Chiamasi "La Carmagnole" un canto rivoluzionario francese reso popolare durante la Revolution, che prendeva il nome da un giubbotto indossato dai sanculotti, i veri protagonisti di quelle giornate che sancirono la fine della monarchia d'oltralpe.
Visto dal vivo durante il tour promozionale dell'eccellente "Nostra signora della dinamite", si capiva inequivocabilmente che Giorgio Canali aveva voglia di esplodere, di continuare a gettare benzina sul sacro fuoco del rock'n'roll e sulle nostre anime di impenitenti peccatori del XXI secolo. Presentava il suo disco più intimista con piglio energico e nerboruto, forte di quella cruda e disillusa ironia che caratterizza da sempre la tempra di chi proviene dalle terre romagnole. Anche se Canali è fondamentalmente un cittadino dell'Europa, forte di una lunga permanenza sul suolo parigino e di recenti scorribande spagnole.
Averlo incontrato qualche mese fa ha riportato alla mente scie di ricordi mai sopiti riguardo il percorso artistico di chi, partito come fonico negli anni 80 per Pfm e Litfiba, si ritrovò a impugnare la chitarra disturbata degli ultimi Cccp (quelli del magistrale e caleidoscopico "Epica Etica Etnica Pathos") e di tutte le meraviglie firmate Csi nel decennio successivo, compartecipando al trionfo di "Tabula Rasa Elettrificata", che mandò in frantumi la band di Ferretti per l'incapacità (e la mancanza di volontà) di gestire un successo finalmente divenuto di massa.
Poi Pgr e soprattutto Rossofuoco e la sua derivazione acustica Rossotiepido e ancora le produzioni, importanti, per dischi chiave del movimento alt-rock italiano, basti citare i due esordi clamorosi di Verdena e, un decennio più tardi, Le Luci della Centrale Elettrica.
Dal vivo, Canali e la sua band sono un'esplosione di energia, un vero pugno in faccia, che ritroviamo all'ennesima potenza in questo nuovo "Rojo", nel quale l'autore dimostra tutta la voglia di sparare a zero sul mondo, di vomitare sull'attuale situazione politica italiana, di bestemmiare con forza contro un tran tran al quale rifiuta di uniformarsi.
Per mesi il foglio davanti a lui è rimasto in bianco, lui stesso ha ammesso: "Che posso farci se mi guardo intorno e l'unica cosa che mi viene da scrivere sono bestemmie?". Ma sapeva di essere in buona compagnia, di questi tempi c'è un bel po' di gente che manifesta la medesima reazione.
Poi, all'improvviso, ecco il fiume in piena, e soprattutto "Carmagnola # 3", quella che resterà scolpita (e lo firmo con il sangue) per sempre come la sua composizione più importante, una bomba nucleare lanciata a mille all'ora contro il sistema, declamata a pieni polmoni in tre lingue diverse, le sue tre lingue (francese e spagnolo, oltre che italiano), per evitare qualsiasi malinteso, con l'incitamento finale a resuscitare il suono dei cannoni.
Già la botta iniziale dell'accoppiata "Regola # 1"-"Ci sarò" è programmatica dell'intero album e dà immediatamente il tono al lavoro, ma lungo l'intera tracklist vengono accese ulteriori micce in corrispondenza di "Morire di noja" e "Sai dove", con le invettive dal taglio alt-rock di un uomo senza peli sulla lingua. Non sarà certo una "canzonetta" a mutare gli atteggiamenti dei nostri potenti, ben radicati sulle proprie poltrone, ma è bello che qualche artigiano della nostra musica si preoccupi ancora di far riflettere e cercare di scuotere il pubblico pensiero.
Accanto a tutto questo fuoco di fila, Canali non ripudia il proprio lato romantico, un romanticismo dolente e sofferto ma sempre ammaliante, che qui raggiunge il proprio apice fra le note di "Controvento" (la più bella ballad elettrica italiana degli ultimi tempi), e livelli ragguardevoli in "Treno di mezzanotte" e "La solita tempesta", che ospita la voce di Angela Baraldi, recentemente con Giorgio nel tour tributo ai Joy Division per il trentennale della scomparsa di Ian Curtis. In quel tour c'era anche Steve Dal Col, storica chitarra dei Frigidaire Tango, che in "Rojo" entra in pianta stabile nei Rossofuoco; confermate le presenze di Marco Greco alla chitarra e Luca Martelli alla batteria, mentre al basso Giovanni Fanelli prende il posto di Claude Saut, che ha preferito prendersi una pausa.
Dentro "Rojo" c'è tanta altra roba: armoniche dylaniane (e dilaniate), citazioni deviate ("Alice guardando i gatti/ ha imparato a scopare"), vere e proprie chiamate alle armi ("Risoluzione strategica # 6"), incondivisibile situazionismo sociale e personale ("Un crepuscolo qualunque"), crociate anticlericali (un po' ovunque), ritratti delle confusioni cerebrali del suo autore e del mondo che lo ospita, e tanto, tanto straripante rock'n'roll.
"Rojo" è un disco rivoluzionario, nel senso letterale del termine, con un titolo secco, conciso, quattro lettere, R-O-J-O, rosso, come il fuoco, come il sangue, come la rabbia, come l'amore: non poteva esserci scelta migliore per contenere il capolavoro personale di Giorgio Canali, che così realizza il disco rock quasi perfetto: prendano appunti tutti i Ligabue e i Negramaro del mondo.
01/09/2011