Leon Vynehall

Nothing Is Still

2018 (Ninja Tune)
ambient, elettronica, nu-jazz

Un'istantanea in bianco e nero del George Washington Bridge, immortalato in un'ora di punta, con i contorni ampiamente distorti, come a voler cancellare l'intera immagine, in una sorta di raffigurazione dei bizzarri meccanismi onirici. Chi ha seguito finora l'eccitante percorso di Leon Vynehall sa come il producer britannico non sia uno che propriamente lascia qualcosa al caso, foss'anche si tratti di un “semplice” artwork. E così, per il suo approdo alla Ninja Tune, l'inglese esemplifica attraverso la copertina del suo nuovo lavoro (curiosamente definito come primo effettivo full-length) i temi e i riferimenti lirici, in un viaggio attraverso i ricordi che ripercorre l'emigrazione dei suoi nonni dal Regno Unito all'altra parte dell'Atlantico. È un tragitto nella memoria, che diventa allo stesso tempo il pretesto per una prima decisa ricalibrazione stilistica.
Mettendo da parte ogni tentazione dance, il musicista elabora polverose fotografie del passato operando di atmosfera e rievocazione, in un campionario espressivo che assolda neoclassica e jazz alla sua causa, ma li piega a una sensibilità compositiva del tutto contemporanea, in uno stimolante confronto tra epoche diverse. Abbandonate le torride cornici house e gli esperimenti technoidi, Vynehall esplora senza remore i suoi impulsi più ambient, firmando così il vero momento di svolta nella sua carriera.

Se è vero che adattare fili narrativi di natura verbale in un contesto prettamente strumentale non è mai propriamente agevole, nondimeno il producer britannico sa come ovviare al problema, costruendo un inquadramento musicale che illustra le memorie del nonno senza l'ausilio di una sola parola. Esperienze di vita, momenti di difficoltà e piccoli attimi di idillio (tutte storie che Vynehall ha scoperto in seguito alla morte del parente) diventano materia plastica, duttile, frammenti di vita che fanno capolino e si raccontano, con una chiarezza e una precisione a cui nessun commento lirico saprebbe aggiungere qualcosa.
Eleganti cascate di archi (a cura del collettivo tutto al femminile Dirty Pretty Strings), scintillanti commenti jazz, puntuali field-recordings costruiscono quindi il corso narrativo entro cui si svolge l'intera azione, in un'operazione che sa far valere la sua struttura concettuale e allontanare ogni forma di traballante vintagismo. Con un importante assetto elettronico, sì quieto e disteso ma non per questo meno sofisticato o privo di tensione, il compositore re-immagina la gioventù dei suoi avi e la New York degli anni 60 con profonda partecipazione emotiva, in un flusso di immagini sonore che premia nuovamente il talento figurativo di Vynehall.

Tra un riferimento al minimalismo di Steve Reich, un accostamento a certe fumose dinamiche da music-club dei tempi andati e atmosferiche cornici urbane, le raffinate tessiture del producer si ripartiscono nei vari capitoli del lavoro con forte senso cinematico, dispiegando la narrazione al loro dipanarsi. Se così sono calde mareggiate e recording ad hoc ad aprire il disco, per una “From The Sea/It Looms” che riflette il viaggio transatlantico compiuto dalla coppia (eccellente il trattamento delicato riservato alle linee ricorsive di archi), il discorso sa farsi ancora più ambizioso nell'evolversi del racconto.
“Trouble”, con la sua struttura tripartita e le evoluzioni inattese, rende onore al proprio titolo, fungendo da vero banco di prova per l'artista, per un brano che dalla complessa ambience sintetica di partenza (reminiscente dei nuovi sperimentatori analogici) giunge a un oscuro gorgo dub, stracolmo di bassi aggressivi e ansiogeni campionamenti vocali. Laddove “Drinking It Again” spinge sul versante della lounge, proponendo una vellutata commistione tra le recenti aspirazioni nu-jazz e i momenti più pacati del precedente “Rojus”, “English Oak” si concede invece un'inusitata evasione verso il dancefloor, risolvendo gli ariosi loop classici della prima metà in un bizzarro pattern deep-house.

Tra siparietti di vita quotidiana in giro per la Grande Mela, illuminati da gentili supporti per synth e pianoforte (l'accoppiata di note a pie' di pagina “Birds On The Tarmac” e “Julia”), e scintillanti passeggiate al parco, inquadrate dai cinguettii degli uccelli (i droni penetranti di “Ice Cream”), l'epica familiare di Leon Vynehall è un inno all'immaginazione e al ricordo, un'opera dai forti tratti sinestetici che perfeziona le già ottime intuizioni del producer. Denso di colori e spunti, ispirato da un sentimento incondizionato che si traduce in un vero e proprio memoriale, “Nothing Is Still” è una delle più intense, calde ed emozionanti dediche mai messe in musica. Tra nostalgia e fantasia, un disco perfetto per accompagnare il placido scorrere delle giornate estive.

01/07/2018

Tracklist

  1. From The Sea/It Looms (Chapters I & II)
  2. Movements (Chapter III)
  3. Birds On The Tarmac (Footnote III)
  4. Julia (Footnote IV)
  5. Drinking It Again (Chapter IV)
  6. Trouble - Parts I, II & III (Chapter V)
  7. Envelopes (Chapter VI)
  8. English Oak (Chapter VII)
  9. Ice Cream (Chapter VIII)
  10. It Breaks (Chapter IX)




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