Rinvii, ripensamenti, interviste e recensioni pubblicate in anticipo sulla stampa inglese: le continue vicende che hanno caratterizzato il ritorno al pop di Rufus Wainwright hanno rischiato di smorzare le attese per "Unfollow The Rules", album che giunge dopo otto anni di sbornia teatral-operistica dalle alterne fortune.
Negli ultimi tempi non è stato facile per l'artista ripararsi dal fuoco incrociato di critica e pubblico. Il New York Times lo ha spesso accusato di eccessivi languori romantici e smanie melodrammatiche poco adatte alla nobile arte del musical e dell'opera.
Recuperare spazio in quell'ambito baroque-pop che lo aveva incoronato ai vertici della scena pop cantautorale americana è stata la scelta più naturale per il musicista.
La grandeur orchestrale e la sontuosa eleganza della musica di Rufus Wainwright ora non corteggiano più Shakespeare: l'autore ha riscoperto il fascino crossover di Cole Porter e ha ripreso contatto con la realtà folk-pop americana e canadese ereditata da mamma e papà (Loudon Wainwright III e Kate McGarrigle).
Per chi ha amato dischi come "Poses" e "Want One", questo nuovo progetto è una vera manna. Rufus si conferma compositore ispirato e dal tocco personale, abile nel tenere a bada quegli elementi più decadenti che spesso lo hanno indotto a barocchismi pregevoli, ma non sempre all'altezza delle premesse.
Affidando alle turbolenze country-oriented di "Trouble In Paradise" l'introduzione del nuovo album, il musicista rende omaggio al talento unico e visionario di Randy Newman (il titolo del brano è lo stesso del più famoso disco di quest'ultimo), musicista la cui visione grottesca dello stile di vita americano è spesso affine a quella di Rufus.
Lode anche a Mitchell Froom per una produzione impeccabile e pulita, che tiene salda l'attenzione durante il pur ampio excursus di stili.
Bastano poche note di "Only The People That Love" per comprendere la ragione d'essere del rapporto intimo e confidenziale del musicista canadese con il proprio pubblico: una sensibilità carnale e poetica che fa sentire l'ascoltatore protagonista delle sue storie. "Unfollow The Rules" è in verità ricco di prelibatezze: i volteggi melodrammatici di "Devils & Angels (Hatred)", i quasi sette minuti per piano, voce e orchestra della title track e il delicato canto dedicato alla figlia di "My Little You" godono di una profondità espressiva e lirica che l'autore sembrava avesse smarrito.
Il vivace folk-jazzy alla Joni Mitchell di "Damsel In Distress", l'inarrestabile e disincantato romanticismo a tempo di valzer della canzone dedicata al compagno di vita Jörn Weisbrodt, "Peaceful Afternoon", e le magnificenze barocche alla Van Dyke Parks di "This One's For The Ladies (That Lunge!)" sono perle di cantautorato che è difficile scorgere altrove.
È facile perdonare gli eccessi orchestrali di "Early Morning Madness", la pedanteria di "Alone Time" o la deliziosa ruffianeria di "Romantical Man": Rufus non ha tralasciato alcun aspetto del proprio percorso artistico, neppure le incertezze e i dubbi, e questo fa di "Unfollow The Rules" una vivida confessione a cuore aperto che merita attenzione e rispetto.
Per chi, come il sottoscritto, ha sempre creduto nel talento del musicista canadese (fino ad apprezzare la catarsi noir di "All Days Are Nights: Songs For Lulu"), il timore più grande era quello di trovarsi di fronte a un disco furbo e lezioso, reso piacevole da un gusto retrò e abilmente ruffiano. L'ultimo album di Rufus Wainwright mi ha tenuto compagnia per mesi (da dicembre del 2019), restando sempre piacevolmente nei miei ascolti quotidiani, sciogliendo qualsiasi dubbio. "Unfollow The Rules" riconsegna alla musica pop un talento di cui si sentiva la mancanza.
20/07/2020