Proprio da quest'ultimo, peraltro, prese le mosse la collaborazione con Jonny Greenwood che invece, ormai, sembra detenere un'esclusiva per le soundtrack di Anderson. La storica militanza nei Radiohead come chitarra solista non sembra aver sopito la voglia di mettere in pratica gli studi accademici, e l'industria discografica non ha certo perso l'occasione di accaparrarsi un astro nascente della composizione neoclassica: da oltre dieci anni Nonesuch licenzia le soundtrack del talento di Oxford, e dopo "The Master" e "Vizio di forma" dà alle stampe il nuovo "Phantom Thread" ("Il filo nascosto", 2017), la cui uscita italiana è prevista per febbraio.
La macchina da presa e le musiche ruotano attorno alla vicenda professionale e umana di Reynolds Woodcock, maestro della moda inglese negli anni 50, avvolgendola in un manto retrò tanto elegante quanto crepuscolare. E come tutti i rampanti della sua generazione, immancabilmente anche Greenwood attinge al passato cercando di sottrarne all'obsolescenza gli stili più diversi: a darne prova basterebbero le quattro variazioni sul tema principale, presentato in apertura da archi acutissimi e lacrimosi alla Saint-Saëns, poi a guisa di sonata chopiniana per pianoforte e violino, la terza volta con lo stesso incedere solenne della Sarabanda di Händel in "Barry Lyndon", e infine con una profonda riverenza alla Ciaccona per violino solo di Bach.
Greenwood attraversa agiatamente le varie forme della classicità, guardando al "Concerto" d'epoca romantica ("The Tailor Of Fitzrovia") quanto alle enfatiche orchestrazioni hollywoodiane vecchia maniera ("Sandalwood II", la gershwiniana "House Of Woodcock"), mettendone alla testa un pianoforte dal gusto vagamente impressionistico. Ineludibile anche il rimando a Nyman via Greenaway ("Barbara Rose") e a Philip Glass ("The Hem"), sebbene già filtrato dal garbo melodico di Max Richter - ormai una scuola di seconda generazione - che ritorna anche nelle rigogliose fronde d'archi di "Catch Hold". Anomala e prettamente novecentesca, invece, la sommessa fluttuazione cameristica di "Boletus Felleus", animata dallo spirito della New York School.
Se la colonna sonora di "Phantom Thread" fosse soltanto un'abile opera di collage, non staremmo certo a spendervi troppe parole: invece Greenwood apprende e assimila da allievo modello giungendo a una sintesi stilistica non banale e, invero, sobriamente cinematica.
A riconferma di ciò, il 23 gennaio è stata annunciata la candidatura come "Best Original Score", la prima per l'autore inglese: a questo punto una vittoria sarebbe lecita e auspicabile, se non altro per liberarsi dal soffocante impasse dei soliti noti John Williams, Hans Zimmer e Alexandre Desplat.
(24/01/2018)