Maja Osojnik

Let Them Grow

2016 (Rock Is Hell)
gothic, songwriter

Forte di svariate esperienze di gruppo (Low Frequency Orchestra, Frufru, etc.), che culminano con una propria band (“Crne Vode”, 2010), e una serie di pièce per nastri ed elettronica e installazioni (“Random Act Of Kindness”, “Adjusting The Bleach”, “All The Terms Are Here”, “Escapes” etc.) la viennese Maja Osojnik debutta con la sua opera personale, “Let Them Grow”, un album selvaggiamente sperimentale.

La sua liturgia, un po’ rito sciamanico un po’ seminario sull’arte di ricerca, comincia con l’invocazione-raga-mantra “Tell Me”, ma con tono lamentoso e altero di chanteuse, in un antro di trasformazione di suoni, qualcosa tra la meccanicità di Laurie Anderson e il “toccar il fondo” Robert Wyatt-iano. Un altro preludio, “Authority”, altra oscurità in pianissimo divelta da un bombardamento elettronico e cupe vibrazioni degli archi, è specchiata in fondo all’album da una “Authority B-Side” alluvionata da gorghi gregoriani e scrosci di percussioni, e poi giustiziata dalle stilettate iraconde del contrabbasso. “Hello I Can Not Find My Head” riecheggia gli incubi di Jarboe, ma ne aumenta le dosi di alea e rumorismo, fino a farne una rilettura di Diamanda Galas in una coda di dissonanze glaciali Ligeti-iane.

Una sorta di coerente contraddizione è “Nothing Is Finished Until You See It”, un numero etereo e ancor più divistico, una Billie Holiday deformata irrealmente sui rimbombi del pianoforte riprocessato, uno dei primi grandi superamenti del canto “gestuale” di Annette Peacock. Così la recitazione-cantillazione rarefatta e dilatata di “Waiting”, e la salmodia su tintinnio disorientante di “A Lullaby To An Unborn Child”. Il funk arcano dell’eponima “Let Them Grow”, probabilmente l’unica cosa minimamente radiofonica dell’intera opera, in realtà si fonda su percussioni rozzamente riverberate, rumori elettronici e voci velocizzate/rallentate.
Questi complessi brani poi trovano uno sfogo paradossalmente più irrazionale in momenti d’intermezzo. La pura cacofonia eruttante dal minuto e rotti di “Wrack” si collega idealmente a quell’estremo remix di litania che è “You Might Be Inherently A Part Of The Problem”, seppellita assieme al caos industriale nel quale è incastonata, fino a numeri relativamente normali come la sonatina esoterica-industriale di “Pale April”.

Soprattutto, la serie delle quattro “Condition” rialza la posta in una sorta di saga sconclusionata, un rebus nel rebus. La prima, probabilmente il vertice espressionista del disco, comincia con rumori esoterici vomitati come in un assolo free-jazz: la sua voce dirompe in una violenta invettiva in un caos di martelli pneumatici, una danza infernale (e un inferno tutto mentale). Molto più brevi seconda e terza, schizzi di percussioni a pioggia su rumori telematici, e una piccola valanga di rumore bianco. La quarta chiude tutto con un om che non possiede alcunché di lieto o armonioso (distorsioni incendiarie, vibrato apocalittici).

La polpa dell’album assomiglia all’archetipo di questo non-genere, le architetture di John Cale per Nico. Osojnik (classe '76, origini slovene), notevole differenza, fa quasi tutto da sola, limitando le apparizioni altrui (archi e batteria) a campionamenti stravolti nella maggioranza dei casi. Un’orchestrazione fondata su un’estrema stratificazione sonica, e una padronanza impressionante di tecniche vocali e strumentali, ne fanno un eccellente mosaico di reietti sonici che ha tante possibili letture metaforiche, e nessuna: il baratro. “Un astrofisico spogliarello dell’anima, tra chanson distopiche, mantra primordiali e musique concrete” (Patrick Wurzwallner).

05/02/2016

Tracklist

  1. Tell Me
  2. Authority
  3. Wrack
  4. Condition I
  5. Hello I Can Not Find My Head
  6. Nothing Is Finished Until You See It
  7. Pale April
  8. Let Them Grow
  9. You Might Be Inherently A Part Of The Problem
  10. Waiting
  11. Condition II
  12. Condition III
  13. A Lullaby To An Unborn Child, A Love Song
  14. I Was Dying So I Was Now Probably Dead
  15. Authority B-Side
  16. Condition IV

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