Jason Isbell

Something More Than Free

2015 (Southeastern Records)
alt-country

Spesso dimentichiamo che la musica è un racconto, un diario dove gli artisti annotano le loro emozioni e le loro esperienze, un percorso spesso ad ostacoli dove possono scegliere di incrociare il pubblico o di proseguire nel personale outing emotivo.
”Southeastern” è stato l’album del riscatto per l’ex-Drive By Truckers: uscendo dalle nebbie dell’alcol, Jason Isbell ha trovato stabilità come uomo e musicista.

Il nuovo progetto “Something More Than Free” è la celebrazione della felicità e della serenità che fa seguito al suo recente matrimonio con Amanda Shires; messe da parte l’amarezza, le ansie e il tono sommesso del precendente capitolo, Isbell si tuffa nella tradizione cantautorale folk-rock che va da Jackson Browne a James McMurthy, regalandoci un piccolo classico contemporaneo. Un album ancor più intimo e confidenziale, sorretto da una poetica elegante e genuina che richiama Bruce Springsteen e Johnny Cash, dove, nonostante l’apparente scarsa originalità dei suoni, si resta affascinati da quell’impalpabile evanescenza che impedisce alla teminologia folk, country e rock di marchiare indelebilmente una musica che invece viaggia scevra da canoni e più sicura di sé.

Alla scrittura raggiante e matura corrispondono arrangiamenti ancor più spartani e leggiadri, che non soffocano il lirismo dell’album, anche quando viola e violini ampliano l’epica, come nella splendida “24 Frames”, che rinnova tutte le pulsioni migliori del folk e del rock’n’roll in un sol istante, con uno dei riff pop più rimarchevoli dell’album.
L’apporto di una band più solida, e il ritorno del bassista Jimbo Hart rendono il suono più malleabile e variegato, con raffinatezze acustiche che sposano il lirismo di Paul Simon e Neil Young in “Flagship”, e aprono le porte al gospel nella solare e avvicente “If It Takes A Lifetime”. Alla stessa maniera Isbell viaggia nei meandri del folk-rock anni 90 con il brio ritmico di “The Life You Chose”, e la coralità stile Eagles-Fleetwood Mac di “Hudson Commodore”.

Sono ben pochi gli autori che possono permettersi di entrare in punta di piedi nel country-rock, conciliando irruenza lirica e eccellenti performance strumentali, come quando le chitarre e gli archi si sposano furiosamente in “Children Of Children”, uno dei brani-chiave dell’album, o mentre il rock’n’roll tiene le fila della più roots “Palmetto Rose” fino all’epico finale, che ancora una volta evoca il Boss dei tempi migliori.

Jason Isbell come Sturgill Simpson e John Fullbright sta riscrivendo la mappa del country moderno, concentrando la sua attenzione sul fallimento e sui rimpianti di una generazione che riesce a trovare conforto solo volgendosi al passato, come quando in “To A Band That I Loved” il musicista scrive una sincera lettera di stima e affetto per i vecchi amici dei Centro-Matic, ma trova altresì una risposta nei sentimenti basilari, come l’amicizia e la famiglia, per ripartire in compagnia di un pugno di belle canzoni, che promettono di essere ancor più coinvolgenti nella loro rilettura live, dove, spogliati della raffinata produzione simil-orchestrale di Dave Cobb, saranno pronte per prendere il volo verso il futuro.

28/07/2015

Tracklist

  1. If It Takes A Lifetime
  2. 24 Frames
  3. Flagship
  4. How To Forget
  5. Children Of Children
  6. The Life You Chose
  7. Something More Than Free
  8. Speed Trap Town
  9. Hudson Commodore
  10. Palmetto Rose
  11. To A Band That I Loved




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