Klaus Schulze

Irrlicht

1972 (Ohr)
elettronica

Il "kraut-rock" è stato uno dei movimenti musicali più rivoluzionari del XX secolo. Le virgolette sono d'obbligo, poiché, a rigore, si dovrebbe parlare piuttosto di un clima diffuso, in una Germania - quella a cavallo tra i Sessanta e i Settanta – esposta, ormai senza più difese, alle urticanti radiazioni del rock d'oltremanica e d'oltreoceano. Clima diffuso, si diceva: anche perché non vi fu omogeneità di stili e d'intenti. Tuttavia, almeno per le compagini più lungimiranti, si potrebbe parlare di una comune volontà avanguardistica; iconoclasta, spesso oltranzista. Il kraut rock (questo il nome, venato di ironia, con cui si volle definire il rock tedesco di allora) volle partire dagli esperimenti di Stockhausen; tenne conto di certo free-jazz; s'innamorò della psichedelia; rispolverò l'espressionismo. Nello stesso tempo, andava rivolgendo lo sguardo in alto; molto in alto. Era il preludio alla nascita della "musica cosmica", ove quell'aggettivo indicava tanto uno stile, quanto un afflato universale.

All'origine, i Tangerine Dream (la band che codificò il genere), persi, inizialmente, nel vano tentativo di veleggiare al largo sulla scia dei primissimi Pink Floyd ("Electronic Meditations"). Poi, la svolta: "Alpha Centauri", "Zeit", "Atem"… ovvero, l'incanto, la meraviglia, l'estasi di fronte agli spazi siderali. Ma, come dire?, un abbandonarsi, andando alla deriva, che non era esente da sottili sfumature interiori, invero tormentate, drammatiche.

Klaus Schulze, che aveva militato nella band di Edgar Froese, dopo un periodo negli Ash Ra Tempel (Manuel Göttsching, altro viandante cosmico…), se ne ricordò quando, messe da parte le esitazioni, nel 1971 decise di scandagliare in prima persona lo spazio. Dirà in seguito che stava cercando un modo per dare sfogo alla sua fantasia. Musicalmente, il progetto di Schulze si concretizzava in un peculiare uso di sintetizzatori, moog e sequencer, finalizzato a creare lunghe suite liquide, racchiuse in pochi, ma suggestivi accordi, e immerse in atmosfere oniriche. Ne venne fuori un esordio dirompente: "Irrlicht" (1972), la vetta più alta da cui il rock abbia mai guardato le stelle.

L'opera, suddivisa in tre movimenti ("Ebene", "Gewitter" e "Exil Sils Maria"), è uno dei grandi capolavori della "kosmische musik" e della storia del rock. Schulze suona organo, chitarra, percussioni e crea il suono di un'orchestra attraverso diversi strumenti elettronici. "Quadrophonische Symphonie für Orchester und E-Maschinen" si legge nel sottotitolo. In pratica, l'orchestrazione di un tormento, di un'inquietudine, di uno spasmo gelido che lascia vibrare la mente e il cuore dinanzi al mistero dell'illimitato, che, mentre spinge alla sublimazione, evidenzia, di sfuggita, la finitezza del genere umano. L'incanto svela la tragedia di un vagare senza direzioni. "Smarrimento" potrebbe essere un termine appropriato. Smarrimento che esige forme mutevoli, sfuggenti.

Nell'universo dei Tangerine Dream, i suoni si accumulavano a grappoli, ognuno dei quali spesso seguiva una sua lenta evoluzione spazio-temporale. Ma l'uomo di Berlino pensa a Wagner. Ha in mente una "Endlose Melodie", una sorta di melodia "esponenziale", che si nutre di se stessa e da se stessa trae visioni sconfinate.

Il primo movimento di "Irrlicht" ("Ebene"; 23'25") viene introdotto da un sibilo di tastiere, manco a dirlo, "astrale". Una vibrazione magmatica, fluorescente, dipana un'atmosfera thriller, mentre i violini iniziano a crepitare in lontananza. La potenza immaginativo-descrittiva sviluppata è impressionante. La "Orchester", filtrata dai meandri tortuosi delle "E-Maschinen", è responsabile di una intensità spaventosa, spia dello scontro tra l'uomo (la sua "sehnsucht") e il cosmo, con il suo muto, immobile, accadere. Gli accordi filiformi del synth troneggiano in un fondale vuoto. Droni raccapriccianti ondeggiano rovinosi sulla superficie del Silenzio. Il suono si dilata fino all'inverosimile, vertiginosamente, in un terribile delirio di paura.

Schulze condensa il tutto in un mistico amplesso tra musica ambientale ante-litteram e sussulti cosmici. Ma è un "ambiente totalizzante" quello con cui deve fare i conti. Perciò, gli è impossibile descriverne i caratteri atmosferici con semplici pennellate. Ha necessità, dunque, di disporre anche di tonalità metafisiche, impalpabili. Così, i "continuum" e i suoni protratti all'infinito spostano ulteriormente il baricentro di questo "sinfonismo astrale" verso dimensioni parallele. Anche lo spazio, allora, così come il tempo, risulta essere trasposto, riconfigurato su di una matrice espressionista.

A 9'56", preannunciato da scie abbaglianti che precipitano da qualche costellazione incenerita, l'organo a canne si protende, disperato, in un volo solenne, incastonato in un lago di vortici atterriti. Come un Ulisse moderno, Schulze depone ogni remora e oltrepassa colonne su colonne. La progressione si fa sempre più insostenibile e cadenzata, fino al collasso, liberato in un'esplosione catastrofica. La musica si accartoccia su se stessa ("Gewitter – Energy rise energy collapse"; 5'38"), impietosamente ridotta a riverbero sintetico senza più l'ardore di "sintetizzare" l'ebbrezza del volo ascensionale, intergalattico, ultra-terreno. E' il frantumarsi irrefrenabile delle "magnifiche sorti e progressive" contro la sacralità dell'universo, contro il suo gelido autismo. E', dunque, la stasi: avvolgente come una nebulosa. Placata la sua temerarietà incandescente, l'organo tesse micro-vibrazioni che sfioriscono esauste, come fiamme strozzate.

Nel terzo movimento, "Exil Sils Maria" (21'27"), il cosmo è ormai già l'inferno adombrato di barlumi paradisiaci. Alla prodigiosa forza titanica di "Ebene" subentra la disperazione del nulla. Lo spazio è definitivamente declassato a mero ammasso di asteroidi impazziti e di pulsar agonizzanti. Come erosa da una de-strutturazione interna, la mimesi cosmica sembra a questo punto capovolgersi in pura apologia del negativo.

In questa "spazializzazione psichica del suono" (per dirla con Iannis Xenakis), il flusso emozionale e ininterrotto della psiche trova la sua massima espressività. Poi, proprio mentre la rarefazione ipnotica viene opposta all'intensità del primo movimento, l'indugiare stordito della musica – tra le vibrazioni minacciose e i rumori siderali continui prodotti dai sintetizzatori - si tramuta in una spirale ossessiva. Ma è un'ossessione pacata, invero rassegnata. A 12'48", una luce inquietante (la luce raminga, la "irrlicht"…) sorge dal bordo dell'eternità. E' probabile ci siano scenari sovraumani a emanarne lo splendore irrequieto. Ma ormai il Suono ha più di un presagio di morte. Tra galassie incenerite ed echi riverberati da abissi ancestrali, si lascia inghiottire, completamente e definitivamente, da quella polifonia del Vuoto che è la vera essenza della sublime magnificenza di "Irrlicht".

09/11/2006

Tracklist

  1. Ebene
  2. Gewitter
  3. Exil Sils Maria