private Music, 1989)
Destination Berlin (Hansa, 1989)
Melrose (Private Music, 1990)
Dead Solid Perfect (Silva Screen, 1990)
Tangents (1990)
Man Inside (EMI, 1991)
Miracle Mile (soundtrack, 1991)
Canyon Dreams (soundtrack, 1991)
Rockoon (Miramar, 1991)
Private Music (anthology, 1992)
220 Volt (Miramar, 1993)
Turn Of The Tides (Miramar, 1994)
Story of Tangerine Dream (anthology, 1994)
Mystery Tracks, Vol. 2 (1994)
Catch Me If You Can (Edel, 1994)
Tangents: 1973-1983 (anthology, 1994)
Tyranny Of Beauty (Miramar, 1995)
Dream Mixes (Miramar, 1995)
Dream Music 2 (1995)
Dream Roots Collection (1996)
Goblin's Club (Castle, 1996)
Zoning (Repertoire, 1996)
Book of Dreams (Castle, 1996)
Shepherd's Bush (1996)
Three Phase (1997)
Tournado Live (Resurgent, 1998)
Best of Tangerine Dream: The Pink Years (anthology, 1998)
Analogue Space Years 1969-1973 (anthology, 1998)
Ambient Monkeys (TDI, 1998)
TimeSquare - Dream Mixes II (TDI, 1998)
Transsiberia (Tangerine Dream, 1999)
Hollywood Years, Vol. 1 (1999)
Hollywood Years, Vol. 2 (1999)
Timesquare (TDI, 1999)
Valentine Dream (1999)
Atlantic Walls (1999)
Atlantic Bridges (1999)
Mars Polaris (Tangerine Dream, 1999)
Quinoa (Tangerine Dream, 1999)
Dream Encores (Tangerine Dream, 1999)
Sohoman (Tangerine Dream, 1999)
Architecture in Motion (Miramar, 1999)
Dream Sequence: The Best of Tangerine Dream (anthology, 2000)
Best of the Blue Years, Vol. 2 (anthology, 2000)
Soundmill Navigator (TDI, 2000)
Tang-Go (2000)
Live Miles (2000)
Great Wall of China (Tangerine Dream, 2000)
Antiques Dreams (Tangerine Dream, 2000)
Best of the Blue Years (2000)
Seven Letters from Tibet (TDI, 2000)
Dream Mixes, Vol. 3 (anthology, TDI, 2001)
Inferno (live, Tangerine Dream, 2002)
Mota Atma (Tdp, 2003)
Dream Mixes, Vol. 4 (anthology, Tangerine Dream, 2004)
Purgatorio (live, Tangerine Dream, 2004)
Jeanne Darc (Tangerine Dream, 2006)
Rocking Mars (Tangerine Dream, 2006)
Madcap's Flaming Duty (Voiceprint, 2007)
Pietra miliare
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