Con ”Hypnophobia”, Jacco si lascia andare alla spensieratezza e alla voglia di divertirsi, rimandando il test di maturità alla prossima stagione.
Meno ambizioso e più naif, il secondo album del musicista olandese non ripropone la stessa quantità di colori e sfumature del predecessore, pur omaggiando ancora una volta la psichedelia beat dei primi anni Sessanta ma tenendo fuori le evoluzioni-involuzioni del progressive-rock.
Se ai Foxygen piace indugiare ancora in cervellotiche associazioni di psichedelia e cantautorato pop, Jacco Gardner continua a preferire il versante più silly (sciocco) con canzoncine come “Face To Face” che sembrano spuntare da oscuri album dei sixties licenziati come inutili e superflui, e che oggi dopo 50 anni ci affanniamo a recuperare come esemplari capolavori d’innocenza e deliquio sonoro, la stessa beata leggerezza che fa di “Find Yourself” un instant-classic.
Non nego che “Hypnophobia” suoni in parte come un passo indietro per Gardner, gli otto minuti di “Before The Dawn” sono i più entusiasmanti e anche i più controversi dell’album, e tracce come “Make Me See” sono superflue. D’altro canto “Grey Lanes” si candida come il brano più amabile della sua carriera e “All Over” ripropone la splendida alchimia di toni e colori dell’esordio.
Album di transizione, “Hypnophobia” cerca di rinnovare la prospettiva sonora del musicista con una produzione che evidenzia già dalle prime note di “Another You” il tono più disincantato del progetto, e basta comunque un brano come ”Brightly” per giustificare la nuova direzione sonora di Gardner, musicista dà prova di una sempre maggior confidenza con il songwriting, promettendo per il futuro una buona dose di emozioni.
(21/05/2015)