Dopo undici lavori, milioni di fan sono ancora in fermento chiedendosi come sarà il nuovo album di Ligabue. C'è da chiedersi quali siano le ragioni di questa attesa; da un quarto di secolo ormai Ligabue propone pedissequamente lo stesso tipo di ricetta, condito con pensieri e idee uguali, fin dal suo lontano esordio. L'unico album leggermente diverso dai suoi tipici Lp di un pop-rock, negli anni divenuto sempre più patinato, è stato quel "Sopravvissuti e sopravviventi" (1993) poco amato dai fan proprio perché poco rassicurante e compiacente per chi è alla ricerca dell'eterna ripetizione consolatoria di ciò che è già noto.
Quello che Ligabue aveva da dire lo aveva già detto nei primi anni Novanta. Prima la musica, poi il cinema e infine i tentativi letterari dimostrano chiaramente un'innegabile ansia comunivativa che è l'aspetto più lodevole e apprezzabile della sua intera carriera. Ma oggi non ha più senso ripetere la stessa forma-canzone sempre identica a se stessa, gli stessi concetti ribaditi sino alla nausea, quella voglia di identificazione tanto ampia e vaga in cui tutti possono riconoscersi, dove c'è continuamente quella falsa duplicità tra un "Noi" buono e un "Loro" cattivo, dove il confine è tanto ambiguo di modo che tutti possono riconoscerci nel "Noi". Scomodando la grammatica nietzschiana, Ligabue rappresenta perfettamente l'eterno ritorno del sempre uguale. Confortevole, rassicurante e privo di pericoli come una domenica passata a casa di un nonno anziano ma in buona salute, dove non può succedere nulla di sbagliato o di imprevisto.
Il formato concept non aggiunge nulla al solito sound di Ligabue; la storia di Riko - per fare in modo che tutti si riconoscano - non può che essere di grande superficialità e vaghezza. La musica semplicemente non esiste, tanto uguale a se stessa e priva di spunti da far sembrare i pochi secondi di fiati vere boccate di ossigeno. I momenti più dignitosi di "Made In Italy" si hanno quando Ligabue si fa leggermente da parte, cioè nei brevi abbozzi folk di "Meno male", "Quasi uscito" e "Apperò". Quando Ligabue si allontana ancora di più da quello che è sempre stato, raggiunge il suo momento migliore, addirittura arriva a sorprendere con i cori di bambini di "Un'altra realtà", ninna nanna infantile alla Bruno Lauzi che chiude con un certa poesia un album che - per il resto - avevamo già sentito ventisei anni fa.
(02/12/2016)