Meglio essere subito chiari: gli unici Napalm Death che davvero contano, gli unici che saranno ricordati negli annali delle musiche estreme (e non solo) sono quelli dei primi due dischi: “Scum” e “From Enslavement To Obliteration”. Tutti gli “altri” (impegnati a declinare un verbo grind sempre più orientato su trame death) li lascio volentieri ai fan a oltranza della formazione inglese.
Da tempo, infatti, Shane Embury e soci sono sostanzialmente interessati a non scontentare i loro affezionati seguaci, senza dare scossoni veramente significativi in fatto di creatività. Così, nel solco del precedente “Utilitarian”, “Apex Predator – Easy Meat”, dopo aver aperto il sipario con un oscuro rituale memore dei Killing Joke, esplode nelle orecchie con la violentissima deflagrazione grind di “Smash a Single Digit”, cadenzando, quindi, un poderoso hardcore (“Metaphorically Screw You”) e spingendo sul groove con una “How the Years Condemn” che non manca di fare leva su dissonanze e piglio barricadero.
Con il solito Russ Russell in cabina di regia, il disco è imperniato su una produzione priva di sbavature, per cui ecco il solito suono perfetto capace di far risaltare ogni singolo brandello di brutalità, dai tracciati spigolosi di “Timeless Flogging” ai picchi nevrastenici di “Cesspits” e “Beyond The Pale”, dalle sfuriate più scopertamente grind di “Stunt Your Growth” alle tonalità solenni di “Hierarchies” e “Adversarial/Copulating Snakes”, passando per una “Dear Slum Landlord” che fa rifiatare un attimo, pur se con torride movenze Godflesh. Ma è una brutalità che, per chi è abituato a masticare roba estrema, senza fermarsi alla superficie e alle apparenze, finisce per risultare a tratti anche stucchevole, tanto che mi sento di prendere per buone le parole del cantante Mark "Barney" Greenway: “Alcuni dei suoni che usiamo sono deliberatamente 'progettati' per infastidire la gente, non c'è dubbio”. Ecco: un certo fastidio...
11/02/2015