Spesso dimentichiamo che la musica è un racconto, un diario dove gli artisti annotano le loro emozioni e le loro esperienze, un percorso spesso ad ostacoli dove possono scegliere di incrociare il pubblico o di proseguire nel personale outing emotivo.
”Southeastern” è stato l’album del riscatto per l’ex-Drive By Truckers: uscendo dalle nebbie dell’alcol, Jason Isbell ha trovato stabilità come uomo e musicista.
Il nuovo progetto “Something More Than Free” è la celebrazione della felicità e della serenità che fa seguito al suo recente matrimonio con Amanda Shires; messe da parte l’amarezza, le ansie e il tono sommesso del precendente capitolo, Isbell si tuffa nella tradizione cantautorale folk-rock che va da Jackson Browne a James McMurthy, regalandoci un piccolo classico contemporaneo. Un album ancor più intimo e confidenziale, sorretto da una poetica elegante e genuina che richiama Bruce Springsteen e Johnny Cash, dove, nonostante l’apparente scarsa originalità dei suoni, si resta affascinati da quell’impalpabile evanescenza che impedisce alla teminologia folk, country e rock di marchiare indelebilmente una musica che invece viaggia scevra da canoni e più sicura di sé.
Alla scrittura raggiante e matura corrispondono arrangiamenti ancor più spartani e leggiadri, che non soffocano il lirismo dell’album, anche quando viola e violini ampliano l’epica, come nella splendida “24 Frames”, che rinnova tutte le pulsioni migliori del folk e del rock’n’roll in un sol istante, con uno dei riff pop più rimarchevoli dell’album.
L’apporto di una band più solida, e il ritorno del bassista Jimbo Hart rendono il suono più malleabile e variegato, con raffinatezze acustiche che sposano il lirismo di Paul Simon e Neil Young in “Flagship”, e aprono le porte al gospel nella solare e avvicente “If It Takes A Lifetime”. Alla stessa maniera Isbell viaggia nei meandri del folk-rock anni 90 con il brio ritmico di “The Life You Chose”, e la coralità stile Eagles-Fleetwood Mac di “Hudson Commodore”.
Sono ben pochi gli autori che possono permettersi di entrare in punta di piedi nel country-rock, conciliando irruenza lirica e eccellenti performance strumentali, come quando le chitarre e gli archi si sposano furiosamente in “Children Of Children”, uno dei brani-chiave dell’album, o mentre il rock’n’roll tiene le fila della più roots “Palmetto Rose” fino all’epico finale, che ancora una volta evoca il Boss dei tempi migliori.
Jason Isbell come Sturgill Simpson e John Fullbright sta riscrivendo la mappa del country moderno, concentrando la sua attenzione sul fallimento e sui rimpianti di una generazione che riesce a trovare conforto solo volgendosi al passato, come quando in “To A Band That I Loved” il musicista scrive una sincera lettera di stima e affetto per i vecchi amici dei Centro-Matic, ma trova altresì una risposta nei sentimenti basilari, come l’amicizia e la famiglia, per ripartire in compagnia di un pugno di belle canzoni, che promettono di essere ancor più coinvolgenti nella loro rilettura live, dove, spogliati della raffinata produzione simil-orchestrale di Dave Cobb, saranno pronte per prendere il volo verso il futuro.
28/07/2015