Giorgio Canali & Rossofuoco - Venti

2020 (La Tempesta)
alt-rock, songwriter

“Venti”. Un album-monstre, con dentro ben “Venti” nuove combat song, perché Giorgio Canali, in questi giorni desolanti e solitari, ha maturato molte cose da dire, argomenti da trattare, bestemmie da dispensare, proiettili e rabbia da sparare verso il cielo. Tante chitarre ruvide da suonare, sì, ma anche tenere dolcezze, artigianalmente impacchettate, ora al sapore di miele, ora di carta vetrata. Gli inni barricaderi che invocano la rivoluzione, ma anche quel tepore che accarezza il cuore, tentando di lenire le ferite di una vita, con la disillusione che a tratti bagna la dinamite, impedendole di esplodere. Il solito Canali double face, rustico e verace, che a tratti ci riporta ai migliori frangenti di "Rojo”, nove anni fa, fin qui il suo lavoro solista più crudo ed efficace.

“Venti”. Come 2020, il disastroso anno che volge al termine, l’anno che non dimenticheremo, il peggiore che la nostra generazione abbia vissuto. “Venti” è stato registrato “a distanza”, con i musicisti coinvolti impegnati a incidere le rispettive parti in isolamento, rinchiusi per decreto nella quiete domestica. Tutto perfezionato attraverso scambi di file e copia-incolla perfettamente riusciti. Una genesi narrata dallo stesso autore, il quale racconta come durante il lockdown, mentre molti italiani erano impegnati a cantare affacciati ai balconi o a esibirsi in dirette casalinghe, Rossofuoco iniziasse a registrare per la prima volta nella sua storia in modalità smart working, con Stewie Dal Col a suonare tutte le sue chitarre da Miami e gli altri Rossofuoco sparsi per l’Italia.

Dentro il disco ritroviamo il Canali impregnato di elettricità molto anni 90 (“Circondati”, “Dodici”), ma anche quello pacificato e innamorato (“Acomepidì”), il Canali malinconico (il toccante sguardo all’indietro di “Eravamo noi”), quello rurale (l’armonica molto Dylan di “Nell’aria” e “Rotolacampo”) e quello poliglotta (“Morire perché”), quello combat-folk (“Raptus”), quello che narra il tramonto della civiltà (“Wounded Knee”) e quello in cerca di teneri abbracci (“Meteo in cinque quarti”). Tutto riunito in un disco di “moderno classic rock (perdonate il giochino di parole, mai tanto calzante), di quelli con i soli di chitarra, sì, ma soprattutto di quelli con le canzoni che terminano al momento giusto, perché Giorgio è uno che non si perde per la tangente, preferisce andare al sodo senza perdere troppo tempo. Un disco per chi non teme le parole forti, un disco per chi ha amato i Csi ma ‘sti cazzi della Mongolia, un disco per chi non si stancherà mai del vero rock’n’roll, un disco perfetto per mandare a fare in culo questo stramaledetto 2020 di merda.

21/12/2020

Tracklist

  1. Eravamo noi
  2. Morire perché
  3. Nell’aria
  4. Inutile e irrilevante
  5. Wounded Knee
  6. Tre grammi e qualcosa per litro
  7. Acomepidì
  8. Raptus
  9. Circondati
  10. Meteo in cinque parti
  11. Vodka per lo spirito santo
  12. Dodici
  13. Canzone sdrucciola
  14. Viene avanti fischiando
  15. Come quando non piove più
  16. Requiem per i gatti neri
  17. CDM (te la devo)
  18. Cartoline nere
  19. Proiettili d’argento
  20. Rotolacampo

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