Richard Kylea Cowie, meglio conosciuto come Wiley, è considerato tra i padri del grime, genere che da un paio di anni sta vivendo un importante ritorno, soprattutto grazie allo sdoganamento al di fuori dei confini del Regno Unito. "Godfather", undicesimo album in studio (e forse ultimo), suona come la chiusura di un percorso iniziato nei primi anni 2000, e che ha rischiato di non vedere mai la luce visto che nell’estate dell’anno scorso l’artista ne ha stoppato la pubblicazione, bollandola come “pointless”.
La lunga carriera di Wiley ha visto successi e flop, come quella di molti pionieri, ma "Godfather" deve essere considerato come uno dei punti più alti. Il londinese ha sempre avuto la capacità di flirtare con l’underground ma anche con il lato più mainstream del grime, almeno a livello nazionale. L’album, per certi versi, può essere visto come la perfetta congiunzione tra questa sua doppia faccia. In tal senso, Wiley sfrutta la nuova notorietà del genere raggiunta specialmente con la pubblicazione l’anno scorso di "Konnichiwa" da parte di Skepta (vincitore del Mercury Prize 2016), fondatore, insieme al fratello JME, del collettivo Boy Better Know di cui fa parte lo stesso Wiley. La BBK è sicuramente l’etichetta attualmente più influente della scena tanto che, dall’anno scorso, annovera tra le sue file niente meno che Drake, a riprova dell’internazionalità raggiunta.
L’album di per sé è un lungo susseguirsi di tracce classicamente grime con ritmi a 140bpm che non deluderanno i fan del genere. Da questo punto di vista, non aggiunge niente di nuovo. È un copione già visto. Tuttavia, non è questo il compito che un album di Wiley deve avere nel 2017. Cowie è stato innovatore, pioniere (tanto da essere inserito dalla Bbc nei “15 più influenti black britons”), ma soprattutto è stato capace di dare forma a un genere che spesso, nel corso degli anni, ha perso la via maestra. I testi sono scritti molto bene, pur con limiti che l’artista ha sempre mostrato.
La produzione è perfetta, ripetitiva come il genere richiede. I guest, tra i quali figura anche il protégé Skepta oltre a Devlin, Frisco e JME, sono tutti azzeccati. È l’album che i fan aspettavano dopo un paio di lavori non godibilissimi e poco ispiratati. "Godfather" segna il ritorno, e forse l’abbandono, di Wiley al grime che conta, posizione che dovrebbe avere a prescindere o meno dal successo di una sua pubblicazione.
Sono molti i brani da poter essere considerati dei veri e proprio banger. In “Can’t Go Wrong”, Wiley tesse le lodi della BBK con frasi come “BBK got a lot going onSkepta, that's my brudda, that's my don/ They could never control how man are doing it/ It’s authentic, can't go wrong”. Mentre i singoli “Speakerbox” e “U Were Always, Pt.2” sono forse gli unici momenti meno riusciti dell’intero album.
Non si sa ancora cosa vuole essere "Godfather", né quanto tempo Wiley ci abbia lavorato. Tuttavia, la cura della produzione e dei testi fa pensare a un progetto calcolato nei minimi dettagli su cui l’artista ha speso molto. L’MC di Bow ha cercato, riuscendoci, di reclamare il trono di ciò che ha aiutato a nascere più di un decennio fa insieme ai compagni della Roll Deep. In definitiva, "Godfather", che può essere visto già come l’album grime dell’anno, racchiude al meglio elementi classici ma anche richiami all’evoluzione che il genere ha avuto negli ultimi anni, come in “Joe Bloggs”.
27/01/2017
1. Birds N Bars
2. Bring Them All / Holy Grime ft. Devlin
3. Name Brand ft. JME, Frisco & J2K
4. Speakerbox
5. Back With a Banger
6. Joe Bloggs ft. Newham Generals & President T
7. Pattern Up Properly ft. Flowdan & Jamakabi
8. Can't Go Wrong
9. Bang ft. Ghetts
10. U Were Always, Pt. 2 ft. Skepta & Belly
11. On This ft. Chip, Ice Kid & Little D
12. Bait Face ft. Scratchy
13. My Direction ft. Lethal Bizzle
14. Like It or Not ft. Breeze
15. Lucid
16. Laptop ft. Manga
17. P Money Remix ft. P Money