Wallis Bird

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2016 (Caroline International)
alternative songwriter

Prendete “ODOM”, il secondo brano in scaletta di “Home”, e concentratevi su quell'urlo, strategicamente posto a interruzione dello scorrere fisiologico del brano, un continuo crescendo che spinge al limite (e forse pure oltre) le capacità vocali di Wallis Bird. Pura velleità, uno sforzo privo di esiti? Nemmeno lontanamente: è un grido di euforia, la testimonianza di un periodo davvero roseo, quanto si percepisce da un simile sfogo, dall'energia che la cantautrice irlandese decide di imprimervi, a costo di compromettere interamente la riuscita del brano. A due anni dal pasticciato e altalenante “Architect”, che si faceva partecipe del trasferimento a Berlino e dell'affiorare di un nuovo sentimento amoroso, il quinto album della dirompente polistrumentista e songstress di Enniscorthy racconta invece dell'evolversi e del consolidarsi di quella relazione al tempo appena avviata, di come lo spostamento in Germania (nella quale è ormai un'artista piuttosto popolare) sia coinciso con il ritrovamento di una nuova casa, di una terra da definire quasi come una seconda patria.

Nessuna perplessità quindi se, eccettuando il tocco più riflessivo e malinconico dell'iniziale “Change” (piazzata in apertura quasi a voler archiviare tutte le turbolenze del passato), le canzoni del nuovo disco tendenzialmente sono contraddistinte da grintose sottolineature ritmiche, da maggiore vitalità melodica, da testi che a costo di suonare lievemente smielati, articolano alla perfezione tutta la felicità che ha invaso l'animo di Bird. In questo straordinario stravolgimento emotivo, la creatività della cantautrice non rimane ferma al punto di partenza, ma si trova avvolta da una nuova fiamma ispiratrice, che non soltanto la vede prendere in pugno gran parte del processo produttivo e suonare pressoché ogni strumento, ma finalmente ha sfoderato gli artigli e ha saputo interpretare con maggiore personalità e autocontrollo le derive sperimentali che purtroppo avevano guastato irrimediabilmente il precedente album. E se anche non si trova a questo giro un pezzo soltanto voce e chitarra, non se ne sente propriamente la mancanza. La quantità di idee spalmate nelle undici canzoni di “Home”, se anche non arriverà all'incredibile omogeneità qualitativa di “Wallis Bird”, compie un'ottima inversione ad U rispetto ai più recenti tentennamenti, giocando con coloriture e una spazialità compositiva del tutto nuova per la cantautrice. Non sorprende insomma, se per molti questo album sa di primo vero traguardo per l'irlandese.

In realtà la scrittura non sempre riporta dietro ai fasti del 2012 (la mirabile essenzialità di una “Dress My Skin...” appare ancora un miraggio lontano), ma sono ben pochi i momenti che non presentano qualche caratteristica interessante, che non parlano di una diversa consapevolezza artistica. Con l'intensità dei sentimenti per la sua compagna (a cui il lavoro è dedicato) a porsi come concept narrativo, il disco si snoda attraverso passaggi caratterizzati da scelte stilistiche spesso in netta contrapposizione, unificate però dal lirismo poderoso di Bird, che reclama con forza ogni decisione effettuata, la personalizza e la rende plausibile. Nasce così la title track, che riesce a  sguarnirsi di ogni contributo strumentale e poggiare soltanto sull'accurato fiuto melodico della cantautrice, di suo capace con la propria voce di fornire al brano notevole presenza ritmica e compattezza espressiva. “Pass The Darkness”, confessione sommessa dal tocco corale, non ha bisogno di altro che di un tappeto di steel-pan (impressionante il modo in cui lo strumento non rimanda nemmeno lontanamente ad assolati scenari giamaicani) e delicati puntelli sintetici per esaltare i tratti liturgici della melodia.

Altrove la coralità si esprime con più ampio respiro, spolverando tutto l'amore per la tradizione irlandese senza bisogno di scomodare violini e suggestioni da Temple Bar (“Love”), ma è nel giostrarsi con umori ben lontani dall'usuale che le esplosive performance di Bird trovano nuova linfa vitale, gettano luce su altre possibilità. “The Deep Reveal” scorre anch'essa su un supporto musicale minimale, ma i suoi echi r&b d'antan consentono di focalizzarsi sulle inedite vibrazioni soul della linea canora, mai così calda prima d'ora. Un approccio all'interpretazione che si riflette anche in altri brani, specialmente in quelli dove la cantautrice si trova più slegata da contesti sonori stringenti: “I Want It, I Need It”, tra le pochissime ballad autentiche del lavoro, paventa la possibilità di un futuro segnato da una maggiore presenza di elementi lontani dai vitali trascorsi più strettamente folk, per abbracciare ogni sfumatura espressiva su cui poter verosimilmente dire la propria.

Contro tutti coloro che sostengono che l'amore, o in generale periodi particolarmente positivi, non concilino l'ispirazione e la creazione artistica, Wallis Bird sfrutta invece la potenza emotiva del proprio idillio per recuperare il terreno perduto e rimettersi nuovamente in carreggiata. Visti i risultati, c'è da augurarsi che la sua musa ne ispiri la produzione per molto tempo ancora.

20/10/2016

Tracklist

  1. Change
  2. ODOM
  3. Control
  4. Pass The Darkness
  5. That Leads The Way
  6. Home
  7. Love
  8. The Deep Reveal
  9. Fantasy
  10. I Want It, I Need It
  11. Seasons




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