Ava Luna

Collettivo musicale di Brooklyn, gli Ava Luna sono un interessante progetto art-funk attivo da ben nove anni, spesso paragonati ai Dirty Projectors per la loro destrutturazione lirica e ritmica, che è altresì figlia dei Contorsions di James Chance.
Interessante e stimolante, il progetto dei newyorkesi è ormai giunto al quinto capitolo discografico, punto nodale di una carriera che sembra non trovare un assetto definitivo. 
“Infinite House” fa seguito all’album più chiacchierato e controverso del gruppo, ovvero “Electric Balloon”, che coniugava con spunti interessanti vecchie tribolazioni no wave e nuove propulsioni indie-funk-rock.

Come direbbe Carlo Verdone, gli Ava Luna proseguono nella loro filosofia del “famolo strano”, inseguendo l’achimia di altre band come Dirty Projectors e Adult Jazz, violentando funk, pop, psychedelia, hard-rock e r’n’b.
Gruppo amato dalla critica indie e rock per un comunque gustoso bipolarismo sonoro, gli Ava Luna si dimostrano abili torturatori dei luoghi comuni del pop, concentrando in un sol brano come “Steve Polyester” jazz, swing, funk, spoken word e post-punk, o innalzando il tiro con un contagioso funky-soul ricco di groove come “Tenderize”, che per un attimo rievoca le ingegnose trame dei Bran Van 3000.

Le ritmiche sono a volte agrodolci (“Roses & CHerries”), i riff sono spesso serrati e pungenti (“Best Hexagon”), e incute rispetto la loro improvvisa discesa verso romantiche escursioni synth-rock come “Victoria”. Resta, però, la sensazione che ancora una volta il gruppo americano abbia paura di varcare i confini della dissonanza, l’effetto sorpresa risulta sempre accattivante, ma inevitabilmente nonsense e distorsione stilistica lasciano una sensazione d’incompiuto che rischia di far accantonare “Infinite House” come l’ultimo tentativo della band di dar corpo a qualcosa di veramente notevole.

14/06/2015