Anche Abra ha un approccio fai-da-te, e pure nel suo caso non si tratta solamente di estetica. La sua è una presenza da ragazza interrotta, venata da una sensualità esuberante ma ancora acerba e incerta sul da farsi. Non vi è alcun punto di arrivo, dal momento che la gioventù è ancora in ampio s(con)volgimento. Il retaggio anni 80 che serpeggia tra le linee della sua musica - suggerito a noi europei pure dall'altisonante parolone darkwave - è dovuto più da una mancanza di software adeguati che non da una specifica presa di posizione artistica. Del resto il ritmo dei suoi pezzi non segue i convenzionali canoni r&b, e di conseguenza l'atmosfera fluttua eterea come se fosse filtrata attraverso vaghe memorie di un'era della quale si è solamente sentito parlare in qualche programma Tv - uno stile che già si respirava a pieni polmoni nell'Ep di debutto "Blq Velvet" e soprattutto sul suo primo album "Rose", del quale infatti faceva parte uno dei pezzi più belli e suggestivi di quest'intera stagione, "Fruit".
"Princess" in questo senso è solo un altro mini-capitolo della saga, ma è altrettanto capace d'insinuarsi sottotraccia e stazionare tra i neuroni nel retro del cervello, facendo capolino nei momenti di noiosa malinconia e appiccicosa afa estiva. Stavolta a far da traino ci sono "Crybaby", un impalpabile pezzo al profumo di synth-pop sbavato di chill-wave, e una "Vegas" che impiega effetti di tastiera vecchi quanto una hit di Mel & Kim, ma in bocca ad Abra il tutto assume un tono instabile e al contempo affascinante.
Impossibile, e soprattutto inutile, tentare di stabilire se Abra avrà un futuro da popstar o meno. La sua musica è come un affresco, un sentimento di vago spaesamento catturato in momento estemporaneo e buttato su nastro senza stare a pensarci troppo sopra, complice anche un confessato uso non indifferente di marijuana, che evidentemente aiuta non poco a confondere i bordi della percezione, e di conseguenza sbavare le linee di tastiera. Ma il talento di Abra sta proprio nel suo trasmettere insicurezza e paranoia, nel suo farsi voce di una generazione persa e indecisa sul proprio futuro, e pertanto costretta ad aprire la bocca per esprimere quei sentimenti che altrimenti si farebbero soffocanti se repressi nel silenzio della psiche.
Non sarà certo "Princess" a sconvolgere le sorti di questa ragazza, ma era doveroso presentare una delle voci più particolari del panorama indie americano. Se vi siete fatti incuriosire dal racconto (o anche solo dalle tette in copertina), benvenuti nel mondo di Abra.
(09/08/2016)