Accanto al songwriting, all’espressività “bardica”, alla Roy Harper, David unisce ora una musicalità esuberante, che si sviluppa su florilegi chitarristici e strumentali che sembrano riempire di significato lo spazio percepito (“Grail”), all’insegna di una luminosità mai stucchevole (“Lulling For A Greener Man”, "Amber"). Il disco è in generale uno dei migliori esempi mai sentiti di come pochi elementi possono insieme diventare veicolo di strutture di complessità e profondità insospettabili, se presi singolarmente (“John Says”, una delle tracce migliori): c’è infatti, in “Travelling Bright”, una sapienza compositiva che sa guidare i silenzi, tanto quanto le note.
Il carattere pastorale del disco è corollario proprio della naturalezza della scrittura, sempre guizzante,come se dotata di vita propria (“Sending Out Fires”).
Grande lavoro sembra essere stato dedicato all’orchestrazione chitarristica, tanto che questo è un disco che avrebbe valore anche senza l’espressione vocale (“Glass Bead Game”, le esplosioni di colore della Pecknold-iana title track), che si sviluppa invece generalmente in modo organico agli arrangiamenti.
Una vera gemma nascosta di quest’anno in corso, uno di quei dischi, che se inavvertitamente e colpevolmente ignorati dal grande pubblico, saranno oggetto di ristampa in pompa magna tra vent’anni: chi ha la fortuna di vederne la nascita non se lo faccia sfuggire.
(30/03/2019)