Una scenografia sonora in chiaroscuro, con ampio spazio per silenzi e sommessi giochi d'intarsio, insomma il palcoscenico della temuta "maturità artistica" per la Hannigan.
La freschezza fa così spazio a più tetre e spettrali tirate ("Fall", "Tender"), immancabili brani a cappella come il canto "tradizionale ma inedito" "Anahorish", algide interpretazioni con accompagnamento elettronico ("Barton"), e più alate "arie", preghiere Peris-iane ("Ora").
Il tutto sembra indulgere, nonostante l'apparenza seriosamente chamber-folk, nell'immagine "carino-romantica" della Hannigan, che per altro non ha un repertorio eccezionale da dedicare a questo presunto salto di qualità espressivo, con una scrittura spesso davvero risicata e senza intuizioni ("Funeral").
Il tono così compreso e minimalista (di un'eleganza prevedibile) si scontra così con lo scarso interesse dell'ascoltatore per le canzoni di questo "At Swim", con il loro scarsissimo dinamismo, accentuato da una certa piattezza negli arrangiamenti. La sensazione di un'operazione di facciata rimane, alla fine, predominante.
(07/09/2016)