Fu Manchu

Clone of the Universe

2018 (At the Dojo)
stoner-rock

Negli anni 90 i Fu Manchu si sono ritagliati una nicchia nel panorama stoner-rock divenendone una delle formazioni di maggior successo. In quel periodo il gruppo californiano proponeva una miscela trascinante e distorta di Black Sabbath e Melvins, arricchita da spunti hardcore-punk, laceranti aperture alla psichedelia pesante e ampio uso del fuzz. Contemporaneamente si consolidava l'attitudine di genere della formazione, che avendo trovato delle coordinate funzionali ai propri intenti musicali vi si è adagiata, raramente deviando dalla formula. Gli anni Duemila sono stati purtroppo avari di soddisfazioni per il gruppo, che ha proposto dei lavori discontinui e anche sottotono, in bilico fra l'incapacità di rinnovarsi e l'adesione a un canone sonoro semplice ed efficace.

L'ultimo disco "Gigantoid" nel 2014 ha mostrato qualche segnale di ripresa, proponendo brani d'impatto, cadenzati e pesanti, meno psichedelici di base ma più rockeggianti rispetto alla norma dei Fu Manchu, senza allontanarsi comunque dalla formula compositiva dei californiani. Nel 2018 esce "Clone Of The Universe", che forse in maniera un po' prevedibile riprende il discorso di "Gigantoid", puntellandolo in maniera certosina e abbinando ai suoni un lato tematico ispirato dalla fantascienza. Al centro dell'attenzione c'è sicuramente il riffing, che propone fraseggi graffianti e decisi, vicini allo spirito hardcore (riuscita soprattutto "Don't Panic") mescolati ad altri più lenti e cadenzati ("Slower Than Light").
Purtroppo a penalizzare l'ascolto c'è quello che, da anni, è sia il punto di forza che il tallone d'achille del gruppo, cioè la somiglianza con quanto già proposto in passato. Ciò non vuol dire che i brani siano deboli, anzi, sono certamente pezzi corposi e orecchiabili; ma come al solito non ci si possono aspettare grandi novità dal gruppo e chi avesse sperato almeno in qualcosa di diverso da "Gigantoid" potrebbe rimanere deluso.
Si tratta quindi di un album più indicato per i fan del gruppo, che conferma l'ostinazione dei Fu Manchu nel proporre una miscela collaudata.

Come canto del cigno dei californiani, però, c'è la suite conclusiva "Il mostro atomico", un'epica e fenomenale strumentale spaziale di 18 minuti che da sola occupa metà album. Con ospite anche Alex Lifeson dei Rush a impreziosire la composizione con i suoi contrappunti elettrici, il brano è davvero un'inedita sorpresa in cui il gruppo gioca a montare, smontare e riassemblare tra di loro riff hard-rock, altri più stoner/psych, distorsioni lisergiche e aperture infuocate in una sorta di jam session poliedrica che ripercorre i suoni più cari al genere. Si tratta senza dubbio del pezzo migliore dell'album e fra i più riusciti nella carriera del gruppo, e potrebbe ben figurare in un'ipotetica playlist di introduzione allo stoner-rock.

08/10/2018

Tracklist

  1. Intelligent Worship
  2. (I've Been) Hexed
  3. Don't Panic
  4. Slower Than Light
  5. Nowhere Left to Hide
  6. Clone Of The Universe
  7. Il Mostro Atomico

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