Drive-By Truckers

The Unraveling

2020 (ATO)
americana, alt-country

Alcuni alberi, solitamente quelli più vecchi e robusti, mostrano fieri le proprie radici che nodose e nerborute riescono a sfondare il cemento o l’asfalto circostanti. I Drive-by Truckers sono proprio come questi alberi, non fanno mai mistero delle proprie radici - per dirlo all’americana, delle roots. Che nel loro caso non possono che affondare nel southern rock e nel country della Georgia, nella cui capitale (Athens) sono di base, e dell’Alabama, dal quale provengono due membri dell’attuale formazione (i co-fondatori Patterson Hood e Mike Cooley). Il verbo southern viene incanalato dall’ampia formazione (che perde e rinnova membri ad ogni uscita, “The Unraveling” è la numero dodici in quasi venticinque anni di attività) in un Americana elettrico e avvolgente, che non manca di incresparsi in ruvidi scossoni di chitarrismo tellurico à-la Crazy Horse, con i quali i Drive-By Truckers condividono anche la forte inclinazione alla canzone di protesta.

Mentre il precedente e ben più riuscito “American Band” ruggiva, schiumava di rabbia e rivendicava il ruolo da capo-popolo che le rock band non ricoprono più, “The Unraveling” è sin dalle premesse più disilluso, in parte rassegnato e malinconico, ma non per questo lascia la luce della speranza estinguersi integralmente. I due piccoli cowboy in copertina non guardano infatti al disfacimento del titolo (ovviamente e principalmente quello dell’America di Trump), bensì a uno splendido, colorato tramonto nel mare.
“Armageddon’s Back In Town” e “Slow Ride Argument” sono due numeri da palcoscenico sospinti da un deciso rigurgito springsteen-iano, così come anche l’accorata ma meno forzuta “Thoughts And Prayers” piacerebbe al Boss.
Altrove prevalgono toni più pacati e agrodolci, slide guitar (“21st Century USA”) o decadenti ma rifocillanti archi (“Rosemary With A Bible And A Gun”).
Al solito semplice e diretta, la poetica dei Drive-by Truckers non si perde in immagini metaforiche, preferendo colpire immediatamente i propri bersagli, come accade al mercato americano delle armi tra i solenni sintetizzatori e il pianoforte in gran spolvero  di “Grievance Merchants”. Entrambe molto lunghe e dolenti, le code di “Babies In Cages” e “Awaiting Resurrection”, due brani ritmicamente strascicati, si trascinano con sforzo, raffigurando l’incapacità di una nazione di rialzarsi e recuperare la propria fierezza.

Un po’ di maniera in eccesso affligge l’intera opera (predominando sul resto in “Heroin Again”), che non annovereremo tra le migliori della band americana. La qualità raggiunta a metà degli anni Zero (“Decoration Day” e “Dirty South” sono recuperi indispensabili) o anche nel succitato disco precedente è difatti lontana. Il disco può però senz’altro fungere da miccia alla scoperta di una band molto celebre e amata in patria (anche grazie a una sorta di tour perenne che la vede protagonista), ma pressappoco e ingiustamente sconosciuta dalle nostre parti.
Noi stessi non li abbiamo mai recensiti ma soltanto sfiorati, occupandoci costantemente di un celebre membro fuoriuscito, ossia Jason Isbell.

06/02/2020

Tracklist

  1. Rosemary with a Bible and a Gun
  2. Armageddon's Back in Town
  3. Slow Ride Argument
  4. Thoughts and Prayers
  5. 21st Century USA
  6. Heroin Again
  7. Babies in Cages
  8. Grievance Merchants
  9. Awaiting Resurrection


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