Forse in futuro cambierà strategia, ricorrendo ad altri meccanismi di comunicazione e a un trasformismo meno marcato, per adesso però Héloïse Letissier sfrutta altri mezzi, calandosi nei panni di un personaggio ben preciso e strutturato in ogni dettaglio, che esemplifichi al meglio la nuova stagione creativa. Fu così per “Chaleur humaine”, che introdusse al mondo il personaggio di Christine, lo è a maggior ragione adesso, che l'autrice francese ha stravolto totalmente la propria immagine e si affida a un alter-ego maschile, modificando parallelamente la sua estetica artistica. Forte di nuove consapevolezze, di una rinnovata sicurezza nei confronti del proprio essere, ma anche del desiderio di una complessità a suo dire riservata soltanto ai performer uomini, la musicista e produttrice veste i panni di Chris, sorta di personaggio drag-king sessualizzato e un pizzico arrogante, dando contemporaneamente il nome al lavoro.
Non un proclama, nemmeno un manifesto (benché sessualità e genere siano colonne portanti del disco), il secondo album, edito simultaneamente in francese e inglese, affonda il coltello nel corpo del pop senza vergogna o esitazioni, sfoderando un controllo melodico e una precisione sonora di grande facilità comunicativa. Anche a sacrificare un pizzico dell'originalità sonora dell'esordio, l'autrice sta costruendo una carriera immediatamente riconoscibile nell'attuale panorama popular internazionale.
Con uno dei ritornelli più memorabili dell'annata in corso e un arrangiamento istantaneamente riconducibile al genio, ancora underground, di Dâm-Funk, “Damn, dis-moi” (“Girlfriend” nella versione inglese) ha impostato da subito lo standard del disco, rivelandone l'appiccicosa facilità melodica e l'approccio vintage al sound, pienamente sintonizzato su un'estetica che pesca dal funk sintetico, dal pop fine anni 80 e da certe sue evoluzioni nei primi 90. Se è chiaro che l'intera impalcatura sonora non offre niente di “nuovo”, nondimeno Letissier sopperisce con un carnet di canzoni di grande classe e lucidità, graziate da una scrittura anche più affilata rispetto al precedente. Il singolo appena menzionato non costituisce insomma una fortunata eccezione, ha soltanto dato il via a una consistente trafila di pezzi che presentano Chris (e Héloïse subito dietro) nel migliore dei modi, in tutta la sua fascinosa complessità.
“5 dols” (molto più avvincente nella sua versione francese) affronta in chiave metaforica i rapporti di potere e il tema della prostituzione in un complicato gioco delle parti, che si riverbera anche nell'allure dolceamara della linea canora, tra le più emotive e commosse del suo repertorio (lo splendido video in chiave “American Gigolo” accentua a dismisura il portato lirico della canzone). “La marcheuse” sfrutta alla grande l'andamento serrato e minimale del beat, imbastendo un racconto di grande pienezza narrativa ed estrema vulnerabilità lirica, che svicola dalla facile aura confessionale attraverso l'andamento dinamico e sinuoso della melodia. Con “Doesn't Matter” Letissier cotruisce probabilmente il migliore singolo della collezione, attraverso un simil-stomper dai sottotesti soul e dalla progressione inesorabile, scandita da un uso efficacissimo delle coloriture vocali e dei bassi, sopra il quale parlare di dolore, desiderio e fede con la massima libertà.
Anche scavando nei momenti precedentemente inediti, l'autrice casca pressoché sempre in piedi. Da “Goya ! Soda !”, brillante motivetto surreale supportato da tratti che riportano agli esperimenti più arditi di “Chaleur humaine”, all'irrefrenabile sensualità di “Follarse”, pura energia synth-funk che avrebbe costituito l'invidia di Zazie o Nâdiya anni addietro, Letissier oramai è un'autrice perfettamente consapevole delle proprie singolarità, delle pieghe più intime della propria indole. Anche per questo la doppia edizione in francese e inglese (entrambe contraddistinte dall'inserzione ed esclusione di alcuni brani, come la scintillante fantasia à-la Prince di “Bruce est dans la brouillard”) mantiene comunque una sua specificità.
Disvelando le proprie riflessioni su queerness, esclusione sociale, sesso senza fronzoli, attraverso due prospettive linguistiche simmetriche e complementari, la musicista lascia intuire un'universalità che trascende le barriere comunicative e narra di sé a un bacino ben più ampio. Si può poi discutere sull'efficacia lessicale delle due versioni, su un inglese poetizzato in maniera a volte forzata, ciò però nulla toglie a un progetto discografico che nel bilinguismo trova un suo cardine fondamentale.
Viva, ormai libera da ogni costrizione e stereotipo, Héloïse Letissier fa ciò che più le piace nelle modalità che trova più consone, giocando con ogni elemento a disposizione nella formulazione di una femminilità sempre più queer, priva di limitazioni, mai però di una sua specifica raffinatezza. Se questa è la premessa per la nascita di una nuova icona, non potrebbe essere più solida.
05/10/2018